Teatro Biblioteca Quarticciolo, Roma. Lunedì 30 dicembre
2013
Racconta Miryam, quel
che le è successo. Racconta del vento e della polvere che l’hanno coperta e le
hanno lasciato un dono, ma anche una mancanza. Gli angeli fanno così.
L’entusiasmo e il coraggio di una madre contro tutti, contro una società e una
Legge che non crede, non può credere all’assurdità del suo racconto. Miryam, di
notte, scosta la tenda e respira il vento del cielo... lei ha il senso della
grazia, che è “affrontare il mondo” quando tutto rema contro. Dolce Miryam, che
comprende i turbamenti del suo amato Yosef e sa che gli uomini hanno bisogno di
parole per capire, per giustificare, per difendere, per potersi schierare. Sa
di essere un recipiente e sente il suo corpo “calmo come un campo di neve”,
mentre Yosef è scosso da quella notizia come da una tromba d’aria che
scoperchia i tetti.
Insieme decidono di sfidarela Legge e comincia il loro
viaggio, non appartengono più ad essa, ma lei è comunque sola, come ogni donna.
E’ forte, come ogni donna. Una donna è necessaria all’inizio della vita e una
donna è necessaria alla chiusura della vita, fanno sempre tutto loro, non gli
uomini. Sola partorisce, seguendo l’istinto del corpo, e sa che quel parto la
svuoterà, diventerà un guscio vuoto. Trema Miryam, sospetta quel che accadrà a
quel figlio amato e allora prega alla rovescia, prega il suo Dio di
dimenticarsi di lui, che nemmeno piange, “magari fosse muto”, almeno sarebbe
salvo. Prega il suo Dio di non avere progetti su di lui, il sospetto atroce che
diventi “offerta”. Si ribella, piange, grida. Che almeno glielo lasci per
trenta anni, il suo Yeshu, il tempo di divenire adulto. Ora Yosef, solo ora,
può entrare a vedere lei e il bambino. Ora è anche figlio suo. Tutto comincia,
per il mondo lì fuori.
Insieme decidono di sfidare
“In nome della
madre”, stupendo racconto breve di Erri De Luca scritto nel 2006, è ancora una
volta portato in scena a teatro, stavolta nel piccolo e delizioso Teatro
Quarticciolo, un’oasi nell’estrema periferia romana, interpretato da un’emozionatissima
Maria Cristina Fioretti. Comprensibile, vista la profondità del testo ed il
personaggio interpretato. Per la bella regia di Filippo d’Alessio e in una
scenografia suggestiva, piena di simboli che prenderanno vita durante il
monologo, Fioretti rapisce il pubblico numeroso (che bel segnale!) grazie all’intensità con
cui riesce a dar vita al personaggio di Maria ed anche per il modo di dar voce
ai dubbi prima ed alle decisioni poi di Giuseppe, con tono cantilenante ed un
movimento ripetitivo del corpo, quasi a mettere in risalto, forse, una certa
tendenza pedissequa tipica dei maschi. Un testo profondo, toccante, efficacemente
messo in scena e recitato. Attrice e regista ci portano in punta di piedi
nell’universo femminile dove, come Yosef,
possiamo entrare solo su invito.
“Dormi figlio”, in questa notte dove tutto il
mondo è lì fuori, non esiste, non c’è niente altro che una madre ed il frutto
dell’amore. Dormi ancora per questa notte. Abìtuati, figlio, al deserto.
Uno spettacolo che
trasmette il calore, la tenerezza, le paure della madre per eccellenza. Ma
anche di ogni madre nel cui nome, ci ricorda questo testo, si inaugura la vita.
L’amore vince anche i deserti. Un canto d’amore, questa pièce, con cui è
bellissimo chiudere l’anno.
Paolo Leone
Con: Maria Cristina Fioretti
Musiche: Eugenio Tassitano
Regia: Filippo d’Alessio
bellissimo questo articolo!
RispondiEliminabravissima attrice la <<fioretti
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