LA TRAGEDIA DEL “SILVER QUEEN”
USA 1939
72’ B/N
(Five came back)
REGIA: JOHN FARROW
INTERPRETI: JOSEPH CALLEIA, JOHN CARRADINE, CHESTER
MORRIS, LUCILLE BALL, ALLEN JENKINS
EDIZIONE DVD: NO
Dopo un breve scalo in Messico, il piccolo aereo USA
“Silver Queen” riparte per Panama. A bordo vi sono 12 persone: il pilota Bill e
il suo vice Joe; lo steward Larry; l’anziano professor Spengler con la moglie
Martha; il gangster Pete con il nipotino Tommy; Judson Ellis, giovane rampollo
di ricca famiglia, in fuga d’amore con la segretaria Alice; l’ombrosa Peggy
Nolan, desiderosa di ripartire da zero; l’anarchico Vasquez, condannato a morte
per un omicidio politico, e il detective Crimp, incaricato di riconsegnare il
colpevole alle autorità panamensi. Una violenta tempesta tropicale semina il
panico a bordo, ed il primo a farne le spese è lo steward Larry, che vola fuori
da un portello apertosi accidentalmente; la situazione peggiora e l’aereo è
costretto ad un atterraggio di fortuna nel bel mezzo di un’impenetrabile
giungla infestata da indigeni ostili. Miracolosamente, non ci sono altre
vittime, ma adesso occorre riorganizzarsi e cooperare per cercare di riparare
l’aereo e ripartire prima che sia troppo tardi…l’unico problema è che il mezzo,
a causa dei danni riportati, potrà trasportare solo 5 persone: è tempo di
decidere, mentre il minaccioso tam tam dei selvaggi si fa sempre più vicino, e
l’unico in grado di sfoderare la lucidità e la forza morale necessarie a
compiere la scelta cruciale sembra essere proprio il condannato Vasquez…
Un gioiellino targato RKO, uno dei tanti piccoli, grandi
film dimenticati da
Sotto le mentite spoglie della storia avventurosa, si
cela in realtà un riuscitissimo dramma di alto spessore morale, ammirevole per
il suo stile essenziale e conciso (notevole la quantità di cose importanti che
vengono dette in poco più di un’ora), tutto giocato sull’approfondimento
psicologico dei personaggi anziché sull’azione, che in effetti risulta relegata
ad un ruolo secondario. Alla staticità degli eventi si contrappone quindi un
grande dinamismo psicologico e umano, derivante dall’osservazione delle
reazioni di un gruppo di persone, che non si conoscono affatto, di fronte ad un
evento traumatico che sconvolge gli equilibri modificando la realtà in un
istante, in maniera forse irreversibile, e legando tra loro destini che
altrimenti non si sarebbero mai nemmeno sfiorati. Per creare un avvincente
clima di tensione emotiva e scavo introspettivo, la sceneggiatura sfrutta
infatti un classico topos narrativo, quello del gruppo eterogeneo di individui
costretti dalle circostanze a condividere lo stesso spazio vitale e ad unire le
proprie forze per fronteggiare le difficoltà…ma non vi ricorda qualcosa tutto
ciò??!!...Vi aiuto: utilizzando questo stesso espediente, più di mezzo secolo
dopo, sono stati ideati i primi “reality show”…se ci pensate bene, su quale
idea si basano, ad esempio, il famigerato “GRANDE FRATELLO” e “L’ISOLA DI
FAMOSI”? Semplice: si confinano in uno spazio limitato alcuni individui,
accuratamente scelti in modo da incarnare tipologie (personaggi) umane
diversissime tra loro, e li si fanno vivere “cheek to cheek” 24 ore su 24,
magari incasinando loro un po’ la vita con qualche trovata che li spinga a far
fronte comune o, viceversa, a scannarsi fra loro…ma questa purtroppo è (triste)
realtà, mentre nel caso di “SILVER QUEEN” parliamo di arte…meglio tornare al
film! Come per magia, appena messi i piedi nella boscaglia dopo l’atterraggio
di fortuna, i passeggeri decidono di organizzarsi per reagire all’emergenza,
gettando immediatamente via le proprie maschere abituali, accantonando ogni
rigidità e pregiudizio, e, infine, riscoprendo (e in alcuni casi scoprendo ) la
propria umanità sopita, nel tentativo di dare il massimo per la causa:
l’altezzosa Martha depone il proprio orgoglio ed accetta, su richiesta del
marito, di far da cuoca per il gruppo; zio Pete si dimostra inaspettatamente
protettivo verso il piccolo Tommy, il quale fa sbocciare un insperato istinto
materno nella disillusa Peggy; Vasquez riesce a conquistare la fiducia e
l’affetto degli altri (eccetto, ovviamente, quelli del suo diffidente “ angelo
custode” Crimp) grazie alla sua nobiltà d’animo, ma, soprattutto, si affeziona
anche lui al gruppo, vincendo una misantropia che lascia ben intuire e
scoprendo così la propria dimensione sociale…piano piano, insomma, grazie
all’incidente emerge la parte migliore di ciascuno (“SONO CONTENTA CHE L’AEREO
SIA PRECIPITATO!” dice Martha al marito Henry, che è d’accordo: “GIA’! CI SIAMO
RISCOPERTI!”), o quasi: sì, perché convivenza forzata e avversità possono
riportare a galla anche le meschinità e le miserie delle persone, come avviene
nel caso del già citato Crimp, avido e insensibile, e dell’arrogante e vile
Ellis, la cui mediocrità lo porterà a perdere l’amore di Alice e lo spingerà a
tentare di corrompere Vasquez per assicurarsi un posto sull’aereo…la negatività
dei due presunti buoni, contrapposta all’eroismo dell’unico cattivo dichiarato,
contribuisce in maniera intelligente ed efficace a ribaltare il logico giudizio
morale che lo spettatore può aver formulato sui personaggi all’inizio del film.
Ed è proprio Vasquez, interpretato da Joseph Calleia, il vero protagonista
della storia, il personaggio più profondo ed affascinante, una figura
contraddittoria che riesce a mettere in crisi le certezze degli altri (e anche
le nostre) e ad elevarsi al di sopra di tutti, in virtù di una forza morale che
lo riscatta ancor più e ancor prima del sacrificio di sé, una forza che lui
stesso, per eccesso di modestia ed onestà, sminuisce, affermando di non avere
comunque alternative: o morire sulla forca o affrontare gli indigeni…ma un
altro, al posto suo, avrebbe potuto provare a giocarsela diversamente, no?
Vasquez ha evidentemente deciso di saldare il conto con la vita e di regalare
il futuro ai cinque che se lo meritano di più e che quindi, da un punto di
vista ancora una volta puramente morale, hanno davanti a sé le prospettive migliori.
Acute ed interessanti, inoltre, le riflessioni sulla felicità e sulla vita
ideale che formula dialogando col vecchio professore, forse il primo ad
intuirne lo spessore umano: evidente l’intesa immediata e la stima reciproca
tra i due, suggellata dall’ultimo, drammatico favore che Vasquez non rifiuterà
ad Henry...
Una curiosità, per chiudere: nel 1956 lo stesso John
Farrow ha diretto il remake del film, dal titolo “RITORNO DALL’ETERNITA’ ”.
Francesco Vignaroli
Avviso ai naviganti: vi ricordo che
potete recuperare le recensioni già pubblicate nella rubrica, cliccando sopra
l’icona a forma di ciak (ovviamente) nella home page del sito.
Nessun commento:
Posta un commento