Teatro Carcano, Milano. Giovedì 3 aprile 2014
Un corridoio con tre scompartimenti scorrevoli, a effetto
matrioska, come per simulare uno spiaggio, un voler controllare tutto: è così
che il protagonista Arpagone vuole apparire in questo spettacolo ancora più che
nel testo di Moliere. Un uomo avaro sì, ma avvolto da un’aurea negativa di
superficialità materiale, di cinismo, di legame con un unico affetto “il
denaro”, che aggrava la sua immagine agli occhi del pubblico. Le sue sembianze
di 60enne provato dalla vita o forse dalla sua cupidigia per i soldi, capelli
bianchi arruffati e lunghi, aspetto trasandato di un clochard abbandonato dal
mondo sono una trasposizione estetica esteriore di ciò che è interiore, una
corrosione interna data dalla bramosia del gretto materialismo. Il protagonista
infatti non ha cuore né affetto nemmeno per i suoi figli, assoggettati al suo
volere, e anzi li umilia, costringendo il figlio Cleante (Michelangelo Dalisi)
a volersi indebitare per poter sposare Mariana (Antonella Romano), la bella
vicina di cui si è innamorato e che invece il padre stesso vuol prendere in
moglie, e costringendo la figlia Elisa (Monica Piseddu) a sposare un uomo
vecchio e che lei non ama.
I figli hanno, però, un’anima e dei progetti per il loro futuro, e i personaggi che li interpretano riescono in modo incisivo e passivo allo stesso tempo a rappresentare ciò che sono realmente Cleante ed Elisa, che non riescono a vedere la luce e a imporsi, ma vengono schiacciati dalla pesante ombra del padre padrone. Saranno infatti una serie di coincidenze e fortune ad aiutare i due ad ottenere ciò che hanno sempre voluto: Cleante potrà sposare l’amata Mariana, che si scopre essere figlia del ricco signor Anselmo e sorella di Valerio (Luciano Saltarelli) che potrà invece convolare a nozze con la tanto desiderata Elisa.
I figli hanno, però, un’anima e dei progetti per il loro futuro, e i personaggi che li interpretano riescono in modo incisivo e passivo allo stesso tempo a rappresentare ciò che sono realmente Cleante ed Elisa, che non riescono a vedere la luce e a imporsi, ma vengono schiacciati dalla pesante ombra del padre padrone. Saranno infatti una serie di coincidenze e fortune ad aiutare i due ad ottenere ciò che hanno sempre voluto: Cleante potrà sposare l’amata Mariana, che si scopre essere figlia del ricco signor Anselmo e sorella di Valerio (Luciano Saltarelli) che potrà invece convolare a nozze con la tanto desiderata Elisa.
Una bravissima Sabrina Scuccimarra nei panni di Frosina,
la faccendiera che per cercare di raccimolare qualche soldo per un processo che
la vede coinvolta, farà da tramite tra Mariana e l’Avaro, per il loro
matrimonio che non verrà mai celebrato, grazie al segreto svelato della
paternità del signor Anselmo. Frosina “condirà con molto pepe” inoltre le scene
in cui è coinvolta, facendo ridere di gusto tutta la platea, che l’ascolta e la
osserva quasi mangiandola con gli occhi, per il suo stile e la sua bravura.
Anche Salvatore Caruso nel ruolo di Saetta - Fildavena - Signor Anselmo lascia
il segno sul palcoscenico, spiccando per la sua capacità interpretativa in
ruoli completamente diversi così come Giuseppina Cervizzi nei ruoli di Mastro
Simone - Baccalà – Commissario, simpatica, imbranata e a tratti molto circense.
At last but nota t least Mastro Giacomo interpretato con estremo realismo da
Rosario Giglio, finisce per essere l’ennesima vittima dell’Avaro, che si serve
di lui anche nella scena di chiusura usandolo come capro espiatorio per non
pagare il Commissario che si è occupato del caso della sua cassetta rubata da
Saetta il servitore di Cleante, custodia del suo amato denaro.
Un finale che tende a sottolineare ancora quanto Arpagone
sia affetto dalla grave malattia che solo i soldi sanno dare e che allontana
tutti gli affetti: un protagonista a terra abbracciato alla cassetta dei soldi
finalmente ritrovata, patetico nella sua goffa caricatura, al buio, solo,
mentre alle spalle ben lontani e con sguardo serio tutti gli attori dello
spettacolo semi-illuminati da una luce colorata.
Portando in scesa il classico moleriano, Artuto Cirillo
protagonista Arpagone e regista stesso dello spettacolo stila una
ridicolizzazione di chi è affetto dal “morbo del soldo”, attraverso uno
spettacolo divertente e che porta alla riflessione, che merita di essere visto
proprio per il suo tocco noir e per i suoi personaggi così coinvolgenti e
incisivi.
Flavia Severin
regia:
Arturo Cirillo
interpreti principali:
Arturo Cirillo (Arpagone)
con
Michelangelo Dalisi (Cleante)
Monica Piseddu (Elisa)
Luciano Saltarelli (Valerio)
Antonella Romano (Mariana)
Salvatore Caruso (Anselmo - Saetta - Fildavena)
Sabrina Scuccimarra (Frosina)
Giuseppina Cervizzi (Mastro Simone - Baccalà - Commissario)
Rosario Giglio (Mastro Giacomo)
traduzione di Cesare Garboli
scene di Dario Gessati
costumi di Gianluca Falaschi
disegno luci di Badar Farok
musiche di Francesco De Melis
Produzione Teatro Stabile di Napoli - Teatro Stabile delle Marche
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