Che senso ha fare
oggi un film sulla Grande Guerra? E soprattutto un film che non ci dice nulla
di nuovo che già non sapevamo? Un film che dubito fortemente possa attirare un
pubblico giovane, che invece oggi si trova a dover fronteggiare la guerra
contro un nuovo nemico : il terrorismo. Sarebbe stato interessante che Olmi, alla sua rispettabile età, si fosse
cimentato in un film per parlare di questa Nuova Guerra, contro nemici
incappucciati e che vigliaccamente uccidono, senza avere mai veramente
dichiarato guerra, senza avere un esercito regolare, senza rispetto per le
tregue, senza alcuna tattica militare, senza Generali, Tenenti, Maggiori con
cui potremmo negoziare, trattare, parlare, uscendone alla fine vinti o
vincitori. Tutto questo, nonostante gli orrori, invece avveniva durante la
Grande Guerra.
Lo sappiamo che il
pretesto principale, e così anche la guerra diventa motivo di business, è che
nel 2015 ricorrono le celebrazioni del centenario, e sappiamo anche che gli
archivi storici della RAI, cui Olmi ha attinto per il suo film, hanno un vasto
repertorio di filmati, ed è molto interessante rivederli qualche volta su RAI
storia. Giusto per rinfrescarci la memoria, nulla più.
Olmi prende così la palla al balzo e dedica il
film a suo padre che fu bersagliere, e ne fa un film contro la guerra, perché
parlare contro la guerra (e non mi si fraintenda, il contrario non è inneggiare
a essa, ma capirla, storicizzarla, vederla come espressione dell’istinto
aggressivo dell’uomo, e a volte unico mezzo di liberazione dal pericolo e poi, sì condanniamola pure) è
un DOVERE dell’intellettuale, ma allora perché non rivederci per esempio:
“Orizzonti di gloria” di Stanley Kubrick (1957), “La Grande Guerra” di
Mario Monicelli (1959), “All’ovest niente di nuovo” di Lewis Milestone
(1930, dal romanzo di Erich Maria Remarque), “La grande illusione” di Jean
Renoir (1937)?
Il film è di una
bellezza visiva ineccepibile, quasi maniacale, si capisce che sono stati spesi
molti soldi ma tanti sono i produttori che l’hanno finanziato, Edison, Nonino,
Veneto Film Commission, il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, RAI
Cinema, Cinemaundici, Ipotesi Cinema, la figlia Elisabetta Olmi e un po’ anche
noi cittadini italiani.
Fabio Olmi ha curato
la fotografia e Giuseppe Pirrotta la scenografia, e senza queste due preziose
collaborazioni, credo che il film perderebbe molto del suo fascino. Perché la
pellicola si basa in gran parte sull’impegno visivo, la storia invece è esile,
quasi inesistente, qualche battuta di forte impatto emotivo in dialetto veneto,
siamo sull’Altipiano di Asiago, a 1800 metri, e su tutto, come la vera colonna
sonora, il rumore dei cannoni che sparano nella notte. Quasi della musica di
Fresu si poteva farne a meno, come anche delle parole. Si poteva azzardare ad
affidarsi solo ai silenzi della neve, al freddo che esce azzurrino dalle labbra
screpolate e agli spari dei mortai.
Gli attori si
assomigliano tutti, forse perché sotterrati sotto il peso di costumi
altrettanto ineccepibili che certamente danno l’idea della ruvidezza, della
solidità e da cui rimangono scoperti solo sguardi spauriti e barbe
incolte. Anche la recitazione è ruvida e
un po’ monotona.
L’idea del napoletano
che canta a squarciagola di notte, en
plein air, rischiando di beccarsi una fucilata, lì per lì ci fa sorridere
poi quando anche gli austriaci gli gridano “bravo”, ci scappa un “mah!”. In
fondo, nonostante un grande impegno
formale e di denuncia manca una vera
emozione, come per esempio c’era ne “La
Grande Guerra” di Monicelli, film meno raffinato ma più vero, più autentico,
più bello e che a distanza di tanti anni, è sempre un’ emozione rivedere.
Il film ha un ritmo
lentissimo, certamente la Grande Guerra è stata una guerra lenta, fatta di
attese, di preparazione, di studio del nemico, ma poi quando c’era da avanzare
si avanzava, si obbediva, si combatteva, contro i nazisti, i fascisti, i
bolscevichi.
Senza la guerra, senza il sacrificio di
milioni di uomini, saremmo ancora nelle mani di dittatori sanguinari, e non
potremmo fare film contro la guerra. Olmi lo sa… ma non lo dice.
Daria
D.
I credits completi a questo link.
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