Teatro Manzoni,
Milano. Dal 27 al 29 gennaio 2014
“Blind
date” è un titolo che punzecchia i nostri sensi, mette in moto le nostre
fantasie, lasciandoci immaginare chissà che. Le aspettative sono tante, nemmeno
fossimo in un luogo proibito, un nigh club con i privè, un locale di burleque…
Il
Teatro Manzoni di Milano non è certamente tutto questo, anzi è un teatro con tutti i crismi, elegante
architettonicamente e che ospita una stagione molto prolifica e interessante,
dalla prosa alla musica jazz al balletto. Tanto di cappello. E quindi non è
colpa sua se questa sera le nostre aspettative sono rimaste deluse, lasciandoci
con l’idea che in fondo il blind date sia una cosa da ragazzini
inesperti, che prima sfarfallano per la sala, in piena luce (peccato) teasing
gli spettatori, in attesa che arrivino i ritardatari. Ce la mettono tutta, ma
il risultato è un giochino facile
nemmeno troppo seducente, per cui ci viene il dubbio che scherzare e ironizzare sia il fine della coreografa Mei-hong Lin, e questo potrebbe anche andare bene, ognuno
vede le relazioni tra uomo e donna come gli/le pare ma tutto lo spettacolo è
abbastanza slegato, e il senso scompare, se appena lo si afferra, quando c’è.
L’unica
cosa interessante è la scelta dei brani musicali, Azzolla, James Brown, i
Rolling Stones che prendono il sopravvento, a ragione, sui quadri di ballo dove sembra che ogni
ballerino faccia una performance per conto suo, un gioco individuale per dire
che alla fine nessuno trova nessuno o che nessuno ha bisogno di nessuno. Mei-hong Lin spinge un po’ troppo sull’ ironia e umorismo senza
raggiungerli veramente, tanto che a volte ci si annoia pure, perché non ci
prende nessuna emozione o
coinvolgimento.
Un’altra
cosa: fare recitare dei ballerini non è facile, soprattutto quando non sanno
farlo o non l’hanno mai fatto, mancano di
proiezione vocale, di verità e di
naturalezza. Lasciamoli ballare, e
basta, invece troppo spesso urlavano istericamente o ridacchiavano con voci
stonate, piangevano senza crederci, seducevano senza riuscirci. Insomma
Mei-hong Lin non fa danzare né l'amore, né il sesso, né le nostre fantasie.
La
scenografia è povera e poco significativa, e i costumi senza troppa
immaginazione.
Lontano
dall’essere teatro danza, è una cosa carina che ci fa venire il dubbio che in
Italia basti portare un nome straniero per poter trovare spazi e sovvenzioni.
Too bad.
Seguirò
ancora il lavoro della coreografa, ma a me piace giudicare il lavoro NOW, il
passato è passato, il futuro deve ancora venire…
Daria D.
BLIND
DATE
The
Darmstadt State Theatre Dance Company
coreografia e
regia Mei-hong Lin
scene Corina
Krisztian-Klenk
costumi Bjanka
Ursulov
Musiche di Astor
Piazolla, James Brown, Rolling Stones e altri
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