Nell’intervista che
qualche settimana fa ci ha gentilmente rilasciato Pietro Parolin, regista e
sceneggiatore di Leoni, pellicola che
sarà nelle sale fra qualche mese, si faceva menzione al film di Pietro Germi Signore & Signori.
Entrambe le opere
sono state infatti girate a Treviso ed una domanda rivolta a Parolin riguardava
proprio le analogie e le differenze tra la città di allora e quella dei giorni
nostri.
Prendendo spunto dalle
parole del regista rosatese, abbiamo deciso di analizzare l’opera del 1965 per
meglio realizzare il confronto con Leoni.
Signore
& Signori deve la sua ambientazione nella città della
Marca alla collaborazione dello sceneggiatore Luciano Vincenzoni, nato proprio
a Treviso e, dunque, ben consapevole dei vizi e delle virtù degli abitanti
della provincia veneta.
È importante
sottolineare come il film sappia combinare gli aspetti della farsa, della commedia
agrodolce e dell’ipocrisia borghese con una vitalità ed un senso di dignità
che, alla fine, riabilita tutti i personaggi. In altre parole il rischio di far
apparire i personaggi come delle macchiette è evitato attraverso un loro
salvataggio in extremis, un colpo di reni degno – come giustamente affermato da
Parolin – di un film d’azione.
I protagonisti si
trovano perciò a dover affrontare un problema per infine ritornare alla stessa
posizione di partenza, senza che l’uscita dall’ordinario risulti averne
modificato le abitudini. La moralità viene in qualche modo accantonata per
permettere ai diversi personaggi di esprimersi nel modo più immediato e
passionale possibile, camminando sempre su di un filo teso sopra
all’inverosimile, ma in grado di appendervisi ogni qual volta vi sia il
pericolo di cadere. D’altro canto quanto spesso la cronaca va al di là della
verosimiglianza?
Un altro aspetto su
cui è importante soffermarsi è il valore da attribuire al film. Il celebre
critico cinematografico Lino Micciché, all’interno di un volume dedicato alla
pellicola, ha sottolineato il carattere “autoriale” delle opere di Germi. Si
tratta di un’affermazione di non poco conto, soprattutto alla luce di una
rilettura della produzione del regista genovese, inizialmente tenuto in scarsa
considerazione. La conseguenza più importante di questo riconoscimento è da
rintracciarsi nel lascito, nell’eredità che, tra gli altri, Signore & Signori ha lasciato ai
cineasti futuri e di cui non tutta la produzione recente ha saputo trarre
vantaggio.
Il concetto di
autorialità si lega alla qualità del lavoro di un regista, ma anche alla
riconoscibilità delle singole pellicole, che in poche battute permettono di
riconoscerne l’ideatore. Con Divorzio
all’italiana Germi inizia un percorso all’interno della commedia –
culminato proprio con Signore &
Signori – caratterizzato da un’ironia tagliente e da un’indistruttibilità
dei personaggi parodiati che mai in precedenza aveva raggiunto una tale forza
espressiva.
Terzo e ultimo
aspetto peculiare del film è la sua componente corale che, pur non essendo una
novità, non solo serve a rilanciare l’azione ad ogni nuova vicenda, ma è anche un
modo per tenere sempre accesa la brillantezza della pellicola, con un continuo
palleggio di battute. Il ritmo è infatti incalzante e non lascia tregua allo
spettatore, letteralmente bombardato dal dialetto italianizzato (o, forse, è
meglio dire dall’italiano dialettizzato) dei vari dottori, architetti e
prelati. Quasi come un contrappunto musicale ogni esclamazione di un
personaggio è seguita dal commento – talvolta nella forma del borbottio tra sé
e sé – di un altro che gli sta vicino.
A livello visivo
questo spartito di dialoghi concitati ed esclamazioni è supportato dal
brulicare dei corpi. In particolar modo nelle riprese realizzate sotto i portici
della riconoscibile Piazza dei Signori, vero centro di irradiazione di tutte le
vicende. La compagnia di amici di cui vengono seguiti i malaffari si stringe
nello stretto spazio dell’inquadratura, come tanti piccioni attirati dal
profumo di un possibile nuovo scherzo.
Signore
& Signori è una carica esplosiva che rischia di
deflagrare ad ogni istante, un rischio, ma anche un’immensa opportunità, peri
registi che abbiano intenzione di prendervi spunto.
Giovanni
Rubin
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