Roma, Teatro della Cometa
(via del Teatro Marcello 4). Dal 2 dicembre al 4 gennaio 2015
Una scenografia
suggestiva ci trasporta in terra campana, in una chiesa abbandonata, al buio e
in pessime condizioni, strutturali e non. Un quartiere preda del degrado
sociale, della malavita, dove il valore di un uomo si misura con i centimetri
della lama di un coltello e con la prepotenza. Due giovani preti vengono
inviati in quel disastro per risollevare le sorti della triste parrocchia. Due
caratteri diversi, uno ottimista e propositivo, l’altro pessimista e
disfattista. Incontreranno personaggi che li catapulteranno in una realtà dura,
ma in cui solo la speranza e l’onestà potranno compiere il miracolo di rendere
il quartiere libero dal malaffare e far fiorire la fiducia e una nuova voglia
di aggregazione. I due giovani preti ci riusciranno, addirittura arriveranno a
cantare “Tu sei la mia vita” in stile neomelodico, ma su tutta la storia
incombe la sinistra minaccia della camorra.
La commedia di Antonio Grosso affronta
tematiche quanto mai attuali nella cronaca quotidiana del nostro Paese. Lo fa
col sorriso e con lo stile della commedia migliore, quello che non dimentica
mai il pizzico di realismo cattivo che permette alle storie raccontate di non
discostarsi troppo dalla realtà, ma anzi di rifletterne con maestrìa i
chiaroscuri. In questo caso riesce nell’intento grazie all’armonia dei
personaggi disegnati nitidamente dalla sua penna, che brillano di carattere
proprio. La figura del tossico Michele (Ariele Vincenti), il primo personaggio
incontrato dai due sacerdoti nel buio della chiesa al loro arrivo, minaccioso e
in crisi di astinenza, è di grande impatto e simpatia. Giggino (Giuseppe
Orsillo), che presta il nome al titolo della pièce è il giovane balordo
“scostumato” che cambierà registro nel corso degli eventi. Anna (Carmen Di
Marzo) che appare solo nel secondo atto, è una donna decisa, ossessionata dalla
pulizia e dall’ordine, l’incarnazione comicissima dell’eccesso di zelo per la
restaurata chiesa, ormai affollata dai parrocchiani. Interpretazioni tutte
molto naturali, ricche di toni drammatici oltre che brillanti, dirette dalla
regia firmata Paolo Triestino, particolarmente dinamica. Antonio Grosso e
Antonello Pascale, i due sacerdoti, sono una coppia drammaturgicamente
perfetta, complementare. La storia, lineare, si scontra con la presenza invisibile
ma costante della malavita, che poco gradisce tutto quel fermento positivo
nella popolazione e l’irreprensibilità di don Ezio e don Sabatino e che non
perderà l’occasione di far giungere avvertimenti, fino all’epilogo temuto, ma
con un colpo di scena finale. Un plauso particolare al disegno luci di Gigi
Ascione, bellissimo e complesso, e alla scenografia di Alessandra Ricci, sempre
sorprendente. Commedia figlia di una bella idea, ricca di umanità, con un primo
atto forse sotto tono rispetto alle attese (non aiutato da un pubblico
particolarmente sonnolento stasera), ma in crescendo nel secondo, è esempio di
come rendere divertente un argomento molto serio, senza per questo dimenticarne
la gravità.
L’epilogo, nella sua
amarezza, ha quel tocco di surrealismo poetico che è tipico della cifra
artistica dell’autore. Da vedere.
Paolo
Leone
Venerdì 17 ovvero Giggino
passaguai, di Antonio Grosso.
Interpreti: Antonio Grosso;
Antonello Pascale; Ariele Vincenti; Carmen Di Marzo; Giuseppe Orsillo.
Disegno luci di Gigi
Ascione; Scene di Alessandra Ricci; Costumi di Maria Marinaro.
Regia di Paolo Triestino
Distribuzione Razmataz
Spettacoli.
Si ringrazia l’ufficio
stampa della Compagnia nella persona di Daniela Bendoni.
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