“Come una rosa nella serra”. Così si
definisce la donna che parla alla finestra con la nuova vicina di casa. La
musica a tutto volume riempie il suo vuoto, la sua disperazione negata per non
creare ulteriori problemi. Rassegnata ad una vita segregata in casa, ai modi
brutali del marito, alla presenza di un cognato erotomane che la tocca, alle
telefonate sconce di un guardone, si spegne lentamente tra le mura del suo
appartamento. L’unico raggio di luce è quel ragazzo, giovanissimo, che conobbe
per imparare l’inglese, al quale si era concessa quasi per non fargli un torto,
ma con cui aveva scoperto un modo nuovo di intendere l’amore, a lei sconosciuto
fino ad allora, che da sempre si sente strumentalizzata, adoperata. Neanche non
amata, perché proprio non conosce il significato del termine. “Chi è che ama in
questo palazzo?” si domandavano i condòmini in risposta al suo folle e
liberatorio “ti amoooo” urlato al ragazzo, anche loro sorpresi che un simile
sentimento potesse albergare in quello stabile. Una vita negata, umiliata,
soffocata in quella casa, lei come una rosa nella serra, ma priva dell’ossigeno
per vivere. Abituata a vivere e parlare sempre “di dentro”, a trattenere tutti
i suoi sogni e macerarsi nei sensi di colpa, la sua ribellione esploderà nel
più tragico dei modi.
Rosalia Porcaro riporta in scena il
monologo scritto da Dario Fo e Franca Rame al Teatro Ambra alla Garbatella, per
la regia di Enrico Maria Lamanna e ce ne regala un secondo, tristemente
celebre: “Stupro”, scritto nel 1975.
Se nel primo, amarissimo e drammatico
per i temi trattati, ma comunque divertente, la Porcaro si muove
nell’ambito in cui siamo abituati a vederla e strappa sorrisi amari come nelle
intenzioni del testo originario, nel secondo monologo, cupo e angosciante,
sorprende con un’interpretazione di grande intensità, inchiodando alle poltrone
il pubblico. La sua recitazione, il suo “linguaggio” del corpo, la forte carica
introspettiva espressa, sono così coinvolgenti che al termine dello
spettacolo dispiace dovere andar via.
Un’attrice che sicuramente meriterebbe più spazio in teatro, una bella scoperta
averla vista dal vivo. In tutta onestà, qualche perplessità hanno suscitato le
scelte registiche nel primo monologo. Chiara l’intenzione di voler
rappresentare lo stordimento, l’alienazione del personaggio, ma ho trovato
eccessivo l’uso delle sonorità tecnologiche, che forse confondono la stessa
protagonista. Ma, si sa, una prima è sempre un cantiere aperto e sicuramente si
porrà rimedio.
Teatro Ambra alla Garbatella, Roma (Piazza Giovanni da
Triora 15) dal 14 al 19 gennaio
Una donna sola, di D. Fo e F. Rame. Con: Rosalia Porcaro.
Regia: Enrico Maria Lamanna
Ho
avuto il piacere di incontrare Rosalia dopo lo spettacolo, che ha rilasciato
delle dichiarazioni per il Corriere dello Spettacolo
Rosalia, come ti poni, da artista e da
donna, davanti a questi due testi?
Con l’attrazione per una cosa bella,
forte, sono comunque entrambi testi veri, attuali nelle sofferenze che
raccontano, e quindi con la curiosità nel riuscire a fare delle cose diverse e
anche con la passione nell’interpretare dei testi che sono così forti. Questo
mi ha aiutato a superare la paura che può avere un’attrice comica nel fare uno
spettacolo come questo, la verità dei due testi mi ha convinta ad affrontarli.
Pensi che Fo e Rame abbiano precorso i
tempi, o la situazione delle donne è stata sempre così drammatica, alla luce di
tutto quello che la cronaca oggi ci racconta?
Quando si raccontano dei personaggi
che “reggono” per così tanti anni, sicuramente loro hanno anticipato i tempi,
ma è anche vero che tante cose purtroppo non sono cambiate così profondamente
Il riscatto della protagonista di “una
donna sola” è affidato alla violenza, come nel celebre testo di Doyle “la donna
che sbatteva nelle porte”…come se ne esce? Il teatro, le vostre
rappresentazioni sono voci che possono farsi sentire o secondo te bisogna
ripartire dalle fondamenta di questa società?
Bisogna sicuramente ripartire dalle
fondamenta, un’azione non preclude l’altra, ma la risonanza dell’arte rispetto
a certi argomenti è forte, secondo me, soprattutto in temi come questi, in cui
la violenza nei confronti delle donne è far credere che la stessa sia quasi scontata,
naturale. Uscire fuori e vedere che non è così, che non è vero, è sempre un
bene.
Paolo Leone
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