LA
ROSA PURPUREA DEL CAIRO USA
1985 80’
COLORE E B/N
(The
purple rose of Cairo)
REGIA:
WOODY ALLEN
INTERPRETI:
MIA FARROW, JEFF DANIELS, DANNY AIELLO
EDIZIONE
DVD: SI’, Distribuito da 20TH CENTURY FOX HOME ENTERTAINMENT
“ LA
GENTE VERA VUOL VIVERE NELLA FANTASIA E QUELLA INVENTATA VUOL VIVERE NELLA
REALTA’! ”
New
Jersey, Stati Uniti, anni ’30, in piena Depressione: Cecilia (Farrow),
maldestra ex-cameriera e sposa infelice di un perdigiorno fedifrago e manesco
(Aiello), trascorre il proprio tempo libero al cinema, dove va a vedere
ossessivamente sempre lo stesso film, “LA ROSA PURPUREA DEL CAIRO”, fino ad
innamorarsi di uno dei personaggi, l’avventuriero Tom Baxter (Daniels), il
quale ricambia inaspettatamente i sentimenti della donna al punto tale da
decidere, durante l’ennesima proiezione, di uscire dallo schermo e farsi reale
per vivere un’impossibile (?) storia d’amore con l’amata. Scoppia un bel
casotto: gli altri personaggi del film rimangono bloccati in attesa del ritorno
del fuggiasco, mettendosi pure a battibeccare con gli infuriati spettatori
della sala che reclamano il rimborso del biglietto; per evitare uno scandalo, i
vertici della RKO, la casa di produzione (che esiste davvero) del film,
decidono di ritirare la pellicola da tutte le sale - dove anche gli altri “Tom”
stanno cominciando a dare qualche problemino...- e spediscono l’attore in carne
ed ossa Gil Shepherd (sempre Daniels) alla ricerca del suo personaggio, nella
speranza di riuscire a convincerlo a rientrare nel film; ma Gil, preoccupato di
tutelare la propria carriera in fase di decollo, non esita a sfruttare Cecilia
per i suoi scopi e la irretisce costruendole attorno una favola hollywoodiana
tanto reale quanto è reale Tom, che nel frattempo è tornato nello schermo
portandosi dietro la dolce spasimante…
Il
secondo dei suoi film in cui Woody si dedica alla regia rinunciando alla
recitazione è un appassionato e divertente elogio del cinema (e di tutta
l’arte) come provvidenziale mezzo di fuga - sia pure temporanea - dalla dura
realtà, rigenerante valvola di sfogo, orizzonte di speranza, apertura al
possibile, appagante cibo per la mente e per i sensi, oppio (buono) dei popoli;
il discorso, condotto con la consueta intelligenza alleniana e con il suo
tipico umorismo gustoso e scoppiettante (non mancano certo situazioni spassose,
come la visita di Tom al bordello, la parodia del maccartismo ossessionato dai
“rossi” e i dialoghi paradossali tra i personaggi dello schermo e le persone in
sala) , per una volta si fa meno cerebrale e logorroico a vantaggio di una
trasparenza e di un’immediatezza che rendono la storia agile e leggera come non
mai. Nella squallida vita di Cecilia, giovane donna frustrata e insoddisfatta,
la capacità affabulatrice della settima arte (ma, lo ripeto, dell’arte in
generale) assume una funzione quasi salvifica, catartica: se è vero che andando
al cinema, ascoltando un disco, leggendo un libro, osservando un quadro ad una
mostra, ecc… non si risolvono i problemi concreti, non si vede come e perché
tali occupazioni possano peggiorarli. Al contrario, una mente provata dagli
affanni quotidiani ha fisiologicamente
bisogno di concedersi delle pause in cui “mandare in panchina” razionalità e
pragmatismo, lasciandole – momentaneamente - in sospeso, per affidarsi alle
premurose cure di fantasia e immaginazione, fermo restando, come anche la
protagonista capisce, un inevitabile ma anche doloroso ritorno alla realtà,
alla quale non si può sfuggire: “NEL VOSTRO MONDO LE COSE SONO FATTE IN MODO
CHE VANNO SEMPRE A FINIR BENE, MA IO SONO UNA PERSONA REALE E, PER QUANTO FORTE
PUO’ ESSERE LA TENTAZIONE, DEVO SCEGLIERE IL MONDO REALE…”, spiega Cecilia ad
un disperato Tom, per giustificare la sua decisione di seguire Gil: anche se
imperfetto, inaffidabile e incoerente come tutti gli esseri umani veri (e come
la realtà), è Gil che fa parte della vita vera…o almeno, così sembra, poiché il
suo amore non tarderà a rivelarsi altrettanto chimerico quanto quello di Tom:
anche Gil, del resto, pur essendo una persona reale, fa parte della “fabbrica
dei sogni”…il sogno d’amore, e di una vita migliore, è durato poco, e una volta
spenti i riflettori di Hollywood si ritorna alla vecchia esistenza, ma è stato
comunque bello crederci e ritrovare fiducia e speranza nella vita stessa; e,
per consolarsi, non c’è niente di meglio che…tornare al cinema! In
programmazione c’è giusto un’altra meravigliosa storia d’amore in cui Cecilia
può immergere di nuovo i suoi occhi sognanti: “CAPPELLO A CILINDRO”. Con
quest’ultimo tocco di classe Allen rende un affettuoso omaggio al cinema delle
origini che, pur diverso nei colori, nelle atmosfere, nella recitazione ed in
altri dettagli tecnici rispetto a quello attuale, ne esprime lo stesso spirito,
che è poi l’essenza del cinema stesso: la capacità di raccontare storie che da
più di 100 anni vengono ascoltate e credute da milioni di persone,
testimoniando come la magia della settima arte sia immune ai cambiamenti
antropologici e di costume che caratterizzano l’umanità e quindi immortale.
Francesco Vignaroli
Nessun commento:
Posta un commento