Milano, Teatro Libero. Dal
28 novembre al 9 dicembre 2013
Foto Enrico Roveris |
“Mollo tutto e vado
ai Tropici” potrebbe essere il sottotitolo di questo complesso e originale
testo drammatico e che appare, giustamente bagnato di sudore dopo due intense
ore di spettacolo, sulla maglietta di Andrew, interpretato da Giancarlo Latina,
il biologo pazzo proveniente da Vienna alla ricerca di qualche specie rara, in
una zona che si presume dell’area amazzonica.
Quanti di noi almeno
una volta hanno pensato che fuggire invece di combattere, il famoso flight or fight fosse la soluzione
ideale per risolvere o almeno illudersi di risolvere, i più disparati problemi:
sottrarsi alle responsabilità, alla famiglia, al matrimonio, a un lavoro
insoddisfacente, all’Equitalia, alla giustizia, oppure semplicemente per
soddisfare la sete di avventura, di curiosità, o un sano masochismo?
Accordino racconta le
vicende di tre personaggi che, per una ragione o per l’altra l’hanno fatto, e
usando una struttura quasi cinematografica, con fast forwarding e rewinding si ritrovano nella foresta pluviale, a
dividere un’unica stanza presa in affitto dagli indigeni, lontani mille miglia
da casa, lasciando sempre la storia aperta a diverse possibilità di narrazione
e un finale sorprendente non privo di una punta di ironico buonismo.
Foto Enrico Roveris |
Tre bravi attori, in
ordine di apparizione, Pasquale di Filippo, Giancarlo Latina e Alessandro
Castellucci simboleggiano uomini alla ricerca di solitudine e anonimato il
primo, di insetti il secondo (non ho capito perché Andrew non sia entomologo,
invece) e di ricercati il terzo.
Rifacendosi un po’ a
“Pulp Fiction” rievocato da Denny il fotografo, interpretato da Alessandro
Castellucci quando dice a Max, Pasquale di Filippo, che gli ricorda Vincent
Vega, un po’ a “Mosquito Coast” e “Fight club”, passando per Pirandello, già
dalla prima scena, per via di un sonoro di pioggia tropicale e musica rock
(molto interessante e coinvolgente la scelta del repertorio musicale) entriamo
in un’atmosfera surreale degna di quelle taverne da combattimento di galli o di
sparatorie da saloon. C’è una certa suspense che aleggia nell’aria, e siamo
curiosi di sapere cosa succederà, man mano che nella stanza arrivano i
personaggi.
Max che si credeva al
sicuro, solo e indisturbato, si trova a dividere la stanza con Andrew che
sembra già fin dall’inizio aver fatto largo uso di sostanze allucinogene, forse
manca un po’ di crescendo nel suo essere fuori di testa, partendo già al
massimo. Tra i due è subito diffidenza e sospetto, invece di una solidarietà e
curiosità dovuta se non altro a ritrovarsi in un posto così incredibile e
lontano da tutto. Ma le cattive abitudini umane evidentemente sono dure a
morire.
Le cose si complicano
quando ai due si aggiunge un fotografo, o presunto tale, ma forse cercatore di
taglie, o poliziotto, sicuramente un elemento di ulteriore disturbo.
Accordino lavora sul
problema della libertà individuale, che, quando è costretta in spazi ristretti,
come accade sovente nelle grandi metropoli, tende a esplodere in atti di
violenza e di intollerabilità. Perché per ogni essere umano avere un proprio
spazio incontaminato in cui nessuno può e deve entrare, è sinonimo di libertà e
di vita.
Perciò anche nel
mezzo dell’Amazzonia, quando tre uomini che non si conoscono sono costretti a
dividere lo stesso spazio, è possibile che si ricreino le stesse condizioni di
insofferenza, violenza e disumanità tipiche delle aree urbane.
Foto Enrico Roveris |
Accordino non mette
tutto bene a fuoco, nel suo testo, ma riesce a farci pensare e meditare su
tanti temi, spesso solo sorvolati. Uno spettacolo anche divertente, per il linguaggio
ironico e chiassoso, e che senz’altro non annoia, forse un solo momento un po’
lungo quando Andrew rimane solo con Denny legato alla sedia. Una regia completa
e attenta a tutte quelle voci che, oltre alla recitazione, danno vita a uno
spettacolo: scenografia, costumi, luci, musica, qui tutti ben accordati e
miscelati.
Mi permetto una
critica: la recitazione tiene troppo poco conto della situazione al di fuori
della stanza, delle condizioni climatiche, umidità insopportabile, calore,
mancanza di luce elettrica, oppure della presenza di insetti che circolano in
quei luoghi tropicali, e non solo nel vasetto di Andrew. Insomma un po’ più di
vita vissuta.
“Uscire dal campo”
può far bene ma se poi al ritorno troviamo le stesse cose tanto vale rimanere
in campo e combattere per migliorare la nostra vita. Il teatro è un campo
aperto in cui tutto si ritrova, è sviscerato, messo a nudo, discusso, non
sempre in maniera precisa, sicura e definita, ma i tentativi vanno sempre
apprezzati e incoraggiati. Come lo sforzo e l'impegno costante di tutti quelli
che lavorano davanti e dietro alla messa in scena di un'opera artistica, in
questo caso teatrale.
Daria D.
UNA
STANZA A SUD
drammaturgia
e regia Corrado Accordino
con
Alessandro Castellucci, Pasquale di Filippo, Giancarlo Latina
scene
e costumi MariaChiara Vitali
assistente
scenografa Gilda Esposito
disegno
luci Chiara Senesi
tecnico
del suono Andrea Diana
assistente
alla regia Valentina Paiano
un
ringraziamento a Luigi Bertacchi
compagnia
La Danza Immobile
spettacolo
realizzato con il contributo di Fondazione Cariplo
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