15 gennaio, 2014

"Una donna sola" – di Dario Fo e Franca Rame. Rose coltivate, rose strappate. Recensione e intervista a Rosalia Porcaro di Paolo Leone


“Come una rosa nella serra”. Così si definisce la donna che parla alla finestra con la nuova vicina di casa. La musica a tutto volume riempie il suo vuoto, la sua disperazione negata per non creare ulteriori problemi. Rassegnata ad una vita segregata in casa, ai modi brutali del marito, alla presenza di un cognato erotomane che la tocca, alle telefonate sconce di un guardone, si spegne lentamente tra le mura del suo appartamento. L’unico raggio di luce è quel ragazzo, giovanissimo, che conobbe per imparare l’inglese, al quale si era concessa quasi per non fargli un torto, ma con cui aveva scoperto un modo nuovo di intendere l’amore, a lei sconosciuto fino ad allora, che da sempre si sente strumentalizzata, adoperata. Neanche non amata, perché proprio non conosce il significato del termine. “Chi è che ama in questo palazzo?” si domandavano i condòmini in risposta al suo folle e liberatorio “ti amoooo” urlato al ragazzo, anche loro sorpresi che un simile sentimento potesse albergare in quello stabile. Una vita negata, umiliata, soffocata in quella casa, lei come una rosa nella serra, ma priva dell’ossigeno per vivere. Abituata a vivere e parlare sempre “di dentro”, a trattenere tutti i suoi sogni e macerarsi nei sensi di colpa, la sua ribellione esploderà nel più tragico dei modi.
Rosalia Porcaro riporta in scena il monologo scritto da Dario Fo e Franca Rame al Teatro Ambra alla Garbatella, per la regia di Enrico Maria Lamanna e ce ne regala un secondo, tristemente celebre: “Stupro”, scritto nel 1975.
Se nel primo, amarissimo e drammatico per i temi trattati, ma comunque divertente, la Porcaro si muove nell’ambito in cui siamo abituati a vederla e strappa sorrisi amari come nelle intenzioni del testo originario, nel secondo monologo, cupo e angosciante, sorprende con un’interpretazione di grande intensità, inchiodando alle poltrone il pubblico. La sua recitazione, il suo “linguaggio” del corpo, la forte carica introspettiva espressa, sono così coinvolgenti che al termine dello spettacolo  dispiace dovere andar via. Un’attrice che sicuramente meriterebbe più spazio in teatro, una bella scoperta averla vista dal vivo. In tutta onestà, qualche perplessità hanno suscitato le scelte registiche nel primo monologo. Chiara l’intenzione di voler rappresentare lo stordimento, l’alienazione del personaggio, ma ho trovato eccessivo l’uso delle sonorità tecnologiche, che forse confondono la stessa protagonista. Ma, si sa, una prima è sempre un cantiere aperto e sicuramente si porrà rimedio.


Teatro Ambra alla Garbatella, Roma (Piazza Giovanni da Triora 15) dal 14 al 19 gennaio
Una donna sola, di D. Fo e F. Rame. Con: Rosalia Porcaro.
Regia: Enrico Maria Lamanna

Ho avuto il piacere di incontrare Rosalia dopo lo spettacolo, che ha rilasciato delle dichiarazioni per il Corriere dello Spettacolo

Rosalia, come ti poni, da artista e da donna, davanti a questi due testi?
Con l’attrazione per una cosa bella, forte, sono comunque entrambi testi veri, attuali nelle sofferenze che raccontano, e quindi con la curiosità nel riuscire a fare delle cose diverse e anche con la passione nell’interpretare dei testi che sono così forti. Questo mi ha aiutato a superare la paura che può avere un’attrice comica nel fare uno spettacolo come questo, la verità dei due testi mi ha convinta ad affrontarli.

Pensi che Fo e Rame abbiano precorso i tempi, o la situazione delle donne è stata sempre così drammatica, alla luce di tutto quello che la cronaca oggi ci racconta?
Quando si raccontano dei personaggi che “reggono” per così tanti anni, sicuramente loro hanno anticipato i tempi, ma è anche vero che tante cose purtroppo non sono cambiate così profondamente

Il riscatto della protagonista di “una donna sola” è affidato alla violenza, come nel celebre testo di Doyle “la donna che sbatteva nelle porte”…come se ne esce? Il teatro, le vostre rappresentazioni sono voci che possono farsi sentire o secondo te bisogna ripartire dalle fondamenta di questa società?
Bisogna sicuramente ripartire dalle fondamenta, un’azione non preclude l’altra, ma la risonanza dell’arte rispetto a certi argomenti è forte, secondo me, soprattutto in temi come questi, in cui la violenza nei confronti delle donne è far credere che la stessa sia quasi scontata, naturale. Uscire fuori e vedere che non è così, che non è vero, è sempre un bene.


Paolo Leone

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