Roma , Teatro dei Conciatori.
Dal 17 ottobre al 2 novembre 2014
La confusione,
generata dalle delusioni sentimentali, e quella esistenziale in genere, può
essere più devastante della stessa causa. Ancor più pericolosa di una madre
insopportabilmente invadente, soffocante, prevaricatrice e manipolatrice nei
confronti del figlio. Mettersi in discussione è salutare, ma se questo conduce
verso un’ennesima probabilissima catastrofe, meglio fermarsi e riflettere. Un
uomo e una donna. Lui gay, in crisi totale dopo esser stato lasciato
dall’ultimo compagno. Lei confusa e in cerca dell’uomo giusto dopo una
relazione con il suo capoufficio, sposato, e abbandonata. Entrambi
fragilissimi, creature alla ricerca di un punto di riferimento.
Tra di loro, la madre di lui, presenza ossessiva che teme di essere spodestata nel ruolo di unica donna con potere di influenzare la vita del figlio, ma forse anche l’unica, dei tre, a tenere fermo il timone nella tempesta. Tre universi labili che si sfiorano, mettendo a nudo le insicurezze, scombinando equilibri barcollanti, palesando l’aleatorietà delle vite di coppia, che siano etero o gay, e le difficoltà nel tenerle in vita. Il goffo tentativo di voler unire due persone che in comune non hanno nulla, scopre le carte in tavola nel giardino in cui la madre convoca i due giovani. Saltano i nervi al povero Alex, pressato dalle due donne, crolla la sua Arianna alla notizia che l’ex capoufficio è di nuovo disponibile, ma ad una storia clandestina. Ognuno nasconde verità all’altro. Da una parte un giovane ferito, stanco di dover mettere in scena un clichè fatto di palestre, saune, abbigliamento trendy, locali dedicati e che rivendica il diritto di essere brutto, di poter anche vestire classico ed essere amato lo stesso, di affrancarsi dalla premurosa tirannia della madre. Dall’altra, una ragazza tremendamente insicura, che passa da un corso di autostima all’altro, desiderosa di “imparare a vivere” ma che accetta di essere una seconda scelta, masochisticamente. In mezzo, una madre terribile, ma anche l’unica persona ad amare Alex, sua ragione di vita.
Tra di loro, la madre di lui, presenza ossessiva che teme di essere spodestata nel ruolo di unica donna con potere di influenzare la vita del figlio, ma forse anche l’unica, dei tre, a tenere fermo il timone nella tempesta. Tre universi labili che si sfiorano, mettendo a nudo le insicurezze, scombinando equilibri barcollanti, palesando l’aleatorietà delle vite di coppia, che siano etero o gay, e le difficoltà nel tenerle in vita. Il goffo tentativo di voler unire due persone che in comune non hanno nulla, scopre le carte in tavola nel giardino in cui la madre convoca i due giovani. Saltano i nervi al povero Alex, pressato dalle due donne, crolla la sua Arianna alla notizia che l’ex capoufficio è di nuovo disponibile, ma ad una storia clandestina. Ognuno nasconde verità all’altro. Da una parte un giovane ferito, stanco di dover mettere in scena un clichè fatto di palestre, saune, abbigliamento trendy, locali dedicati e che rivendica il diritto di essere brutto, di poter anche vestire classico ed essere amato lo stesso, di affrancarsi dalla premurosa tirannia della madre. Dall’altra, una ragazza tremendamente insicura, che passa da un corso di autostima all’altro, desiderosa di “imparare a vivere” ma che accetta di essere una seconda scelta, masochisticamente. In mezzo, una madre terribile, ma anche l’unica persona ad amare Alex, sua ragione di vita.
La penna di Luca De
Bei, autore e interprete di Rapsodia
Ungherese, sorprende ancora, regalandoci stavolta una commedia divertente
ma mai (e come potrebbe?) frivola. Ricca di significati, di domande, di vita,
ma tutto offerto con il sorriso, grazie al gioco sottile e intelligente del
testo e con una robustissima dose di autoironia, sale dei cervelli vivi,
giocata sul filo di una recitazione volutamente sopra le righe. Si può essere
molto seri anche ridendo. Un delizioso
affresco dal gusto dolceamaro, condotto con grazia dalla regia di Norma
Martelli, quasi fumettistico nella scena cangiante (di Camilla Grappelli),
semplice ma sorprendente, e nei costumi (di Silvia Polidori) dei protagonisti.
Paila Pavese, la mamma, è bravissima e molto divertente nonostante il ruolo,
mentre Federica Bern interpreta con la sua solita forza la combattuta Arianna,
meteora tra le meteore nella vita di Alex (Luca De Bei), isterico e tenero,
fuscello in balìa degli eventi e della madre, simpatico ma irrisolto. Ogni
personaggio è tratteggiato con dovizia di sfumature, alcune evidenti e altre
appena velate, che rendono in pochi minuti la commedia ricca di spunti di
riflessione, umanità e interesse. Curioso il ruolo muto di Michele Ferlito,
presenza scenica di raccordo tra le varie ambientazioni, un cameo di ironia.
Perché il titolo? Cosa c’entra ? Una
sorpresa da scoprire andando a vedere questa delicata pièce. Un piccolo
spaccato di vita che ne contiene tante. Spettacolo-bomboniera.
Paolo
Leone
Roma , Teatro dei
Conciatori. Dal 17 ottobre al 2 novembre.
La Compagnia della Luna di
Nicola Piovani presenta: “Rapsodia Ungherese”, di Luca De Bei.
Con Paila Pavese, Federica
Bern, Luca De Bei.
Regia di Norma Martelli.
Scene di Camilla Grappelli; Costumi
di Silvia Polidori; Luci di Danilo Facco.
Aiuto regia: Maria
Castelletto. Ufficio stampa della Compagnia: Daniela Bendoni
Organizzazione: Rosy Tranfaglia.
Si ringrazia l’ufficio
stampa del Teatro dei Conciatori: Maya Amenduni.
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