21 dicembre, 2013

Aurélia Thierrée in MURMURES DES MURS. Di Daria D.


Triennale d’Arte di Milano, dal 19 dicembre 2013 al 6 gennaio 2014

Foto Richard Haughton
Non capita spesso di vivere l’emozione della magia a teatro, di sentire  il suo sapore,  non assomiglia a nessun altro conosciuto, ci accarezza la pelle,  ci entra dentro, irradiandosi a tutti i sensi,  lasciandoci a  bocca aperta come quando eravamo bambini e tutto allora ci stupiva, ci incantava.
Una sensazione così forte  l’abbiamo guardando “Murmures des murs” spettacolo di Victoria Thierrée-Chaplin con Aurélia Thierrée,  tanto che  diventa quasi difficile scriverne,  perché è come  interpretare un sogno, e io sono del parere che  i sogni  perdano il loro potere, se cerchiamo di svelarli e di capirli. Comunque,  ci proverò, ma prima devo svegliarmi dal sogno e un po’ mi dispiace.
Una giovane donna, la dolce e leggiadra Aurélia, a volte stupita, altre spaventata, molto Alice di Lewis Carroll,  appare sulla scena in mezzo a quelli che sono i segni inconfondibili di un trasloco, cartoni, cellophane, oggetti incartati, polvere, confusione. E un paio di scarpe rosse che la accompagneranno per tutto lo spettacolo, apparendo e scomparendo, come la scarpetta di Cenerentola o quelle di Andersen.
 Il  trasloco è un piccolo dramma, è una fatica fisica e mentale che difficilmente si dimentica. Ci troviamo davanti a tutta la nostra vita accumulata nel tempo, cose che non sapevamo  più di avere e allora, sebbene circondati dal più totale disordine, ci soffermiamo a pensare, a ricordare. Oppure  a sognare, come fa la nostra protagonista la cui mente  comincia a trasformare ogni oggetto o persona in qualcos’altro,perché  in fondo nulla  è quello che sembra, se sappiamo andare in profondità alle cose.   Un muro  non è solo quello che appare in superficie  ma se lo incidiamo, lo graffiamo possiamo trovare resti dimenticati  di altre esistenze. Quegli stessi muri hanno ferite profonde che ci permettono di entrare o di uscire da diverse situazioni, senza le barriere dello spazio, del tempo e della materia.  Muri malleabili, illusori, incantati, parlanti, come è il mondo che circonda Aurélia  che ci si arrampica libera come fossero di marzapane, di voile, della stessa materia dei sogni.
La bravura degli attori in scena che dialogano senza parole con la protagonista, è un complesso  di danza, mimo, preparazione atletica,  in perfetta armonia con la musica languida e ipnotica, e le scenografie che scompaiono e appaiono magicamente,  in questo spettacolo di illusionismo e di illusioni, di numeri circensi e di tango sensuale, di sussurri e di sorrisi.
Foto Richard Haughton
“Murmures des murs”  è il risultato di una vita dedicata al circo, una nuova forma di circo, a cominciare da Le Cirque Bonjour fondato da Victoria Chaplin con Jean Baptiste Thierrée, invitato al Festival d’Avignon nel 1971 per poi diventare Le Cirque Immaginaire con il contributo dei figli Aurélia e James fino al più recente Le Cirque Invisible.
il circo a mio parere  rimane una forma di arte comparabile con nessun’ altra, perché ha la forza di portarci in un mondo magico e irreale, dove i grandi diventano bambini e i bambini fermano la loro corsa verso il tempo. Un tempo senza tempo in cui viviamo emozioni e  illusioni,  quello che vorremmo non finisse mai,  quando siamo felici, a teatro.
La nostra Amélia, che sembra fare l’amore con un King Kong che la tiene tra le braccia, fatto di cellophane, mostro marino, drago, unicorno, o quello che ognuno di noi vuole immaginare,  è un sogno da cui non vorremmo mai risvegliarci.

Daria D.


Aurélia Thierrée in MURMURES DES MURS
Ideazione e regia di Victoria Thierrée- Chaplin
Con Jaime Martinez, Magnus Jakobsson
scenografia Victoria Thierrée-Chaplin
realizzata da Etienne Bousquet e Gerd Walter
costumi Véronique Grand, Jacques Perdiguez, Monika Schwarzl e Victoria Thierrée-Chaplin
realizzati da Sophie Bellin et Aurélie Guin
coreografia Victoria Thierrée-Chaplin e Armando Santin
direttore di scena François Hubert
luci Félix Gontan
suono Samuel Montoya-Perez
direttore di palco Pascal de Thier
attrezzeria Brian Servetnyk
sartoria Sophie Bellin-Hansen
amministratore di Compagnia Didier Bendel

durata 75 min



4 commenti:

  1. Grazie Daria! Quello che ci racconti è quanto sostengo da tempo: dateci il bello, dateci la magia e i teatri torneranno ad essere il centro culturale per eccellenza. Bisogna avere coraggio, altrimenti si continuerà a lagnarci dei teatri vuoti. Coraggio ed educazione al bello, sin da piccoli (per la seconda la vedo un po' dura).

    RispondiElimina
  2. Ognuno di noi deve dare un piccolo contributo.
    grazie di avere lasciato un piccolo contributo...
    D

    RispondiElimina
  3. very well written and I think captures the essence of the show well. Brava!

    RispondiElimina