Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Pietro per
conoscere in particolar modo il rapporto del film con il territorio veneto, ma
anche per scoprire qualcosa in più sulla sua genesi e sulla decisione di realizzare
una commedia anziché un dramma. La speranza dei produttori (CSC Production, Rai
Cinema e Regione Veneto) è di poter presentare Leoni al prossimo Festival del
cinema di Venezia, in programma a fine Agosto.
Pietro, la storia di Leoni racconta di un bamboccione
(interpretato da Neri Marcorè) che la madre (Piera degli Esposti) decide di non
mantenere più ed è costretto a darsi da fare, incappando in personaggi poco
raccomandabili (Stefano Pesce, il cognato, e Antonio Pennarella). La vicenda
avrebbe potuto svolgersi in un’altra regione?
Alcune
delle tematiche che attraversano la storia sono universali, ma l’aderenza al
territorio è totale per quanto riguarda la linea narrativa del protagonista.
Molte delle situazioni che racconto sono prese da fatti di cronaca, dunque mi è
sembrato giusto inserirle nel loro contesto di appartenenza. D’altro canto
spero che il film possa risultare gradevole agli spettatori di tutta Italia e a
tutte le categorie di pubblico: essendo un film corale vengono raccontate, con
sguardo leggero ma d’indagine, le storie di generazioni diverse.
Da diversi anni lavori come sceneggiatore per serie
televisive. La sceneggiatura di Leoni era già pronta nel cassetto o è nata con
il bando della regione?
Leoni
è nato col bando, ma l’idea di fondo c’era già. Mi piaceva pensare di scrivere
una sceneggiatura per un film corale che parlasse della crisi degli
imprenditori attorno ai cinquant’anni e che raccontasse il territorio del
Veneto da un punto di vista interno. Ho impiegato poco tempo per scriverla, ma
poi l’ho rimaneggiata per mesi, cercando di darle maggiore freschezza e
velocità. Da questo punto di vista è stato molto utile il lavoro con gli editor
ed il loro sguardo, questa volta, esterno, che permette di capire se il film è
scorrevole e
se
il messaggio che si vuole comunicare riesce a filtrare.
Dopo diversi anni di silenzio, si è tornati a mostrare il
Veneto (con film quali Cose dell’altro mondo, Io sono Li, Piccola Patria)
proprio in concomitanza della crisi economica. Solo un caso?
No,
non è solo un caso, perché quando si ha a che fare con una regione che
storicamente è legata ad un alto tasso di produttività, un brusco calo
economico e valoriale apre a scenari impensabili. In particolare è interessante
guardare alla realtà veneta per la sua tendenza a trovare sempre una soluzione
ai problemi. Sono proprio il modo in cui si affrontano le sfide, le strategie
che vengono messe in atto per risollevarsi che hanno trasformato il Veneto in
un soggetto stimolante da raccontare.
Carlo Mazzacurati, grande regista padovano, ci ha
lasciato il suo ultimo pensiero sul Veneto con una commedia, La sedia della
felicità. Lo stesso genere che tu hai scelto per iniziare la tua carriera.
Perché questa decisione? E quali le difficoltà rispetto ad un film drammatico?
Mi
piacciono in particolare quelle che si definiscono commedie “sofisticate” e
“corali”. Credo che suscitare nello spettatore un sorriso amaro lo spinga un
po’ più in là nella riflessione. Oggi a livello autoriale la commedia è
sottovalutata, ma è un modo di raccontare che permette di mostrare la realtà
sotto una luce diversa, mettendo in evidenza aspetti che rischiano altrimenti
di passare inosservati. Per quanto riguarda le difficoltà, nella commedia,
ancora più che nel genere serio, bisogna prestare attenzione ai tempi delle
battute ad al ritmo della storia.
Hai affermato di avere come modello Pietro Germi. La
Treviso di Signore & signori e quella di Leoni hanno ancora qualcosa in
comune?
Declinato
in maniera differente anche per il nuovo tipo di comunicazione, ma io credo che
nella Treviso attuale ci sia ancora tutto quello che c’era cinquant’anni fa in
Signore & signori. I personaggi di Germi incarnano lo stereotipo più
positivo del Veneto, che li rende graffianti, grintosi, quasi d’azione e in fondo
Piazza dei Signori è tutt’ora un salotto a cielo aperto dove le voci corrono.
Germi è ineguagliabile, ma mi farebbe piacere se allo spettatore di Leoni
arrivassero gli echi del suo modo di fare commedia.
Ora che hai maturato esperienza sia nel campo della
sceneggiatura che della regia, quale delle due strade hai maggiormente voglia
di seguire?
Sceneggiatura
e regia sono due mondi a contatto, ma anche profondamente diversi, sia per le
competenze che richiedono, sia per il tipo di soddisfazioni che offrono. Credo
che la cosa migliore che potrebbe capitarmi sia di riuscire a seguire entrambe
le strade.
Curata da Giovanni Rubin
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