Roma, Teatro de’ Servi. Dal 17 dicembre 2013
al 5 gennaio 2014
Il retrobottega della storia. Faccende di
ordinaria cronaca (nera) all’ombra dell’evento per eccellenza, la nascita del
Messia. Un’umanità variopinta abita le poche stalle rimaste disponibili a
Betlemme durante il fatidico editto romano. Tra questa, due pastori in fuga da
un tragico fatto di sangue, zio e nipote, con la loro asinella, speranzosi di
non essere riconosciuti da nessuno ed evitare così una sicura condanna a morte.
Vessati dal loro affittuario, il rabbino Arcadio, e sfiniti dal trambusto nella
stalla vicina dove Sara continua ad esercitare il suo antichissimo mestiere, i
due si troveranno a divenire, senza rendersene conto, avulsi come sono da tutto
ciò che li circonda, il punto di svolta nella storia di una famiglia
poverissima giunta lì da pochi giorni, del loro bambino appena nato e… del
futuro dell’umanità.
Si può divertire, sfiorando un tema simile, senza cadere nell’irriverenza e senza offendere il sentimento religioso di chi assiste ad una commedia come questa? Bisogna che l’autore abbia un tratto di scrittura, tanto per rimanere in tema, “pieno di grazia” e che gli interpreti sappiano conferire alla messa in scena quel tocco di poesia, di giusta leggerezza, di armoniosità che trasformino una commedia in un gioiellino da preservare. “Vicini di stalla” è tutto questo. Antonio Grosso, autore tra i più quotati nella commedia italiana nonostante la sua giovane età, ha il pregio (in questa occasione insieme al coautore Francesco Stella) di sfoderare dei piccoli capolavori di comicità intelligente, mai banale, dove risate e sorrisi si disputano continuamente la scena con i momenti più toccanti, addirittura commoventi come in questa sua ultima opera. Per ottenere simili risultati, ci si deve affidare ad attori che abbiano nelle proprie corde la capacità tremendamente difficile di far tramutare una risata fragorosa nel silenzio della meditazione, di trascinare gli spettatori dal sorriso agli occhi umidi in pochi secondi. Nella prima del 17 dicembre al Teatro de’ Servi di Roma, si è avuto il privilegio di poter assistere a questa magia, profusa a piene mani dalle capacità espressive straordinarie di Ciro Scalera, nel ruolo di Armonio, e dalla sorprendente performance dello stesso Grosso nel ruolo dell’altro pastore, Corallo. Si può ridere, si, senza essere oltraggiosi, sfiorando il mistero con la delicatezza di un testo e con prove d’attore convincenti, credibili.
Si può divertire, sfiorando un tema simile, senza cadere nell’irriverenza e senza offendere il sentimento religioso di chi assiste ad una commedia come questa? Bisogna che l’autore abbia un tratto di scrittura, tanto per rimanere in tema, “pieno di grazia” e che gli interpreti sappiano conferire alla messa in scena quel tocco di poesia, di giusta leggerezza, di armoniosità che trasformino una commedia in un gioiellino da preservare. “Vicini di stalla” è tutto questo. Antonio Grosso, autore tra i più quotati nella commedia italiana nonostante la sua giovane età, ha il pregio (in questa occasione insieme al coautore Francesco Stella) di sfoderare dei piccoli capolavori di comicità intelligente, mai banale, dove risate e sorrisi si disputano continuamente la scena con i momenti più toccanti, addirittura commoventi come in questa sua ultima opera. Per ottenere simili risultati, ci si deve affidare ad attori che abbiano nelle proprie corde la capacità tremendamente difficile di far tramutare una risata fragorosa nel silenzio della meditazione, di trascinare gli spettatori dal sorriso agli occhi umidi in pochi secondi. Nella prima del 17 dicembre al Teatro de’ Servi di Roma, si è avuto il privilegio di poter assistere a questa magia, profusa a piene mani dalle capacità espressive straordinarie di Ciro Scalera, nel ruolo di Armonio, e dalla sorprendente performance dello stesso Grosso nel ruolo dell’altro pastore, Corallo. Si può ridere, si, senza essere oltraggiosi, sfiorando il mistero con la delicatezza di un testo e con prove d’attore convincenti, credibili.
Si può ridere e sorprendere immaginando, scrivendo e realizzando una
storia possibile, di un’umanità vera, magari anche abbrutita dall’ignoranza e
dalle misere condizioni, ma quanto mai realistica. Una storia eterna di
fuggiaschi, di ipocrisie, di congiure, di corruzione. Ma tutto, trattato con un
tocco poetico che affiora sempre all’improvviso, come piacevoli carezze offerte
al pubblico dai quattro sul palco. E se colpiscono per freschezza e complicità
le prove dei due protagonisti, non da meno sono le interpretazioni di Antonello
Pascale, che nel ruolo dell’improbabile rabbino Arcadio disegna i contorni di
un “guappo” della migliore commedia napoletana, e di Federica Carruba Toscano,
la prostituta Sara, anche lei emigrante come tutti gli altri (non un caso),
sfrontata e sincera nel rapporto con i due pastori.
In modi differenti, gli strani eventi che si
verificheranno con l’arrivo di quei misteriosi “vicini di stalla” cambieranno
le loro vite e i loschi progetti, non esentando i nostri due dalla fine che
tentavano di sfuggire, ignari, fino al loro ultimo giorno, di ciò che di
grandioso avevano determinato. Il
finale, sorprendente, riesce ad essere drammatico ma lieve allo stesso tempo,
confermando fino in fondo la particolarità di questo spettacolo pensato,
realizzato e interpretato con cura e maestrìa non comuni. Da non perdere.
Paolo
Leone
“Vicini
di stalla”
di Antonio Grosso e Francesco Stella
Con:
Ciro Scalera, Antonio Grosso, Antonello Pascale e Federica Carruba Toscano
Regia:
Ninni Bruschetta
Luci:
Luigi Ascione
Scena:
Alessandra Ricci
Costumi:
Adelia Apostolico
Distribuzione: Ratmataz Spettacoli
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