Il Rossetti, Teatro Stabile
del Friuli Venezia Giulia. Sabato 14 dicembre 2013
Scelta coraggiosa ed
eticamente importante quella di mettere in scena un testo teatrale come questo:
ambientato in un momento storico ancora oggi non del tutto compreso perché
ancora troppo vicino, sfaccettato, ambiguo, porta a mettere in discussione la vita
quotidiana di ognuno di noi.
La storia si ispira,
dopo il crollo del regime nazista, agli interrogatori subiti dal grandissimo
direttore d’orchestra Wilhelm Furtwängler (Massimo De Francovich), per
accertarne il livello di coinvolgimento, ma tocca nodi irrisolti e
attualissimi.
Si assiste infatti ad uno scontro lacerante fra la scelta del musicista, convinto fino all’estremo della netta separazione fra arte e politica e la visione del mondo del maggiore Steve Arnold (Luca Zingaretti), l’inquisitore, per il quale conta la quotidianità e ciò che pensa la gente comune di cui si sente l’alfiere, fiero del proprio disinteresse per la musica e totalmente incapace di comprendere la scelta che fece l’artista: restare per “dare conforto, per assicurarmi che la gloriosa tradizione musicale di cui mi considero fra i custodi restasse intatta, perché fosse intatta quando ci fossimo svegliati dopo l’incubo… perché credevo che il mio posto fosse con la mia gente.” Nulla gli fa cambiare idea, nemmeno l’accorata difesa di Tamara Sachs (Francesca Ciocchetti). Fanno da contraltare altri due personaggi, Emmi Straube (Caterina Gramaglia), figlia del colonnello Joachim Straube, presentato come un cospiratore contro Hitler, e il Tenente David Wills (Paolo Briguglia), ebreo nato Weil, soldato americano, ma nato a Lipsia, presenti agli interrogatori. Tedeschi entrambi conoscono e ammirano Furtwängler. Indignati per l’atteggiamento del maggiore Arnold si trovano in bilico, lacerati dal dover decidere chi fra i due vada sostenuto ed appoggiato. Figura chiave quella di Helmut Rode (Gianluigi Fogacci), secondo violino dell’orchestra diretta da Furtwängler, la cui azione darà una svolta amara all’intreccio.
Si assiste infatti ad uno scontro lacerante fra la scelta del musicista, convinto fino all’estremo della netta separazione fra arte e politica e la visione del mondo del maggiore Steve Arnold (Luca Zingaretti), l’inquisitore, per il quale conta la quotidianità e ciò che pensa la gente comune di cui si sente l’alfiere, fiero del proprio disinteresse per la musica e totalmente incapace di comprendere la scelta che fece l’artista: restare per “dare conforto, per assicurarmi che la gloriosa tradizione musicale di cui mi considero fra i custodi restasse intatta, perché fosse intatta quando ci fossimo svegliati dopo l’incubo… perché credevo che il mio posto fosse con la mia gente.” Nulla gli fa cambiare idea, nemmeno l’accorata difesa di Tamara Sachs (Francesca Ciocchetti). Fanno da contraltare altri due personaggi, Emmi Straube (Caterina Gramaglia), figlia del colonnello Joachim Straube, presentato come un cospiratore contro Hitler, e il Tenente David Wills (Paolo Briguglia), ebreo nato Weil, soldato americano, ma nato a Lipsia, presenti agli interrogatori. Tedeschi entrambi conoscono e ammirano Furtwängler. Indignati per l’atteggiamento del maggiore Arnold si trovano in bilico, lacerati dal dover decidere chi fra i due vada sostenuto ed appoggiato. Figura chiave quella di Helmut Rode (Gianluigi Fogacci), secondo violino dell’orchestra diretta da Furtwängler, la cui azione darà una svolta amara all’intreccio.
Intensa prova
d’attore dimostrata da Luca Zingaretti, che ne firma anche la regia e da
Massimo De Francovich, grazie ai quali questo scontro fra mondi troppo distanti
tra loro emerge con una violenza ben chiara ed evidente, anche se trattenuta.
Perfettamente a proprio agio nella propria parte Gianluigi Fogacci, che riesce
a rendere molto bene l’ambiguità del personaggio, interpretato con convinzione.
Bravi anche Caterina Gramaglia, Paolo Briguglia e Francesca Ciocchetti.
L’attenta regia di
Zingaretti concentra l’azione in un unico ambiente, permettendo così di dar
maggior spazio all’azione interiore che si sviluppa in tutti i personaggi, per
i quali decidere da che parte stare diventa alla fine inevitabile, nonostante
le resistenze individuali dovute al dover fare i conti con la propria storia,
quasi come se arrivasse per ognuno un inevitabile punto di non ritorno, oltre
il quale restare indifferenti diventi del tutto impossibile.
Paola
Pini
La torre d’avorio
di Ronald Harwood
traduzione di Masolino
d’Amico
con: Luca Zingaretti
Massimo De Francovich
Gianluigi Fogacci
Caterina Gramaglia
Paolo Briguglia
Francesca Ciocchetti
scene Andrè Benaim
costumi Chiara Ferrantini
luci Pasquale Mari
regia Luca Zingaretti
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