Per la serie “meglio tardi che mai”, una piccola premessa
per i lettori del “CORRIERE”: mi scuso con voi ma, per vari motivi, non ho
potuto informarvi tempestivamente di questa importantissima iniziativa; lo
faccio adesso, quando la rassegna è giunta ormai al sesto appuntamento,
consapevole però, per dirla alla Ligabue, che “il meglio deve ancora venire”…
Pensateci bene: che differenza c’è tra andare al cinema
per vedere un film nuovo oppure andarci per il piacere di godersi in sala un
vecchio capolavoro, soprattutto se non lo si è mai visto prima ? Io credo
nessuna: in un certo senso, si tratta in entrambi i casi di prime visioni,
specie se i classici in questione vengono riproposti in versione originale
sottotitolata (quando stranieri, ovviamente) e in confezione deluxe, con
restauro audio/video digitale, e specie se, come nel caso di “DELITTO PERFETTO”
di Hitchcock -l’opera che ha aperto la rassegna lo scorso ottobre,- o del presente
“LA FEBBRE DELL’ ORO” (di cui parlerò più avanti), si propongono al pubblico
-per la prima volta, in assoluto- le edizioni filologiche di film che, a causa
di vicissitudini produttive o ripensamenti degli autori, hanno subito nel corso
del tempo tagli e rimaneggiamenti vari tali da modificarli in modo
irreversibile, ma che, grazie a recenti ritrovamenti -fortunati quanto
fortuiti- di materiale ritenuto perduto e ad un paziente lavoro di restauro,
sono stati ricostruiti nel modo più vicino possibile alla forma originaria; in
questi casi ci troviamo quindi di fronte ad opere inedite a tutti gli effetti,
e questo ci aiuta a capire quanto il passato sia “vivo” e quanto abbia ancora
da dire sul presente.
E’ proprio con questo spirito di valorizzazione e rilancio vivificante del Passato che la Cineteca di Bologna (associazione sempre in prima linea nella conservazione e nella divulgazione del patrimonio cinematografico mondiale), in collaborazione con Circuito Cinema e con vari circuiti regionali, ha ideato questa prestigiosissima rassegna che, a partire dallo scorso Ottobre e fino a Giugno 2014, ha proposto e proporrà un grande film al mese (ha fatto eccezione solo il doppio appuntamento novembrino) in tutte le sale cinematografiche italiane del Circuito Cinema, un’occasione davvero imperdibile per ogni cinefilo che si rispetti, ma anche un lodevole modo per cercare di far avvicinare il grande pubblico al cinema classico, sul quale purtroppo sono ancora in molti a nutrire pregiudizi e diffidenze del tipo: “E IO, NELL’EPOCA DEL 3D, DOVREI ANDARE A VEDERE UN FILM IN BIANCO E NERO O, PEGGIO ANCORA, MUTO??!!”…a questo proposito, ho trovato provvidenziale e utilissima l’ apparizione di un film come “THE ARTIST” (intelligentemente premiato con 5 Oscar nel 2012, tra cui quello per il miglior film), che, volendo pure prescindere dalla sua qualità artistica -peraltro elevata, a parere mio- ha avuto il merito, proprio nella già menzionata era 3D (un colossale bluff, ma ne ho già parlato altre volte), di riportare l’attenzione della gente sul cinema muto, dimostrandone tutta la straordinaria attualità e vitalità che conserva ancora oggi, nonostante si tratti di un modo di intendere e fare cinema che non viene più praticato, salvo sporadici recuperi, dall’inizio degli anni ’30, ma qui il discorso si farebbe lungo…
