Notevole
la capacità di Woody Allen nel trovare gli ambienti e le città più
belle del mondo nei suoi ultimi film: da Parigi in Midnight in
Paris, passando per Roma in To Rome with Love, fino alla
Costa Azzurra e la Provenza di Magic in the Moonlight. Peccato
che in tutti e tre i casi la sceneggiatura e la regia lascino a
desiderare. Parliamo dell’ultimo, nei cinema italiani in questi
giorni. Deliziosa Emma Stone nei panni della fasulla medium Sophie;
affascinante come sempre Colin Firth, cioè Stanley, famoso
illusionista inglese conosciuto con il nome d’arte di Wei Ling Soo;
simpatica Eileen Atkins come zia Vanessa, ma ci aspettavamo
sicuramente di più da un cast così notevole. Sembra, invece, che
gli stessi attori (come d’altra parte i doppiatori per quanto
bravi) siano in difficoltà ad interpretare una sceneggiatura così
stupida e poco convincente. Veniamo incantati dalle immagini, ma poi
rimaniamo sbalorditi dalla velocità di alcune conclusioni a cui
arrivano i personaggi.
Per tutta la prima ora del film il protagonista è convinto che la graziosa fanciulla che deve smascherare sia una villana truffatrice e, a quanto pare, niente e nessuno può cambiare la sua cinica idea. Improvvisamente, come per un miracolo divino, Stanley si butta nelle braccia di Sophie convinto che le abbia cambiato la vita. Non c’è nessuno sviluppo graduale, nessun motivo dato a questo cambiamento, semplicemente era l’ora che arrivasse qualcosa che facesse andare avanti il film, finora lento e piatto. Alcuni dialoghi sembra non abbiano alcun senso: perché mai un uomo dovrebbe fare un riposino in una panca all’interno di un osservatorio astronomico (mi riferisco alla scena in cui Colin Firth afferma di essere stanco e di doversi riposare e dopo poco confessa di non aver mai dormito così bene)? Altri sono altrettanto superficiali e noiosi. Con la notevole interpretazione del premio Oscar Cate Blanchett in Blue Jasmine, Woody Allen ci aveva quasi convinto di essere tornato in grande forma, ma l’illusione è durata ben poco. Staremo a vedere il prossimo anno, dal momento che i film del regista statunitense hanno ormai uscita regolare e, come il vino, la loro qualità dipende dall’annata.
Per tutta la prima ora del film il protagonista è convinto che la graziosa fanciulla che deve smascherare sia una villana truffatrice e, a quanto pare, niente e nessuno può cambiare la sua cinica idea. Improvvisamente, come per un miracolo divino, Stanley si butta nelle braccia di Sophie convinto che le abbia cambiato la vita. Non c’è nessuno sviluppo graduale, nessun motivo dato a questo cambiamento, semplicemente era l’ora che arrivasse qualcosa che facesse andare avanti il film, finora lento e piatto. Alcuni dialoghi sembra non abbiano alcun senso: perché mai un uomo dovrebbe fare un riposino in una panca all’interno di un osservatorio astronomico (mi riferisco alla scena in cui Colin Firth afferma di essere stanco e di doversi riposare e dopo poco confessa di non aver mai dormito così bene)? Altri sono altrettanto superficiali e noiosi. Con la notevole interpretazione del premio Oscar Cate Blanchett in Blue Jasmine, Woody Allen ci aveva quasi convinto di essere tornato in grande forma, ma l’illusione è durata ben poco. Staremo a vedere il prossimo anno, dal momento che i film del regista statunitense hanno ormai uscita regolare e, come il vino, la loro qualità dipende dall’annata.
Sara
Bonci
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