Teatro avazzeni,
Seriate (BG). Lunedì 24 febbraio 2014, tre repliche
Teatro Linguaggi
ceativi, Milano. Sabato 1 MARZO 2014, due repliche
Foto Ophelia Queen |
In
uno spazio scuro e denso come una notte punteggiata non di stelle ma di lucine
rosse, ricordo delle più sordide case di tolleranza, davanti agli spettatori la
cui identità è nascosta da maschere, otto giovani attori, tutti molto bravi,
sotto la direzione di Simone Nardini, diplomatosi scenografo all’Accademia di
Belle Arti di Brera, inscenano un cabaret surreale, sensuale, futurista,
espressionista, per raccontarci uno stralcio della vita poetica e personale di
Federico Garcia Lorca.
Nel
1929, con una borsa di studio per la Columbia University, il poeta e
drammaturgo spagnolo si trasferisce a New York e l’anno seguente a Cuba. Due
mondi tanto diversi e lontani che il poeta ha raccontato nei versi di “Poeta in
Nueva York” e “Il Publico”, versi crudi, diretti, dove il sangue scorre a
fiumi, “le albe di New York sono ingannevoli” e “gli amori impossibili”, “sotto
la diversità c’è una goccia di sangue di marinaio”, parole che con forza e
passione raccontano non quello che succede ma quello che “ci” succede.
Nel
prologo, il cerimoniere, Giovanni Rho, una specie di domatore di uomini,
cantando un brano tratto da “Cabaret” di Bob Fosse, introduce le “ragazze”
dell’Alhambra, un locale di Cuba per soli uomini che Lorca era solito frequentare, mischiandosi con l’anima nera di
un mondo sotterraneo.
Le
“ragazze” sono gli attori, in underwear, che danzano senza troppo
entusiasmo, per il piacere degli spettatori. Ricordano quando i nazisti si
facevano gioco degli ebrei, degli omosessuali, e li denudavano davanti ai
gerarchi per farli divertire, privandoli di ogni dignità, come nel quinto
quadro succede ai negri messi al rogo dal KKK o al Cristo inchiodato alla croce
per ricevere sputi e vilipendio.
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La
regia di Nardini, poetica e irruenta, provocatrice e sensuale, esattamente come
i versi di Lorca, ci coinvolge in un gioco elegante di luci, d’immagini, di
filmati che sono proiettati sui corpi nudi degli attori, come fossero uno schermo
vivente e doloroso delle vicende umane.
La
nudità non è mai volgare ma semplice e diretta, non per compiacersi né per
compiacere, basta una maschera posata su un membro per evocare e provocare, con
eleganza, “gli scarafaggi e le farfalle” che sono dentro di ognuno.
In
questo cabaret non si ride, sono troppo importanti i temi evocati, dal potere
dei pochi sui molti, al razzismo, alle diversità sociali ed economiche, alle
pulsioni sessuali, alla libertà. Assistiamo in silenzio al nostro dramma di esseri
umani, ci guardiamo allo specchio e capiamo che quella nudità è la nostra,
eppure continuiamo a nasconderci dietro a maschere rassicuranti. Come per
esempio questa: “ La performance, per un pubblico maggiorenne, contiene scene di nudo
integrale”
Bella
la scena in cui Lorca interpretato da Fabio Tameni si siede sulle ginocchia di
Salvador, l'attore Alberto Baraghini,
nel buio dell’Alhambra, o quando esce
dalle quinte con la testa infilata in un grande libro per dirci che è venuto
“per costruire, con la poesia”. E come
dimenticare i corpi nudi che rotolano in un’orgia di allegre strisce
colorate, o Guernica proiettata sulla
pelle degli attori che avanzano incontro alla loro morte?
Lorca
, nel 1936, mentre infuriava la Guerra civile spagnola, venne
fucilato dai fascisti e gettato in una tomba senza nome, accusato di
essere un sovversivo e un per-verso.
Ci
sono piccoli grandi spettacoli che per vivere e lasciare le loro tracce non
hanno bisogno di teatri pomposi, di spazi altolocati e di gerarchi che paghino
e approvino…
LORCAbaret
di Simone Nardini, è uno di questi.
Daria D.
LORCAbaret sei quadri
e un assassinio, regia di Simone Nardini
Liberamente ispirato
a “Poeta in Nueva York” e “Il Publico” di Federico Garcia Lorca
Prodotto dalla
Fabbrica dello Spettacolo
Con:
FEDERICO GARCIA
LORCA: Fabio Tameni
IL PRESENTATORE LA
MORTE: Giovanni Rho
SALVADOR: Alberto
Baraghini
RAFAEL: Daniele
Pennati
JOHN: Gabriele Milia
FELIPE: Rocco
Dell’Arena
CAMPBELL: Matteo
Minerva
HART: Francesco Maria
Conti
Coreografie di Luca
Laconi
Scene e costumi di
Simone Nardini
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