E’ proprio con questo spirito di valorizzazione e rilancio vivificante del Passato che la Cineteca di Bologna (associazione sempre in prima linea nella conservazione e nella divulgazione del patrimonio cinematografico mondiale), in collaborazione con Circuito Cinema e con vari circuiti regionali, ha ideato questa prestigiosissima rassegna che, a partire dallo scorso Ottobre e fino a Giugno 2014, ha proposto e proporrà un grande film al mese (ha fatto eccezione solo il doppio appuntamento novembrino) in tutte le sale cinematografiche italiane del Circuito Cinema, un’occasione davvero imperdibile per ogni cinefilo che si rispetti, ma anche un lodevole modo per cercare di far avvicinare il grande pubblico al cinema classico, sul quale purtroppo sono ancora in molti a nutrire pregiudizi e diffidenze del tipo: “E IO, NELL’EPOCA DEL 3D, DOVREI ANDARE A VEDERE UN FILM IN BIANCO E NERO O, PEGGIO ANCORA, MUTO??!!”…a questo proposito, ho trovato provvidenziale e utilissima l’ apparizione di un film come “THE ARTIST” (intelligentemente premiato con 5 Oscar nel 2012, tra cui quello per il miglior film), che, volendo pure prescindere dalla sua qualità artistica -peraltro elevata, a parere mio- ha avuto il merito, proprio nella già menzionata era 3D (un colossale bluff, ma ne ho già parlato altre volte), di riportare l’attenzione della gente sul cinema muto, dimostrandone tutta la straordinaria attualità e vitalità che conserva ancora oggi, nonostante si tratti di un modo di intendere e fare cinema che non viene più praticato, salvo sporadici recuperi, dall’inizio degli anni ’30, ma qui il discorso si farebbe lungo…
Riprendendo il discorso sulla nostra rassegna, accennerò
brevemente ai film già passati, cominciando con “DIAL M FOR MURDER” (1954) di
Hitchcock, presentato per l’occasione nell’originale quanto sconosciuta veste
3D, tecnica che all’epoca –stiamo sempre parlando degli anni ’50- era agli
albori, e lo si è visto: un tridimensionalità molto più blanda -oserei quasi
dire "discreta" e meno invasiva- rispetto a quella attuale, e forse
anche più interessante, poiché utilizzata più che altro per mettere in risalto
certi dettagli visivi (come un paio di forbici, ad esempio), fatto sta che
negli USA si trattava della moda del momento, e per questo fu imposta ad uno
scettico “Hitch” dai produttori…questa gliela perdoniamo! Secondo appuntamento
col monumentale “GATTOPOARDO” (1963) di Visconti, seguito da “GLI AMANTI PERDUTI” (1945) di
Marcel Carné, capolavoro francese uscito originariamente in due parti qui
riunite insieme, per un totale di tre ore abbondanti di proiezione, a fronte
della misera versione-scempio di soli 90’ finora a disposizione del pubblico
italiano; a dicembre è stato il turno di “RISATE DI GIOIA” (1960) di Monicelli, collocazione quanto mai
opportuna vista l’ambientazione “Sansilvestrina” di quella che rimane una delle
vette della commedia italiana, forte della presenza del duo Totò-Anna Magnani,
entrambi in gran forma; un’altra commedia a Gennaio, il gradevole “NINOTCHKA”
(1957) di Ernst Lubitsch, con la bella Greta Garbo impegnata in una storia
d’amore parigina, fino ad arrivare all’atteso appuntamento di questo mese,
quello con “ LA FEBBRE DELL ’ORO” (1925) di Charlie Chaplin.
Per quanto riguarda i quattro film "rimasti in
gara", ecco svelato il motivo dell'entusiastica citazione iniziale della
canzone di Ligabue: si tratta di opere importantissime, come "LA GRANDE
ILLUSIONE" (1937) di Jean Renoir, forse il più potente film contro la
guerra prima di "ORIZZONTI DI GLORIA" di Kubrick; per proseguire,
ancora un appuntamento di grande cinema italiano con il capolavoro di
Rossellini che ha inaugurato l'irripetibile stagione del neorealismo,
"ROMA CITTA' APERTA" (1945); per chiudere in bellezza,
l'intellettualismo letterario di "HIROSHIMA MON AMOUR (1959) di Alain
Resnais, e il Roman Polanski d'annata di "CHINATOWN" (1974), con Jack
Nicholson nel ruolo del protagonista. I lettori di Cortona e dintorni potranno
seguire la rassegna al "Cinema Caporali" di Castiglion del Lago,
l'unica sala nei paraggi ad aver aderito all'iniziativa, in quanto appartenente
al Circuito Cinema.
Per maggiori informazioni potete visitare i siti
www.cinemacaporali.it e www.ilcinemaritrovato.it.
Torniamo al film di Febbraio, "LA FEBBRE
DELL'ORO": come accennato all’inizio, è stato riproposto, al pari del film
di Hitchcock, in una versione assolutamente inedita, un’autentica primizia.
