Roma, Teatro Elsa Morante.
Venerdì 7 novembre 2014
Negli occhi di Carla
c’è la bellezza, il sole, l’incanto della giovinezza ingenua, ammaliata dalle
favole e dal paese delle fate. Il suo paese calabrese, Panettieri. Scoprirà con
dolore che la realtà è purtroppo ben diversa e che si può sparire in tanti
modi. Col silenzio e con la paura, divenendo invisibili, ma anche morendo. La
storia di Carla, che Melania Fiore porta in scena nel Teatro Elsa Morante di
Roma dopo 6 premi vinti e 60 repliche, affascina il numeroso pubblico in modo
insolito. Una storia tragica di cui non si avverte la pesantezza, perché
proposta con la leggerezza dei sogni di una bambina, poi ragazza, poi donna e
madre. Una storia ricca di tenerezza, di ironia, d’amore, di un canto d’amore
che si libra nell’aria con voce deliziosa, che stupisce e commuove. Quello per
Bruno, giovane bello e fiero, quello per la nonna, depositaria di un’antica
saggezza popolare intrisa dei silenzi del Sud, imperterrita ricamatrice d’amore
per tutta la sua famiglia. Ma anche l’amore per la sua terra, tradita e
assassinata in nome degli affari sporchi.
Tutta la pièce (la cui unica pecca è qualche eccessiva lentezza in alcuni passaggi) è giocata sul filo dei ricordi, dei sapori, degli odori di quella terra delle fate, dalla torta in forno alla ginestra, a quello del mare di notte durante la prima notte d’amore. Una dimensione quasi onirica. Ora, invece, Carla racconta al figlio dei sogni spezzati, di una terra violentata (questione meridionale ma questione ormai nazionale), della sua resistenza alle brutture, della decisione di rimanere, di non scappare. Ormai consapevole che il suo non è più il paese delle fate, che la scelta è tra morire o andarsene, lei decide di restare, rischiando di entrare a far parte del nulla, di esserne fagocitata. Lei, novella Capitan Achab, sfida il mostro Moby Dick parlandone, combattendo il silenzio omertoso e complice e invitando tutti ad alzarsi in piedi, a combattere per tutti quelli che sono stati spazzati via, cancellati da un potere subdolo e tremendo. Farsi sentire senza gridare, con la presenza, con la partecipazione. Per abbattere il muro dell’indifferenza, prima che il nulla ci inghiotta tutti.
Tutta la pièce (la cui unica pecca è qualche eccessiva lentezza in alcuni passaggi) è giocata sul filo dei ricordi, dei sapori, degli odori di quella terra delle fate, dalla torta in forno alla ginestra, a quello del mare di notte durante la prima notte d’amore. Una dimensione quasi onirica. Ora, invece, Carla racconta al figlio dei sogni spezzati, di una terra violentata (questione meridionale ma questione ormai nazionale), della sua resistenza alle brutture, della decisione di rimanere, di non scappare. Ormai consapevole che il suo non è più il paese delle fate, che la scelta è tra morire o andarsene, lei decide di restare, rischiando di entrare a far parte del nulla, di esserne fagocitata. Lei, novella Capitan Achab, sfida il mostro Moby Dick parlandone, combattendo il silenzio omertoso e complice e invitando tutti ad alzarsi in piedi, a combattere per tutti quelli che sono stati spazzati via, cancellati da un potere subdolo e tremendo. Farsi sentire senza gridare, con la presenza, con la partecipazione. Per abbattere il muro dell’indifferenza, prima che il nulla ci inghiotta tutti.
Organizzata e voluta
dal Teatro Elsa Morante e dal Municipio IX, la serata ha visto la
partecipazione di un numerosissimo pubblico. Il monologo scritto, diretto e
interpretato da Melania Fiore, è stato riportato in scena dopo l’incetta di
premi ottenuti nel “Festival Dirittinscena 2014” tenutosi a Roma, al Teatro
Italia, qualche mese fa: Migliore attrice protagonista, Premio Giuria Popolare
e Opera II Classificata.
Paolo
Leone
Libere Onde Teatro presenta: "Tutto il mio amore". Scritto, diretto e interpretato da Melania Fiore
Nessun commento:
Posta un commento