Teatro Tor bella monaca,
Roma. Dal 23 al 26 gennaio 2014
Foto Fabio Bartoccioni |
L’amore
come parola, l’amore come concetto, l’amore come vissuto umano, come cura, come
disperazione, come illogicità, come infinita tenerezza. L’amore come fuoco che
divora o come alito di vento fresco nel deserto delle emozioni. La parola
Amore, usata, abusata, bistrattata o esaltata. E ancora l’amore diverso,
l’amore come infelicità o come unica via, soluzione estatica alle brutture del
mondo.
Foto Fabio Bartoccioni |
Sperimentazione
teatrale – musicale è stata definita la rappresentazione scenica messa in atto
per quattro serate al Teatro Torbellamonaca, oasi di cemento nel cemento. Un
termine freddo, che non rispecchia il tunnel emotivo in cui quattro bravissimi
interpreti, hanno dato vita ad una performance toccante, con la voce narrante
di Ilaria Giambini, emozionante quanto i versi e i brani che legge seguendo le
note dei due musicisti Alessandro Fea e Marco Paolucci. Le musiche particolari,
i loro suoni tecnologici, che non sfigurerebbero in trame teatrali vere e
proprie (registi, prendete nota), sono esaltate dalle interpretazioni vocali
deliziose di Serena Ottardo. Lo spettacolo inizia in sordina per poi crescere
progressivamente, trasportando lo spettatore negli antri più reconditi del
sentimento umano per eccellenza, grazie a meravigliosi testi di poesie e
canzoni più o meno famose, da Pasolini e Oscar Wilde, a Lucio Dalla e Battiato,
passando per un caustico Steven Berkoff. Cantante, lettrice, musicisti, in poco
più di un’ora riescono a farci viaggiare in galassie sconosciute, toccando in
un paio di occasioni dei vertici di assoluto pathos, tramortendo l’ego
supponente dell’ascoltatore e accompagnandolo in una dimensione quasi onirica,
se non fosse per l’assoluta concretezza di quanto declamato. Nonostante piccoli
inconvenienti tecnici (loops maledetti), lo spettacolo corre armoniosamente,
tra sonorità sorprendenti e atmosfere ora disperanti, ora dolci, ora crude.
Da
millenni l’uomo si domanda cosa sia l’amore e la risposta non l’ha mai trovata.
Può fare esperienza, questo si, senza arrivare ad una conclusione. Senza
scomodare William H. Hauden, questa sera la convenzionale parola “Amore” è
stata oggetto di un’originale ricerca, tra musica e letteratura, profonda,
emozionale, grazie a quattro artisti coraggiosi nel proporre ciò che altri
chiamano “sperimentazioni”. Io la chiamo, più semplicemente, espressione artistica. Bella, da vedere e ascoltare.
Paolo Leone
Scritto e diretto da
Alessandro Fea.
Con: Ilaria Giambini
(readings, voce); Serena Ottardo (voce); Alessandro Fea (chitarra, loops,
sonorizzazioni elettroniche, sitar): Marco Paolucci (chitarra e loops)
Non l'ho visto ma me ne hanno parlato gran bene. Paolo Leone fa venire una gran voglia di vederlo e spero tanto si rappresenti ancora per godere di un tema che tocca sempre le nostre corde nel profondo...
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