Roma,
Teatro Eliseo. Dal 26 novembre al 15 dicembre 2013
La dipendenza dai farmaci, il mal di vivere,
uno “star system” che, ieri come oggi, spreme fino all’ultima goccia i suoi
adepti incurante delle reali necessità dell’essere umano, delle sue fragilità.
“Non posso dargli più niente”, grida
Judy-Monica al suo giovane amante, riferendosi al suo pubblico. Ma fermarsi è
proibito, ci sono i debiti da pagare, il conto con una vita vissuta tanto dissolutamente quanto
gloriosamente sulla ribalta del successo, forse irripetibile, di questa donna
che, anche quando il suo fisico non la supportava più, riusciva ad ammaliare
teatri stracolmi del suo pubblico adorante grazie al suo essere artista oltre
ogni categoria. Difficile è vivere, non essere una star. Difficile è
distinguere chi ti sta attorno per interesse da chi forse ti ama per quel che
sei veramente. Difficile è riuscire a far sentire agli altri la propria
disperazione, quando bisogna render conto ad un meccanismo spietato. Quando
manca l’essenziale, quando manca l’amore autentico e disinteressato, allora,
forse, soltanto “…l’immortalità potrebbe
supplire a tutto il resto”.
Rare volte si rimane talmente affascinati,
rapiti, tramortiti quasi, da un’interpretazione sul palcoscenico, da non
riuscire a distinguere tra realtà e recitazione. In tali occasioni si viene
catapultati in un viaggio spazio-temporale che produce un effetto simile all’incanto.
Da non voler andare più via, da provare imbarazzo nel mettere mano alla
tastiera per tentare di riferirne le briciole. Ammirare Monica Guerritore nei
panni di Judy Garland, la diva di Hollywood che dalla fine degli anni ’30,
ancora bambina, trionfò sulle scene sino al tragico finale del 1969, rimette in
discussione quelle poche certezze che si credeva, finora, di aver acquisito in
merito alle capacità degli attori.
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L’interpretazione di una regina del teatro come la Guerritore è quantomai credibile, grazie alle sue
doti che non si scoprono certo oggi. Le sue note drammatiche, l’imponente
presenza scenica, la mimica facciale ai limiti dell’impossibile, incantano e
trasmettono l’emozione di assistere dal vivo al tormento interiore dell’artista,
schiava del suo personaggio, e di soffrirne con lei. Incantevole anche quando
canta dal vivo otto celebri brani del repertorio della Garland, accompagnata
dalla band composta da Vincenzo Meloccaro, Gino Binchi e Stefano Napoli, tutto
ottimamente diretto da Juan Diego Puerta Lopez, giovane regista e coreografo
colombiano.
Presente in platea l’autore Peter Quilter,
che sale sul palco durante i ringraziamenti finali, per dire che questa
versione del suo musical (gran successo a Broadway per quasi un anno) è una
delle più belle e toccanti, facendo commuovere Monica, che aggiunge così un
ulteriore tocco di umanità ad una
performance meravigliosa.
Lo conferma l’entusiasmo del pubblico
presente. Divina.
Paolo Leone
“End of the rainbow” di Peter Quilter, con
Monica Guerritore (nella parte di Judy Garland)
Cast: Alessandro Riceci (Mickey
Deans); Aldo Gentileschi (Anthony).
Band composta da: Vincenzo Meloccaro,
Gino Binchi, Stefano Napoli.
Arrangiamenti musicali: Marcello
Sirignano
Costumi: Walter Azzini
Scenografia: Carmelo Giammello
Luci: Stefano Pirandello
Vocal coaching: Maria Grazia Fontana e
Lisa Angelillo
Una produzione di Francesco e Nino
Bellomo – Isola Trovata
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