27 gennaio, 2014

"Parola Amore" di Alessandro Fea. L’analisi di una parola, l’impossibilità di possederla. Di Paolo Leone


Teatro Tor bella monaca, Roma. Dal 23 al 26 gennaio 2014

Foto Fabio Bartoccioni
L’amore come parola, l’amore come concetto, l’amore come vissuto umano, come cura, come disperazione, come illogicità, come infinita tenerezza. L’amore come fuoco che divora o come alito di vento fresco nel deserto delle emozioni. La parola Amore, usata, abusata, bistrattata o esaltata. E ancora l’amore diverso, l’amore come infelicità o come unica via, soluzione estatica alle brutture del mondo.
Foto Fabio Bartoccioni
Sperimentazione teatrale – musicale è stata definita la rappresentazione scenica messa in atto per quattro serate al Teatro Torbellamonaca, oasi di cemento nel cemento. Un termine freddo, che non rispecchia il tunnel emotivo in cui quattro bravissimi interpreti, hanno dato vita ad una performance toccante, con la voce narrante di Ilaria Giambini, emozionante quanto i versi e i brani che legge seguendo le note dei due musicisti Alessandro Fea e Marco Paolucci. Le musiche particolari, i loro suoni tecnologici, che non sfigurerebbero in trame teatrali vere e proprie (registi, prendete nota), sono esaltate dalle interpretazioni vocali deliziose di Serena Ottardo. Lo spettacolo inizia in sordina per poi crescere progressivamente, trasportando lo spettatore negli antri più reconditi del sentimento umano per eccellenza, grazie a meravigliosi testi di poesie e canzoni più o meno famose, da Pasolini e Oscar Wilde, a Lucio Dalla e Battiato, passando per un caustico Steven Berkoff. Cantante, lettrice, musicisti, in poco più di un’ora riescono a farci viaggiare in galassie sconosciute, toccando in un paio di occasioni dei vertici di assoluto pathos, tramortendo l’ego supponente dell’ascoltatore e accompagnandolo in una dimensione quasi onirica, se non fosse per l’assoluta concretezza di quanto declamato. Nonostante piccoli inconvenienti tecnici (loops maledetti), lo spettacolo corre armoniosamente, tra sonorità sorprendenti e atmosfere ora disperanti, ora dolci, ora crude.
Da millenni l’uomo si domanda cosa sia l’amore e la risposta non l’ha mai trovata. Può fare esperienza, questo si, senza arrivare ad una conclusione. Senza scomodare William H. Hauden, questa sera la convenzionale parola “Amore” è stata oggetto di un’originale ricerca, tra musica e letteratura, profonda, emozionale, grazie a quattro artisti coraggiosi nel proporre ciò che altri chiamano “sperimentazioni”. Io la chiamo, più semplicemente, espressione  artistica. Bella, da vedere e ascoltare.

Paolo Leone


Scritto e diretto da Alessandro Fea.

Con: Ilaria Giambini (readings, voce); Serena Ottardo (voce); Alessandro Fea (chitarra, loops, sonorizzazioni elettroniche, sitar): Marco Paolucci (chitarra e loops)

1 commento:

  1. Non l'ho visto ma me ne hanno parlato gran bene. Paolo Leone fa venire una gran voglia di vederlo e spero tanto si rappresenti ancora per godere di un tema che tocca sempre le nostre corde nel profondo...

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