Teatro dell’Angelo, Roma.
Dal 4 al 16 fabbraio 2014
Foto Pierpaolo Redondo |
Un
turbinìo di storie, un turbinìo di coppie, umanamente e socialmente assortite.
Amore? Forse, magari nelle intenzioni, di certo non alla resa dei conti, dove
soltanto il sesso, l’opportunismo, il cinismo, svelano la pesante coltre delle
ipocrisie, delle convenzioni, del perbenismo di facciata, degli uni e delle
altre. Si dice che Schnitzler, scrivendo la sua “scandalosa” opera nel 1900,
volle rappresentare, portando alla luce le feroci dinamiche delle coppie nel
suo “girotondo”, il decadimento di un’epoca, di un impero. Benvenuto nel 2014,
dove ben poco sembra essere cambiato. Un’opera geniale, questa dello scrittore
austriaco, che con il suo impianto drammaturgico di altissimo livello (non a
caso Sigmund Freud gli chiedeva come avesse potuto conoscere meccanismi che a
lui stesso erano costati anni di studi) tratteggia, senza pietà e senza
speranze, la triste realtà nascosta nei manierismi dei rapporti di coppia,
amarissima. Se è vero che fosse sua intenzione denunciare la falsità e
l’insostenibilità delle norme morali dell’Austria dell’epoca, suscitando un
impatto emotivo devastante negli spettatori del 1900, è altrettanto vero che un
certo disagio alligna in noi spettatori “moderni”, convinti di aver superato
certe convenzioni. Non c’è traccia di poesia nei dieci “quadri” rappresentati e
quando una certa tenerezza tenta di uscire allo scoperto, subito viene
stroncata dall’istinto animalesco, dalla ricerca della mera soddisfazione
sessuale. “Mi vuoi bene?” è un mantra inefficace che ricorre spesso,
accentuando l’insicurezza di una ricerca che appare patetica di fronte a tutto
quel disincanto. Una danza fosca, un girotondo senza vie d’uscita appunto, che
rincorre sé stesso a distanza di un secolo. Nell’ultimo quadro, il Conte con la
prostituta Leocadia, con cui il girotondo ha termine, sembra profetica
l’affermazione di lui che si rammarica di non aver potuto soddisfare il
desiderio di un’avventura poetica: “si vede che non era destino”.
Foto Pierpaolo Redondo |
Francesco
Branchetti, il regista (e straordinario attore) che ha diretto la messa in
scena dell’opera, conferma il suo coraggio controcorrente. Proporre oggi, in
questo periodo anche culturalmente in crisi, una pièce come Girotondo,
lasciandola ambientata nel primo novecento, in costume, seguendo fedelmente il
testo tramite la traduzione di Gianni Guardigli, è una sfida vera e propria.
Con la sua lucida e bella “follia” decide di non seguire l’onda facile, quella
che insegue il grande pubblico, puntando invece sui valori originali di un
testo immortale e certamente non facile. Scelta ardita, per la quale si avvale
di un cast di prim’ordine. La mattatrice assoluta, in tutte le parti femminili,
è una sempre più sorprendente Gaia De Laurentiis, attrice veramente poliedrica,
capace di interpretazioni il cui registro varia dal drammatico al brillante
mantenendo sempre una forte carica introspettiva. Attori veri si alternano nel
vortice del girotondo: Guardiano, Schirru, Lambertini, Paduano e Costa, offrono
prestazioni che riconciliano con la recitazione teatrale. Spettacolo nel suo
complesso bellissimo e raffinato, grazie anche alle scene di Alessandra Ricci,
una garanzia, ai costumi meravigliosi di Clara Surro ed alle musiche sempre
suggestive di Pino Cangialosi. Molto
gradevole anche la performance di Federica Ruggero, la danzatrice che precede
ogni cambio di scena. Un classico del teatro, magistralmente rappresentato in
ogni suo aspetto. La sfida è lanciata, sperando che diventi uno sprone alla
ricerca della qualità per chi fà teatro e per il pubblico che lo segue.
Paolo Leone
Teatro dell’Angelo,
Roma. Dal 4 al 16 fabbraio.
Girotondo, di Arthur
Schnitzler
Traduzione di Gianni Guardigli
Regia: Francesco
Branchetti
Con: Gaia De
Laurentiis, Lorenzo Costa, Giovanni Guardiano, Vincenzo Schirru, Simone
Lambertini, Nicola Paduano. Danzatrice: Federica Ruggero
Musiche: Pino
Cangialosi; Scene: Alessandra Ricci; Costumi: Clara Surro
Assistente alla regia:
Ilaria Fioravanti; disegno luci: Francesco Branchetti
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