Roma, Teatro Lo Spazio. Dal
19 al 24 novembre 2013
L’insoddisfazione per
una vita che non ha mantenuto ciò che, per un attimo, aveva promesso. Il grande
imbroglio, quello che è stato per un momento e mai più, un lampo di felicità
contro un tempo infinito vissuto in un monolocale di un museo, ormai deserto,
insieme a quelli che non sono più due “bronzi” estratti dal mare, ma forse
delle vere divinità, a cui qualcuno si rivolgeva, esaudito. Ma lui no, il
custode detesta le due statue, diventano il simbolo dell’inganno perpetrato
alla sua terra, al suo popolo, a lui stesso che tanto li ha accuditi e da cui
non ha avuto nulla in cambio.
Una terra raccontata con rabbia, violentata dal terremoto non meno che dai suoi amministratori e che sembrava, dopo la scoperta dei celeberrimi bronzi di Riace, rinascere a nuova e colta vita. Niente di tutto ciò, l’effimera speranza è diventata disperazione, come la vita del custode nel museo di Reggio Calabria. Fantomatica “infrastruttura” la sua vita, proprio come quelle progettate e mai portate a termine nella città che ospita i due misteriosi capolavori. La certezza di un tranquillo lavoro da postino vicino Monza, rifiutato per rimanere nel museo foriero di prosperità. Tutto effimero, come la bellezza dei bronzi, così perfetta da far piangere il cieco che andava a visitarli, come la bellezza di una terra stuprata. E allora la rabbia partorisce lo scellerato proposito di vendetta…tradire i bronzi, traditori del mare, dandoli in pasto alle forze oscure della malavita e scappare poi lontano, con un conto in banca finalmente ricco. Vendere le proprie radici per una felicità improbabile. Ma il mare, in un sussulto, si riprende tutto: le statue, la rabbia, la speranza, anche la vita del povero custode.
Una terra raccontata con rabbia, violentata dal terremoto non meno che dai suoi amministratori e che sembrava, dopo la scoperta dei celeberrimi bronzi di Riace, rinascere a nuova e colta vita. Niente di tutto ciò, l’effimera speranza è diventata disperazione, come la vita del custode nel museo di Reggio Calabria. Fantomatica “infrastruttura” la sua vita, proprio come quelle progettate e mai portate a termine nella città che ospita i due misteriosi capolavori. La certezza di un tranquillo lavoro da postino vicino Monza, rifiutato per rimanere nel museo foriero di prosperità. Tutto effimero, come la bellezza dei bronzi, così perfetta da far piangere il cieco che andava a visitarli, come la bellezza di una terra stuprata. E allora la rabbia partorisce lo scellerato proposito di vendetta…tradire i bronzi, traditori del mare, dandoli in pasto alle forze oscure della malavita e scappare poi lontano, con un conto in banca finalmente ricco. Vendere le proprie radici per una felicità improbabile. Ma il mare, in un sussulto, si riprende tutto: le statue, la rabbia, la speranza, anche la vita del povero custode.
Il monologo
interpretato da Paolo Triestino è una prova d’attore magistrale, con cui non a
caso lo stesso entrò nella terna dei finalisti come miglior attore nella
sezione monologhi nella stagione 2002/2003 al premio “Gli Olimpici” organizzato
dall’ETI e dal Teatro Stabile del Veneto. Andato in scena nel teatro “Lo
spazio” di Roma nella settimana dal 19 al 24 novembre, continua ad avere il suo
meritato successo. Scritto in dialetto reggino da Antonio Lauro, presente in
platea, è un testo molto toccante, di spessore, che riesce a trasmettere, anche
senza capirne tutte le parole (per chi come il sottoscritto non è calabrese),
tutto il suo carico struggente di dolcezza, rabbia, disperazione, rimpianto,
del suo protagonista. Per fare questo, c’è bisogno di un grande interprete, che
riesca a catturare il cuore di chi assiste. Triestino ce la fa anche stavolta,
nonostante gli imbarazzanti problemi alle luci del teatro, che lo hanno
costretto a sospendere la performance dopo venti minuti. Riprende il filo e
riesce a portare tutti nel “suo museo”, davanti a quel rapporto tormentato tra
custode e statue, a quella scelta che proprio all’ultimo istante gli appare
ancora una volta sbagliata, come tutta la sua esistenza. Gran teatro.
Paolo Leone
Il custode
di Antonio Lauro
Ideato, interpretato e
diretto da Paolo Triestino
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