02 febbraio, 2014

"Come tre aringhe". Tre uomini, un delfino bianco. Di Paolo Leone


Teatro de’ Servi, Roma. Dal 28 gennaio al 16 febbraio 2014

La notte può essere un ottimo momento per terapie di gruppo. Circondati dalle tenebre, il tempo scorre lento, le difese si abbassano, gli stimoli esterni diminuiscono e aumenta l’ascolto interiore, la voglia di confessare a sé stesso e agli altri, soprattutto agli altri, le proprie debolezze, i sogni, le delusioni. Tre metronotte in servizio notturno all’interno della sala operativa di un delfinarium, tre umanità che interagiscono, la necessità di stabilire delle gerarchie precise. Apparentemente, ognuno chiuso nel proprio mondo, ognuno con i propri riti, le proprie fìsime, le proprie “procedure da manuale” della vita. Uno dei tre, appena assunto, portatore sano (?) di una felicità posticcia, tutta latte e miele, si scontra con gli altri due, arrabbiati e delusi dalla vita.
Vengono a confronto due modi di vedere l’esistenza: la positività, fasulla e fastidiosa, anche contro ogni evidenza e logica di Giorgio (Fiorini), e il pragmatismo severo degli altri due che hanno vissuto fino in fondo la propria vita. Potrebbe essere tema anche pesante, ma messo in scena da un affiatatissimo trio di attori quali Marco Falaguasta, Marco Fiorini e Pietro Scornavacchi, è foriero di comicità a tratti irresistibile. Una caratteristica tipica delle commedie di Falaguasta (in questa occasione scritta insieme a Mauro Graiani) è quella di mettere magistralmente in evidenza la poetica dell’umanità, rimanendo ancorato a un senso della realtà che coinvolge e ammalia lo spettatore. I tre personaggi di questa gradevolissima commedia sono tra noi, siamo noi, i nostri amici, i nostri parenti. Un delizioso spaccato di vita vera, credibile, confezionata con la comicità mai banale di questo trio. La commedia inizia lentamente, in un tempo e in uno spazio sospeso, quasi indefinito, attutito e reso suggestivo dalla bellissima scenografia di Mauro Paradiso, che ci porta al di qua di una immensa vetrata dietro la quale vivono centinaia di pesci in perenne movimento, tra i quali un fantomatico delfino bianco, forse soltanto un ideale di perfezione utopica. Tre umanità che, tra uno scherzo feroce e le “battute della notte”, entreranno in confidenza, sciogliendo i propri dolorosi nodi esistenziali. Se Falaguasta è l’innesco, Scornavacchi e Fiorini sono il detonatore dei momenti più divertenti che riveleranno però gli aspetti più seri e gravi delle rispettive vite. 

Una bella armonia cresce durante la rappresentazione e quello che sembra oscuro all’inizio (perché le persone sole mangiano il tonno?), si riveste di luce col passare dei minuti, tra una risata e quegli ormai inconfondibili, piacevoli, momenti malinconici nelle opere di Falaguasta, quasi la sua firma in calce al testo.  La domanda che si porranno i nostri eroi, centrale nella drammaturgia di questa pièce, è se nelle nostre vite siamo delfini, e quindi astuti e in branco, oppure aringhe, ingenue vittime delle astuzie altrui. E, soprattutto, possiamo evitare di comportarci come aringhe? La risposta, sul filo di lana, arriverà nell’ultimissima, esilarante, battuta.  
La vita non ha manuali di istruzione e in queste “storie di notte” si manifesta nelle disarmanti fragilità dell’essere umano. Una bella e convincente rappresentazione, che diverte con stile e realismo, confermando la cifra artistica dell’autore, ormai una garanzia nell’ambito della commedia teatrale italiana.

Paolo Leone


 “Come tre aringhe” di Marco Falaguasta e Mauro Graiani
Con: Marco Falaguasta, Marco Fiorini e Pietro Scornavacchi
Regia: Marco Falaguasta; aiuto regia: Luca Latino; assistente alla regia: Flavio Moscatelli
Scena: Mauro Paradiso
Luci: Marco Laudando

Organizzazione: Razmataz

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