Teatro Angelo Musco di Catania dal 3
all’8 maggio 2014
Se nummari:
Foto Antonio Parrinello |
Commovente e forte, voglio usare solo questi
due aggettivi, tra i tanti che mi scorrono nella mente, per descrivere lo
spettacolo Se' nùmmari (Sei numeri) di Salvatore Rizzo, in scena al Teatro Angelo
Musco di Catania dal 3 all’8 maggio 2014. A firmare la regia, la scenografia e
i costumi dell’atto unico, nuova produzione
del Teatro Stabile di Catania, è Vincenzo Pirrotta, il quale racconta
con lo stile registico che lo contraddistingue, la storia di Orazio e Anna, rispettivamente
interpretati da Filippo Luna e da Valeria Contadino, e del loro matrimonio che
giorno dopo giorno si sgretola sotto il peso della difficoltà di crescere un
figlio affetto da tetraplegia spastica.
Dal momento in cui viene diagnosticata la malattia, tra Orazio e Anna si crea una distanza incolmabile, scandita dagli sguardi degli altri, dalle visite mediche e dai riti quotidiani per accudire una pietà di marmo, inesistente sulla scena, che vive inferma in un letto. Avere azzeccato i sei numeri al Superenalotto sembra la chiave di svolta per una vita migliore, ma quest’apparente felicità li porterà ben presto a perdere il lume della ragione.
Lo spettacolo inizia con due fantasmi, due sagome che si aggirano tra lunghe strisce di tulle bianco poste a mo’ di tende, e che ripetono in maniera spasmodica e convulsa i numeri della vittoria. L’eccitazione all’idea di essere finalmente liberi dai problemi di una vita di stenti e povertà lascerà ben presto posto alla consapevolezza che un fardello pesante li lega a quel limbo terrestre nel quale vivono, spingendoli a compiere il più efferato dei crimini.
Dal momento in cui viene diagnosticata la malattia, tra Orazio e Anna si crea una distanza incolmabile, scandita dagli sguardi degli altri, dalle visite mediche e dai riti quotidiani per accudire una pietà di marmo, inesistente sulla scena, che vive inferma in un letto. Avere azzeccato i sei numeri al Superenalotto sembra la chiave di svolta per una vita migliore, ma quest’apparente felicità li porterà ben presto a perdere il lume della ragione.
Lo spettacolo inizia con due fantasmi, due sagome che si aggirano tra lunghe strisce di tulle bianco poste a mo’ di tende, e che ripetono in maniera spasmodica e convulsa i numeri della vittoria. L’eccitazione all’idea di essere finalmente liberi dai problemi di una vita di stenti e povertà lascerà ben presto posto alla consapevolezza che un fardello pesante li lega a quel limbo terrestre nel quale vivono, spingendoli a compiere il più efferato dei crimini.
I brevi momenti di
dialogo tra Anna e Orazio si alternano a lunghi monologhi, attraverso i quali,
ognuno racconta il dramma da una visuale soggettiva: quella del padre e quella
della madre. Orazio non riesce più a fare l’amore con sua moglie, che in
qualche modo lo reputa colpevole, chissà poi di cosa, forse della malattie del
figlio che lui vorrebbe almeno con il pensiero allontanare da loro o
sostituirlo con una nuova vita, sana, perché se in una famiglia c’è solo un
figlio questo catalizza tutte le apprensioni dei genitori su di sé.
Foto Antonio Parrinello |
Anna sa bene quanto
la figura del padre sia importante ma è pur consapevole di quel coraggio che
contraddistingue le madri. La madre è colei che genera un figlio, che con lui
crea sin da subito un rapporto simbiotico, e si sente straziare il cuore quando
l’unica cosa alla quale ambisce, da ben diciotto anni, è sentire pronunciare
dalle sue labbra la parola mamma, una
parola che probabilmente non avrà mai modo di sentire. Alla fine una vena di
umanità ritrovata traspare dalla voce dei due protagonisti, i quali abbandonata
la ferocia animalesca (“Du cani semu, un
cani iu una cana tu”), cercano di ritrovarsi.
L’interpretazione di Valeria Contadino è viscerale e lancinante, sebbene la complessità del personaggio, riesce con grande abilità a raccontare la vita martoriata di Anna , tanto che a conclusione dello spettacolo avvertiamo ancora forte la commozione sul suo viso.
L’interpretazione di Valeria Contadino è viscerale e lancinante, sebbene la complessità del personaggio, riesce con grande abilità a raccontare la vita martoriata di Anna , tanto che a conclusione dello spettacolo avvertiamo ancora forte la commozione sul suo viso.
Ottimo contraltare
a Filippo Luna la cui bravura tocca alti livelli recitativi. Nel vestire i
panni di quest’uomo sventurato, Luna affila sempre di più, in una escalation, il dolore che cova in petto
nei confronti di quella vita che si è accanita con forza bruta contro di loro,
respingendoli lontano dalla felicità anche quando le cose sembrano voler cambiare
a tutti i costi .
La regia di
Vincenzo Pirrotta ha uno stile facilmente ravvisabile, con tutta la potenza che
è tipica del cuntu dialettale,
sottolineata dalla ripetizione delle parole, dalla loro dilatazione, e da una
enfatica gestualità. La simbologia è ricorrente, come quando appare sul
palcoscenico un macabro albero della cuccagna o una radio dalla quale si odono versi
quasi inumani. Il testo, rigorosamente in dialetto risente dell’inflessione
palermitana, ma si può facilmente universalizzare, non c’è infatti un luogo
specifico a cui rimanda l’ambientazione. Un plauso speciale va alle musiche firmate
da Giacomo Cuticchio, il quale ha saputo concepire con grande maestria i brani le
cui peculiarità principali sono di saper sottolineare il pathos della pièce, emozionandoci ad ogni nota.
Uno spettacolo catartico
che affronta con cuore e sentimento, sebbene a tinte forti, il dolore di coloro
che vivono situazioni di disagio, e
mai come in questo caso ci dimostra che il teatro non è solo evasione ma anche l’arte
attraverso la quale riflettere sulla vita.
Laura Cavallaro
Se' nùmmari (Sei numeri)
novità assoluta
di Salvatore Rizzo
regia, scene e costumi Vincenzo Pirrotta
musiche Giacomo Cuticchio
luci Franco Buzzanca
con Filippo Luna, Valeria Contadino
produzione Teatro Stabile di Catania
Catania, Teatro Musco, dal 3 all'8 maggio 2014
Nessun commento:
Posta un commento