07 gennaio, 2014

“Blue Jasmine”. Soggetto, sceneggiatura e regia di Woody Allen. Di Daria D.


Woody Allen prende spunto, magnificamente e con molto rispetto, dal classico di Tennessee Williams “Un tram che si chiama Desiderio” per raccontarci, con un talento rinnovato, dopo alcuni precedenti film non proprio riusciti, la tragicommedia, ambientata ai giorni nostri, di due sorelle adottive, diversissime tra loro, sia fisicamente sia caratterialmente. Jasmine, la bionda newyorkese dalle stelle è precipitata nelle stalle e Ginger, che invece ci vive stabilmente, non ha più molto da sperare, anche perché l’abitudine offusca i desideri, come le illusioni offuscano la realtà.  Se all’inferno ci sei abituato, magari non ti sembra poi tanto orribile, come quando invece ci piombi dentro, dopo una vita passata nel lusso, nell’incoscienza e nella superficialità.
Così è stata la vita di Jasmine, interpretata da una Cate Blanchett da Oscar e che in questo film, vestita di Chanel e Hermès, è una donna mentalmente instabile che dopo avere perso tutto, cerca rifugio dalla sorella.  Ginger, la brava Sally Hawkins, la ricordiamo in We want sex e Happy go lucky al contrario della sorella “fortunata”, conduce una vita molto modesta a S. Francisco, con due figli e un marito da cui si separerà.  Jasmine, si troverà di fronte un mondo che non sapeva nemmeno esistesse, lei abituata a viaggi e champagne, ville di lusso e gioielli, vestiti e macchine potenti.  Persa e scioccata da un ambiente per lei insopportabile ma incapace di allontanarsene, la sorella è l’unica persona che le vuole bene, si rifugia nel suo mondo privato, tutto cerebrale, fatto di illusioni e di bugie, per continuare a credere di essere ancora quella che era, la ricca e annoiata moglie di un uomo d’affari molto poco leciti, Hal, interpretato da Alec Baldwin.




Woody Allen con il suo tocco leggero e ironico, intellettuale ma non intellettualistico, umano ma non sdolcinato, acuto e tagliente, mette il dito sull’avidità, le frodi e la crisi finanziaria di questi ultimi anni, che hanno trasformato in tragedie tante vite, come pure sulla debolezza e incapacità di molti individui di non sapere affrontare in maniera razionale e realistica, cambiamenti e variazioni nelle loro esistenze.
Jasmine ridotta senza soldi,privata di quel tenore di vita che conduceva, si trova con le mani vuote, eccetto bicchieri di vodka e tubetti di Xanax, guardando quasi con disgusto, la sorella che di mestiere fa la commessa di supermercato, dopo essere stata frodata dal cognato.
Tra le due sorelle c’è tensione, e mentre Ginger quasi fatalisticamente accetta la sua vita per quello che è, Jasmine continua ad atteggiarsi a grand dame, pur sapendo che non ha né arte né parte, ma solo un baratro in cui sprofonda sempre di più.
Come la Blanche di Williams rifiutava di vedere la miseria che la circondava, coprendosi di lustrini, di piume di boa e diademi, Jasmine, si aggrappa a quei pochi abiti firmati che le sono rimasti, mentre continua ad aleggiarle nella testa la famosa canzone “Blue Moon”, come ricordo di un passato “ glorioso e felice”.
Sappiamo tutti che le illusioni ci servono per non vedere la realtà, spesso brutta, che ci circonda, altrimenti non avremmo inventato dei ed eroi, miti e favole, qualcuno direbbe anche l’amore, ma nel caso di Jasmine è un problema molto serio, anzi grave.
Blanche finiva in manicomio, Jasmine invece si allontana da casa di sua spontanea volontà, mentre la sorella festeggia un nuovo fidanzato e camminando come uno zombie, si ritroverà su una panchina a parlare a nessuno, proprio come nella prima scena, invocando come salvezza la bella “Blue Moon” . Dimenticandosi forse che la canzone di Richard Rodgers continua così:  “You saw me standing alone, without a dream in my heart, without a love of my own”.

Daria D.


Blue Jasmine
Soggetto, sceneggiatura e regia di Woody Allen.
2013, Stati Uniti d’America
Casa di produzione: Perdido Productions
Distribuzione: Warner Bros.
Interpreti :

Cate Blanchett, Sally Hawkins, Alec Baldwin, Bobby Cannavale, Andrew Dice Clay, Peter Sarsgardaar, Luis C.K.

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