Roma, Teatro
Cometa off. Fino al 30 marzo 2014
Un viaggio in treno, di notte, alla
ricerca di se stessi. Un uomo, un attore che, smarrito il “centro della
circonferenza”, perduto il capo nelle parole e nei personaggi pirandelliani, tenta
con disperante capacità affabulatoria di coinvolgere nei suoi discorsi di vita
i compagni di vagone. Se ci riuscirà non ci è dato saperlo. Il viaggio come
metafora, come pretesto per dissertare, appunto pirandellianamente, sul senso
della vita. Ha un senso, ha una logica, ha una verità? O è tutta una nostra
costruzione, sovrastruttura codarda che crolla di fronte alla sofferenza, unica
realtà capace, forse, di distoglierci dal vuoto dell’intelligenza? Di stazione
in stazione, si passa in rassegna davvero non la vita di un uomo solo, ma
dell’intera umanità. La solitudine vera, non essere capiti in ciò che tentiamo
di condividere di noi stessi; il destino o piuttosto gli artifizi della nostra
mente; la coscienza in cui così poco viviamo, presi da mille altre faccende
vacillanti…coscienze formate sul nulla. Vissuti, noi tutti, da casi che non
possiamo dominare. La morte, imponderabile, l’estrema precarietà e fragilità
umana. Mentre tutto concorre a volerci spensierati. La felicità, cadùco
istante.
Non ci è dato sapere se i compagni di
viaggio nel vagone abbiano ascoltato. Quel che è certo è che Gino La Monica , nel suo
straordinario monologo ammirato ieri sera, ci ha accompagnati con garbo in una
stazione scomparsa dalle nostre carte di viaggio: Pensiero è il suo nome.
Dando corpo e voce (e che voce) al
difficilissimo, quanto affascinante testo scritto da Emanuela Giovannini, in
un’ora turbinosa di parole e concetti in cui solo a tratti si riesce a
distinguere il Pirandello originale da un “pirandellismo” altrettanto efficace,
fa salire gli spettatori su quel treno immaginario che corre verso riflessioni
profonde a cui non si è più abituati, almeno in teatro. La menzogna come stile
di vita…è la constatazione e, se vogliamo, l’ammonimento che ancora oggi (forse
oggi più che mai) l’introspezione pirandelliana ci mette davanti agli occhi.
Del resto, “non si dà mai il caso di
dirla la verità, come quando la s’inventa”.
Il testo consente a un grande attore come La Monica una prova maiuscola,
da ricordare, arricchita da espressioni e registri cangianti, con classe
sopraffina, dall’umoristico al drammatico, al prosaico. Paradossalmente,
l’aspetto più surreale di Pirandello a cui fa riferimento l’autrice, ispirato
dalla bellissima novella “Di sera, un
geranio” e che pervade buona parte del monologo, è quello che ci invita a
considerare la realtà della vita, di cui sappiamo ben poco e ad accettarne il
sottile equilibrio, la fragilità estrema.
Come paradossale è il fatto che per
poter restituire al teatro il ruolo culturale di cui dovrebbe essere perno e
che in Italia non è, bisogna andare in un teatro “off”. Ma questo è un altro
discorso.
Eloquente è il saluto del personaggio
interpretato da La Monica :
“Io scendo alla prossima. Spero di non
avervi tediati troppo con tutti i miei discorsi. E’ la vita, sapete che, a una
certa età, comincia a traboccare da chi la vive e vuole essere detta, narrata,
vuole che la si lasci andare. Buon proseguimento, cari signori. Ricordatevi di
me, se volete”.
Se vogliamo, almeno una sera, magari
in un piccolo teatro “off”, rendendo il giusto tributo ad un’autrice coraggiosa
(di questi tempi) e ad un attore che ci riconcilia con l’arte del recitare.
Chapeau.
Paolo
Leone
La notte più lunga, di Emanuela Giovannini
Roma, Teatro Cometa off. Fino al 30 marzo
Con: Gino La
Monica
Regia: Emanuela Giovannini; Musiche: Antonio Di Pofi;
Scena: Fiammetta Mandich; Luci: Giovanna Bellini; Aiuto regia: Roberto Saura.
Ufficio stampa: Claudia Ragno.
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