Vediamo il perché: originariamente uscito come muto nel 1925 (il sonoro farà il
suo debutto solo due anni dopo, nel 1927, con “IL CANTANTE DI JAZZ “ di Alan
Crosland), il film è stato rieditato in versione sonora dallo stesso Chaplin
nel 1942, che per l’occasione ha aggiunto una colonna sonora da lui stesso
composta, oltre ai rumori di scena e alla voce narrante (sua anch’essa
nell’edizione inglese), ma soprattutto ha ridotto il metraggio del film (
portato a circa 72’), tagliando alcune scene ed eliminando i cartelli; col
tempo, della prima versione si sono perse quasi completamente le tracce, almeno
fino al recente rinvenimento di materiale originale dell’epoca, che ha permesso
ai restauratori e ai curatori di approntare un’edizione del film che
comprendesse le sequenze, con le relative didascalie, eliminate nell’edizione
del 1942, mentre sul versante audio è stato scelto di riadattare alla nuova
durata del film (circa 92’) le partiture originali di Chaplin. Ed è proprio
questa la versione scelta dalla Cineteca di Bologna, curatrice del restauro. Ad
impreziosire un piatto già allettante, per festeggiare il centenario della
comparsa sulle scene dell'immortale personaggio di Charlot, il film è stato
preceduto dalla proiezione del primo, storico cortometraggio (7') in cui appare
quello che originariamente si chiamava semplicemente "The Tramp" (il
Vagabondo): “KID AUTO RACES AT VENICE, CAL" ( "GARA DI AUTO PER
BAMBINI A VENICE, CALIFORNIA", del 7 Febbraio 1914), anch'esso debitamente
restaurato, conosciuto anche con il titolo italiano "CHARLOT SI
DISTINGUE". Il corto ci mostra uno Charlot -già ben delineato negli
atteggiamenti e nell'abbigliamento- attento spettatore di una corsa di auto per
bambini...almeno finché non si accorge, il che avviene subito, della presenza
di una telecamera che riprende la gara: da quel momento comincia, dispettoso, a
seguirla ovunque, mettendosi sempre in mezzo a disturbare le riprese e a
rischiare la pelle, scatenando l'ira di alcuni e l'ilarità di altri. Un
documento importantissimo, il primo passo di una delle più straordinarie
personalità della storia del cinema, da vedere a tutti i costi, davvero un
ottimo antipasto da gustare prima del grande evento!
Qualche parola sulla storia, adesso. Due baffetti neri,
una bombetta, un bastone e un paio di pantaloni troppo larghi ad accompagnare
un’andatura buffa e ciondolante: ed ecco Charlot, l’omino vagabondo, la
maschera che ha reso il suo inventore celebre in tutto il mondo. Stavolta il
Nostro veste i panni di un improbabile Cercatore Solitario alle prese con la
corsa all’oro nel selvaggio e inospitale Alaska; come lui tenta la fortuna il
corpulento Big Jim (Giacomone in italiano). Sorpresi da una bufera di neve, i
due si ritrovano a condividere il freddo e la fame in una sgangherata baracca;
passata la tempesta, ognuno va per la propria strada: giunto in un vicino paese
per depositare il magro raccolto, Charlot si innamora perdutamente della bella
Georgia, che però si diverte crudelmente alle sue spalle con gli amici,
facendosi beffe dei suoi sentimenti, salvo poi pentirsi alla fine; Big Jim
invece trova un filone d’oro ricchissimo vicino alla baracca ma, tramortito con
un colpo alla testa da Black Larsen, un malvivente ricercato, perde la memoria
e con essa la strada per l'oro...vagando in stato confusionale, anche Jim
giunge alla fine in paese, recuperando i ricordi a poco a poco, fino a che
incontra il vecchio compagno di sventure che convince (eufemismo) a fargli da
guida per ritornare alla baracca, nella speranza di ritrovare il suo filone.
Sarà ancora una volta una bufera di neve, stavolta però provvidenziale, a
decidere la sorte dei due, che si ritroveranno letteralmente trascinati verso
la Fortuna...che oltre ai soldi, porterà a Charlot anche l'amore di Georgia.
Uno dei tanti capolavori del Chaplin "muto", la
cui grandezza sta nel riuscire a parlare di cose profonde con leggerezza e
semplicità, mescolando con un'abilità ineguagliata comicità e poesia, risata e
tragedia. Molti i temi affrontati in questo capolavoro -e mi ripeto
volutamente- assoluto: la lotta per la sopravvivenza, l'ostilità della Natura,
il mito della frontiera e del sogno americano, il dominio del Caso nelle cose
umane e, soprattutto, il senso di solitudine che ognuno di noi avverte dentro
di sé, reso da Charlot con struggente e tenera malinconia, come forse in
seguito solo il grande Jacques Tati, attraverso il suo lunare alter-ego
Monsieur Hulot, saprà fare. Oltre alla celeberrima scena della danza dei
panini, un sublime saggio del genio visionario chapliniano che da solo vale il
prezzo del biglietto, sono molti i momenti indimenticabili: la tragicomica
lotta per non precipitare dalla baracca in bilico sul burrone; il fucile
conteso tra Big Jim e Black Larsen che, mentre i due lottano, continua a
seguire gli spostamenti di un terrorizzato Charlot, puntandolo; Charlot che,
mentre balla con Georgia, si lega ai pantaloni la corda di un cane,
scambiandola per l'elastico che ha perduto...
Francesco Vignaroli
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