“Che fai nun me risponni me canti
'no stornello
lo vedi chi è er padrone insorgi,
pia er cortello
Vojo canta così fiorin fiorello...”
Teatro dell’Angelo, Roma. Dal 20 febbraio al 23 marzo 2014
Roma,1825. Il
potere temporale di Leone XII è particolarmente repressivo, caratterizzato
dalla volontà di voler schiacciare ogni forma di libertà individuale, per
timore di trame rivoluzionarie. E’ il periodo dei primi moti carbonari, di un
popolo (come sempre) rassegnato e di Pasquino, la voce temutissima della
satira, dello sberleffo al potere, forse ancor più pericolosa delle azioni
violente dei rivoltosi. Nel 1969 il maestro Gigi Magni realizzò il suo
bellissimo film, “Nell’anno del Signore”,
appunto, il primo di una fortunatissima trilogia, a cui seguirono “In
nome del Papa Re” nel 1977 e “In nome del popolo sovrano” nel 1990.
Grandi film, con grandissimi interpreti. Antonello Avallone, nel suo Teatro dell’Angelo, conclude il suo personale omaggio all’amico Magni con la sua terza opera. Dopo “In nome del Papa Re” e “Secondo Ponzio Pilato”, mette in scena questa fedelissima riproposizione teatrale. Gli piace, lo sente suo il romanzo storico, si percepisce, ed è a suo agio nelle atmosfere tipiche della Roma papalina. Questa volta interpreta il ciabattino Cornacchia (Pasquino), che contesta i metodi carbonari ma che combatte a suo modo il governo opprimente, con la penna anziché con le armi. Un uomo apparentemente codardo, ma con una sua filosofia pragmatica, di gran cuore, tanto da offrirsi in sacrificio nel tentativo di salvare la vita al carbonaro Leonida Montanari, di cui la sua compagna si era innamorata. Le cose non andranno come si era proposto e la ghigliottina porrà fine alla vita di Leonida e del suo amico Angelo Targhini, i cui nomi rimarranno celebri a Roma fino ai nostri giorni.
Grandi film, con grandissimi interpreti. Antonello Avallone, nel suo Teatro dell’Angelo, conclude il suo personale omaggio all’amico Magni con la sua terza opera. Dopo “In nome del Papa Re” e “Secondo Ponzio Pilato”, mette in scena questa fedelissima riproposizione teatrale. Gli piace, lo sente suo il romanzo storico, si percepisce, ed è a suo agio nelle atmosfere tipiche della Roma papalina. Questa volta interpreta il ciabattino Cornacchia (Pasquino), che contesta i metodi carbonari ma che combatte a suo modo il governo opprimente, con la penna anziché con le armi. Un uomo apparentemente codardo, ma con una sua filosofia pragmatica, di gran cuore, tanto da offrirsi in sacrificio nel tentativo di salvare la vita al carbonaro Leonida Montanari, di cui la sua compagna si era innamorata. Le cose non andranno come si era proposto e la ghigliottina porrà fine alla vita di Leonida e del suo amico Angelo Targhini, i cui nomi rimarranno celebri a Roma fino ai nostri giorni.
Una delle
caratteristiche degli spettacoli di Avallone è quella di seguire fedelmente la
sceneggiatura dei film di Magni. Se nei due precedenti il risultato era stato
più che ottimo, in questo si avverte una certa macchinosità, soprattutto in
qualche cambio scena che porta via troppo tempo, prolungando oltremodo la
durata della pièce. Sia chiaro che tutto lo spettacolo è magistralmente
recitato e diretto, la regia in particolare è sorprendente e ben pensata. Tutti
gli spazi a disposizione sono utilizzati, anche quelli tra le poltrone, donando
alle vicissitudini dei protagonisti la suggestione di essere vissute dagli
spettatori stessi, in un tourbillon di apparizioni a destra e manca, di
agguati, coltelli in mano, nei corridoi
tra i blocchi delle sedute del teatro. Una menzione particolare per l’interprete
di Giuditta, la concubina di Cornacchia/Pasquino, Silvia Maria Vitale e a
Tonino Tosto, che dà vita ai due personaggi simbolo del potere, il colonnello
Nardoni e il Cardinale Rivarola. La prima è la donna che ci si aspetta in un
ruolo simile: bella, intensa, semplice, assolutamente convincente nel suo
ruolo. Il secondo è un fedelissimo di Avallone e in questa opera interpreta
alla grande due ruoli da “cattivo”, uno ironico (Nardoni), l’altro spietato
(Rivarola).
Tutto il cast offre una prestazione molto affascinante, nei costumi
bellissimi di Red Bodò, trasformando il teatro in uno scorcio di Roma nel buio
periodo della repressione papalina. La storia, amarissima, sarcastica, cinica e
in qualche modo sempre attuale, tocca i suoi momenti più significativi in due
frangenti. Il popolo in tumulto sotto la prigione di Castel Sant’Angelo non è
lì per protestare contro il loro arresto ma per chiedere “lo spettacolo” della
loro esecuzione. D’altro canto, il feroce cardinale Rivarola, rivolto al povero
frate che tenta invano di far pentire i due carbonari (nel film interpretato da
uno strepitoso Alberto Sordi), chiosa affermando che “Siamo sempre dalla parte
della ragione, anche quando sbagliamo. Questo è il dramma di chi detiene il
potere”. A distanza di quasi due secoli…siamo sicuri che sia cambiata molto la
situazione? Grazie a chi perpetua, ancora oggi, in teatro, opere come questa.
“E’ inutile che provochi a me nun me
ce freghi
La gatta presciolosa fece li fiji
ciechi
Sei troppo sbaraglione co te nun me
ce metto
Io batto n’artra strada io ciò
pazienza aspetto
Vojo canta così fior de rughetto...”
Paolo Leone
“Nell’anno del Signore” di Luigi Magni.
Con: Antonello Avallone, Nanni Candelari, Giordano Cappellazzo, Roberto
Celestini, Pietro Clementi, Daniele Di Matteo, Francesco Marioni, Federico
Mastroianni, Claudio Morici, Valerio Palozza, Salvatore Rivoli, Tonino Tosto,
Silvia Maria Vitale.
Regia: Antonella Avallone; Scene e costumi: Red Bodò; Aiuto regia: Marilì
Conti; Arrangiamenti e musiche: Aurelio Rizzuti; Luci: Erika Barresi.
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