Teatro Sociale, Trento. Dal 3 al 6 aprile 2014
John Gabriel Borkman di Pietro Maccarinelli, opera
scritta da Ibsen nel 1896, riesce a cogliere in pieno il tema dell’ossessione
per la ricchezza e per il potere, ponendo lo spettatore di fronte ad un dramma
crudelmente contemporaneo.
La storia è quella di John Gabriel Borkman (interpretato
da Massimo Popolizio), un uomo ossessionato dal denaro e dall’oro, che sentiva
“cantare” quando da bambino scendeva in miniera con il padre; un uomo che
rinuncia ai sentimenti e al vero amore per Ella Rentheim (Manuela Mandracchia)
per inseguire il sogno di diventare banchiere, sposando invece la gemella di
Ella, Gunhild (Lucrezia Lante Della Rovere), una donna apparentemente più dura
e molto diversa da lei.
Uno dei possibili livelli di lettura del dramma è quello
gotico: come Ibsen stesso definì la sua opera, si tratta di un “dramma di
morti”. I personaggi sembrano muoversi sul palco come dei fantasmi inquieti e
le due protagoniste ricordano due valchirie che lottano spietatamente per lo
stesso uomo. Dall’altra parte troviamo invece la gioventù che cerca di
realizzarsi e di trovare un senso alla propria vita, ma che paradossalmente
risulta essere priva di speranze. Frida, ad esempio, suona il pianoforte non
per passione, ma per guadagno; Erhart, il figlio di Borkman, è oppresso dalla
madre Gunhild, balbetta, è insicuro di sé e non riesce mai a prendere una
decisione, come nella scena in cui non sa se rimanere a casa con la zia o se
andarsene con la signora Wilton.
La versione proposta da Maccarinelli è fortemente
contemporanea. La scenografia è infatti molto essenziale, costituita da uno
sfondo nero, due grandi lampadari sul soffitto e alcune sedie sul palco. Nella
seconda scena viene aggiunto anche un pianoforte, mentre nell’ultima scena
(l’unica ambientata all’aria aperta) lo sfondo rappresenta un paesaggio freddo
e desolante, con degli alberi spogli e un muro in primo piano. Lo spettacolo è
costituito da un unico atto, una forte differenza rispetto al testo originale
che è invece costituito da quattro atti. La scelta del regista è del tutto
comprensibile. La recitazione degli attori è infatti molto diretta, quasi priva
di pause e rispecchia molto bene la condizione dei personaggi. Spezzare lo
spettacolo in due atti avrebbe quindi influenzato negativamente sul ritmo incalzante
dei dialoghi. A mio avviso un limite di questo spettacolo è proprio la scelta
di una drammaturgia fondata sulle relazioni tra i personaggi e di conseguenza
il prevalere della parola sull’azione. Le scene infatti, risultano troppo
prolisse, rendendo difficile l’attenzione del pubblico.
Ci sono comunque degli elementi che meritano attenzione.
La scena di apertura, in cui le sorelle Rentheim espongono in un dialogo la
situazione, è stata abilmente riadattata, una forte differenza rispetto
all’originale ibseniano che contiene molte battute in più.
Massimo Popolizio riesce ad interpretare Borkman con
abilità: la sua voce molto potente e la sua forza espressiva, unite ad una
gestualità quasi nevrotica, permettono all’attore di mostrare questo
personaggio come un uomo fallito non solo da un punto di vista economico, ma
soprattutto nell’animo e nei sentimenti. Molto intensa è a questo proposito, la
scena tra Borkman ed Ella, in cui la donna gli rinfaccia di essersi “giocati
un’intera vita”. La recitazione intensa e appassionata di Manuela Mandracchia
fa intendere come ancora la donna provi dei sentimenti per l’uomo che l’ha resa
vittima della sua stessa ossessione.
Il destino di Borkman non è positivo. Egli muore tra le
braccia di Ella, immerso nella natura di un paesaggio glaciale, simbolo del
gelo che aveva pervaso la sua anima durante la sua esistenza.
Sara Bellebuono
Compagnia Artisti Riuniti - Teatro Eliseo
JOHN GABRIEL BORKMAN
di Henrik Ibsen traduzione Claudio Magris
con Massimo Popolizio
adattamento e regia Piero Maccarinelli
con Lucrezia Lante della Rovere, Manuela Mandracchia e Mauro Avogadro
e con Alex Cendron, Ilaria Genatiempo, Camilla Diana
scene da un’idea di Carlo De Marino costumi Gianluca Sbicca
luci Umile Vainieri musiche Antonio Di Pofi
Un classico del teatro di fine Ottocento riletto, diretto e interpretato in
maniera fortemente contemporanea, per comunicare le geniali parole di Ibsen in
un’ambientazione volutamente essenziale e storicamente più vicina a noi. Anche
perché la storia di J. G. Borkman, brillante banchiere incorso in un
fallimento, sembra scritta oggi. Alle vicende finanziarie, si intrecciano
quelle familiari in un’analisi lucida, filosofica e poetica, ma anche feroce e
tragicomica del destino che fa di ognuno un prevaricatore, un umiliato e
offeso, che trasforma ogni affermazione vitale in un gesto di violenza. Un
testo straordinario che consente a un eccellente gruppo di attori di suonare
tutte le corde dell’animo.
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