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31 gennaio, 2015

VIAGGIO ATTRAVERSO L'IMPOSSIBILE - sogni di cinema, a cura di Francesco Vignaroli. Recensione 31: "Napoli Violenta"


ITALIA 1976 91’ COLORE


REGIA: UMBERTO LENZI


INTERPRETI: MAURIZIO MERLI, JOHN SAXON, BARRY SULLIVAN, ELIO ZAMUTO


VERSIONE DVD: SI’, edizione FEDERAL VIDEO




ALLE VOLTE LA POLIZIA NON PAGA IL SABATO…” (dal film)




Reduce dall’esperienza romana raccontata nel film Roma Violenta (1975), il commissario Betti accetta di tornare in prima linea a Napoli, dove però, a causa dei suoi metodi poco ortodossi per combattere il crimine, entra subito in rotta di collisione con i superiori. D’altra parte, le pratiche da sbrigare sono tante e non si può lavorare solo di fioretto: tra micro e macrocriminalità, Betti non ha un attimo di pace, e diventa quasi impossibile operare rimanendo entro i confini della legalità.
L’inossidabile poliziotto dovrà fare i conti con: una coppia di rapinatori col vizio dello stupro; un maldestro topo d’appartamento, che ruba gioielli per conto di un ricettatore più disonesto di lui; lo strafottente bandito Casagrande, ufficialmente agli arresti domiciliari ma in realtà a capo di una banda di rapinatori di banche; il misterioso imprenditore Capuano, uomo ambiguo e dai loschi traffici; il potente boss della camorra ‘O Generale, che gestisce il racket dell’estorsione e fa affari con lo stesso Capuano.
A città finalmente ripulita -al caro prezzo, però, della vita di tre agenti speciali- Betti, stanco e disilluso, medita di mollare. Cambierà idea dopo aver incrociato per strada il piccolo Gennarino, rimasto zoppo e orfano del padre in seguito al raid punitivo degli scagnozzi di ‘O Generale: una volta in ballo, bisogna andare fino in fondo.

Secondo, forse, soltanto a Fernando di Leo e alla sua mitica “Trilogia del Milieu” (di cui ci siamo già occupati in questa rubrica con la recensione de La mala ordina, il capitolo centrale) che, pur appartenendo al genere noir, ha ispirato il sottogenere del poliziesco all’italiana, o “poliziottesco”, Lenzi è stato senz’altro un campione dei B-movies nostrali, cioè del cosiddetto –e defunto- “cinema di genere” 100% italiano che andava per la maggiore negli anni ’70. In quel periodo, passati di moda gli spaghetti western, per quantità di film prodotti all’anno i poliziotteschi se la giocavano alla pari con le “commediacce” sexy (Banfi, Fenech, Vitali & Co.), e con i thriller/horror para-argentiani, genere in cui lo stesso Lenzi si è cimentato (Gatti rossi in un labirinto di vetro, 1975). Per lo più, si tratta di produzioni mediocri –dai titoli spesso chilometrici- girate a basso costo e in fretta e furia per sfruttare l’onda del momento ma, “frugando” con attenzione, si possono trovare anche delle piccole perle, come il presente Napoli violenta. Certo, non aspettatevi chissà quale spessore contenutistico da questo genere di film: non è niente più e niente di meno che onesto cinema d’azione, caratterizzato da sceneggiature spesso elementari e dallo sviluppo piuttosto lineare (ma ci sono alcune eccezioni), con un tasso di violenza solitamente sopportabile. Una volta precisato ciò, così da chiarire in anticipo cosa è lecito aspettarsi da questo tipo di opere, ci si può tranquillamente predisporre per godersi un’ora e mezzo di sparatorie e inseguimenti, inframmezzati da brevi parentesi di tranches de vie poliziesca o criminale. In Napoli violenta – film che non sfugge certo allo schema precedente- come in altre sue opere Lenzi, sfruttando una storia che si riduce a poco più che a un collage di episodi, mette in mostra il proprio invidiabile senso del ritmo e dell’azione, avvalendosi di coreografie orchestrate magistralmente e adeguatamente supportate dalle musiche di Franco Micalizzi. Già, perché anche sotto il profilo musicale, il film non tradisce le convenzioni del genere poliziottesco, rinomato per l’elevata qualità media delle colonne sonore, spesso composte per l’occasione dai migliori autori dell’epoca (Morricone, Trovajoli, Bacalov…). Non va poi trascurata la presenza di Maurizio Merli –quasi un must per il genere- nell’abituale veste del poliziotto eroico e solitario interamente dedito alla causa, ruolo che lo ha reso famoso fino a farlo diventare il “buono” per eccellenza del poliziesco all’italiana.
Tra le sequenze da ricordare, cito almeno l’emozionante duello sulla funicolare tra Betti e Casagrande, oltre alle frenetiche corse motociclistiche nei vicoli e in mezzo al traffico infernale di Napoli che lo stesso Casagrande è costretto a fare, dopo le rapine, per presentarsi al commissariato all’una in punto, ora in cui deve mettere la propria firma sul registro.
Nessuna concessione registica alla Napoli “da cartolina”: non è un film per turisti!

Chiudo, sulla scia di Quentin Tarantino, invitandovi a riscoprire il cinema di genere italiano degli anni ’70: cercando bene, è possibile trovare delle gustose sorprese in grado di soddisfare anche i palati più esigenti.

Francesco Vignaroli



Vi ricordo che potete recuperare le puntate precedenti della rubrica (compreso l’articolo sul film LA MALA ORDINA) tornando all’ home page e cliccando sull’icona a forma di ciak in alto a sinistra.

1 commento:

  1. Condivido e mi associo all’appello di Francesco: la riscoperta di un certo cinema degli anni Settanta (superficialmente liquidato come minore), cominciata da Quentin Tarantino, può soddisfare ogni tipo di palato. NAPOLI VIOLENTA è a mio personale parere il film più riuscito del genere definito poliziottesco: ignoro come sia nato questo termine, ma, essendone appassionato, ne conosco bene le caratteristiche distintive. Lo spettatore non si aspetti di vedere un classico poliziesco o noir, o almeno, non soltanto; c’è qualcosa di più che va a firmare questo genere: il clima “anni di piombo” dell’epoca, il commissario borderline e la (eccessiva) violenza. In questo film si tocca l’apice: rapine e sequestri fanno da trama, l’attore Maurizio Merli sfida la malavita agendo ai limiti del consentito per assicurare alla giustizia i criminali “in qualunque modo” come egli stesso precisa al suo superiore, infine, la violenza fa da forma e spesso da sostanza, sebbene in questo film vada di pari passo con l’azione. Concludo consigliando anche io, come Francesco, la visione della trilogia di Fernando di Leo e, in aggiunta, un altro film che ritengo imperdibile per gli amanti del genere, UOMINI SI NASCE POLIZIOTTI SI MUORE di Ruggero Deodato (e scritto da di Leo). Rodolfo

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