Roma,
Teatro Lo Spazio (via Locri 42/44). Dal 16 al 21 dicembre 2014
Tragedie
antiche e cronaca attuale, mitologia e sconcertante attualità.
Operazione interessante quella di Giuseppe Argirò che con il suo
testo tenta una comparazione quanto mai calzante tra il mito e
l’aberrazione dell’infanticidio, purtroppo attualissima. Tra
l’assenza di giudizio nel primo caso e lo scandalo inafferrabile
della nostra quotidianità. L’altra madre, in scena al
Teatro Lo Spazio di Roma, è un reading che, vorticosamente, ci
trascina nell’incubo, nell’apparentemente insondabile. Eppure,
affidandosi alle voci e alle capacità espressive di due grandi
attrici come Mascia Musy e Maria Letizia Gorga, nell’intreccio tra
la mitologia di due figure femminili terribili come Medea e Agave e
alcune storie di cronaca contemporanea, quasi se ne percepisce
l’origine, dell’orrore, affondando le radici nei miti secolari e
quindi in un inconscio collettivo e sconosciuto ai più.
Territorio inesplorato. Da un lato la tremenda vendetta di Medea, tradita, umiliata, vittima e carnefice furiosa, il suo canto triste che accompagna storie di oggi. Dall’altro la follia indotta di Agave, ebbra del suo Dioniso, al quale si consegna totalmente, nel rifiuto di un clichè imposto, in un delirio di sangue, fino al tragico risveglio dall’incantesimo, che cammina parallelamente a storie di donne incapaci, alienate, sole, depresse. Storie di disagio, difficoltà psichiche, estreme solitudini, distonia tra desideri frustrati e imposizioni di ruoli, in un continuo gioco di parallelismi, analogie sorprendenti, in una sequenza che spiazza ma che riesce a dare un senso ad un secolare deja-vu. La Musy e la Gorga sono straordinarie, pur soltanto dando voce ad un reading (che, di norma, difficilmente è pratica esaltante), intense e coinvolgenti non tradiscono la propria nomèa. Qualche riserva sulla durata del testo che, nella seconda parte, diventa eccessivamente lento e difficile da seguire, essendo un reading, e quindi senza movimenti scenici.
Territorio inesplorato. Da un lato la tremenda vendetta di Medea, tradita, umiliata, vittima e carnefice furiosa, il suo canto triste che accompagna storie di oggi. Dall’altro la follia indotta di Agave, ebbra del suo Dioniso, al quale si consegna totalmente, nel rifiuto di un clichè imposto, in un delirio di sangue, fino al tragico risveglio dall’incantesimo, che cammina parallelamente a storie di donne incapaci, alienate, sole, depresse. Storie di disagio, difficoltà psichiche, estreme solitudini, distonia tra desideri frustrati e imposizioni di ruoli, in un continuo gioco di parallelismi, analogie sorprendenti, in una sequenza che spiazza ma che riesce a dare un senso ad un secolare deja-vu. La Musy e la Gorga sono straordinarie, pur soltanto dando voce ad un reading (che, di norma, difficilmente è pratica esaltante), intense e coinvolgenti non tradiscono la propria nomèa. Qualche riserva sulla durata del testo che, nella seconda parte, diventa eccessivamente lento e difficile da seguire, essendo un reading, e quindi senza movimenti scenici.
Malesseri
sociali, estreme solitudini, alienazioni quanto mai attuali, atti
ingiustificabili. L’altra madre di Argirò affronta
coraggiosamente e intelligentemente una problematica terribile come
l’infanticidio, senza ergersi a giudice, ma rappresentando una
coscienza collettiva e nascosta, attingendo a piene mani nei classici
delle tragedie greche, pilastri di una memoria antica eppure
attualissima.
Paolo
Leone
L’altra
madre. Voci per la scena – Madri assassine tra cronaca e mito.
Scritto
e diretto da Giuseppe Argirò
Con
Mascia Musy e Maria Letizia Gorga
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