Roma,
Teatro Lo Spazio (Via Locri, 42). 30, 31 ottobre e 1 novembre 2014
Vento che scuote, che spazza e che
scopre. La forza del mare, che tutto capovolge e porta alla luce del sole. Il
lamento ululante della tempesta che urla i suoi segreti. Morgana si sveglia e i
suoi miraggi raccontano storie brutte, storie cattive, ma tutte legate dal filo
rosso dell’amore. Rosso sangue. Questo amore impertinente, denominatore comune
e multiforme, che cerca una nuova via, una nuova speranza. Fata Morgana
racconta ossessioni d’amore, forse anche lei è stata amante, miraggio, sorella,
terra bruciata dal sole e dalla violenza dell’uomo. C’era una volta ma c’è
ancora. Ci sono tutte, quelle sue sorelle annientate, silenziate, suicidate,
incastrate, quelle femmine che hanno risorse. Lo ripete sempre Morgana…le
femmine hanno risorse. Fenici che rinascono dalla polvere, dal buio in cui sono
state relegate e la cui forza, che è quella della vita che generano, diventa
“cataratta di parole”, capace di travolgere e far cadere in mare gli “stupidi
violenti”. Quel mare da cui sorge Morgana coi suoi miraggi di fate, per
“ingannare uomini di conquista” e buttarceli dentro.
Morgana, rivestita dei panni delle sue
sorelle scomparse eppure presenti, spaventa, coinvolge, dispera, rinasce, si
agita, sfiancante come il vento e il dolore da cui sorge, al ritmo ossessivo
dei tamburi. E’ una ma tante donne, meridionali ma di ogni dove. Nessuna e
centomila, vittime ogni giorno della criminalità, delle loro stesse famiglie.
Cerca i figli scomparsi, rifiuta di prostituirsi, si ribella, ha taciuto e
denunciato, è stata bruciata come una strega, vessata, massacrata senza pietà
in nome dei “non si deve, non si può”,
dei “così si fa”. Ama che ti riama, piangi che ti ripiangi, la Fata Morgana continua ad
apparire e raccontare. Un’unica, fortissima voce, che spinge all’azione, a non
rimanere passivi spettatori. Un vento fortissimo il suo racconto, che sferza e
incoraggia. Un tuono che scuote le profondità della terra il bellissimo finale,
in cui il ritmo travolgente, ossessivo e ipnotico dei tamburelli diventa il
turbine da cui rinasce ogni volta Morgana per raccontarci che le parole sono la
speranza contro il buio delle coscienze.
Paolo
Leone
(dedicato
alle donne vittime della criminalità organizzata)
Con
Carmelo Cacciola alla chitarra, liuto cretese, voce; Pietro Cernuto alla
zampogna, flauti, marranzano, tamburello, voce; Francesco Salvadore ai tamburi
a cornice, voce
Con
la collaborazione di daSud Antimafie
Le donne vittime delle mafie, ricordate in
questo spettacolo, sono: Palmina Martinelli, Rossella Casini, Maria Teresa
Gallucci con mamma, Nicolina Celano e nipote, Marilena Bracaglia, Tita
Buccafusca, Lea Garofalo e sua figlia Denise, Angela Donato.
un pezzo stupendo, complimenti!
RispondiEliminagrazie mille!
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