Roma,
Teatro dei Conciatori (via dei Conciatori, 5). Dal 3 al 15 febbraio
2015
Una
donna, una Regina, un simbolo. Sconcertante e seducente, diabolica e
prepotente, immagine prevalentemente maschile, quella del potere.
Anche se ad incarnarla è una femmina. Sul palco del Teatro dei
Conciatori di Roma, fino al 15 febbraio, va in scena l’eterna
partita a scacchi degli intrighi, delle strategie, delle tattiche
ingannatrici e sporche, del delirio del potere. Giocata si da una
donna, Elisabetta I Tudor, ma sempre uguale a se stessa, nei
millenni. Cambia l’angolazione del punto di vista, ma non la
sostanza. Il popolo beota, che si accontenta di illusioni e ricambia
col “vuoto e chiassoso entusiasmo”, bisognoso di idoli.
La solitudine di chi detiene la corona, circondata non da amicizia o affetto, ma solo dal tornaconto, dove anche l’amore è menzogna. Una partita, da sempre immaginata dagli uomini ma in questo caso giocata da una donna. Sola, che parla e risponde ai sussurri della plebe, delle cortigiane e dei cavalieri, in una dimensione onirica e vaneggiante. Tutte pedine che, nella scenografia meravigliosa (di Tiziano Fario) di questo spettacolo, prendono le forme di Re, Regina, cavallo, alfiere e torre, manovrati sopra un’enorme scacchiera. Maddalena Rizzi, l’interprete di questo monologo, è convincente e totalmente nella parte. Al delirio di onnipotenza del personaggio, lei regala toni e mimiche facciali sorprendenti, inquietanti e sensuali. Emoziona e spiazza. Diretta dalla bellissima e suggestiva regia di Filippo D’Alessio e con l’ausilio delle raffinate musiche di Eugenio Tassitano, Maddalena ci trasporta in un’epoca apparentemente definita, ma in realtà sospesa nel tempo, attualissima nella sua essenza. Qualche perplessità suscita il testo, che in alcuni momenti pecca di eccessivo nozionismo, perdendone in ritmo e in capacità di catalizzare l’attenzione del pubblico.
La solitudine di chi detiene la corona, circondata non da amicizia o affetto, ma solo dal tornaconto, dove anche l’amore è menzogna. Una partita, da sempre immaginata dagli uomini ma in questo caso giocata da una donna. Sola, che parla e risponde ai sussurri della plebe, delle cortigiane e dei cavalieri, in una dimensione onirica e vaneggiante. Tutte pedine che, nella scenografia meravigliosa (di Tiziano Fario) di questo spettacolo, prendono le forme di Re, Regina, cavallo, alfiere e torre, manovrati sopra un’enorme scacchiera. Maddalena Rizzi, l’interprete di questo monologo, è convincente e totalmente nella parte. Al delirio di onnipotenza del personaggio, lei regala toni e mimiche facciali sorprendenti, inquietanti e sensuali. Emoziona e spiazza. Diretta dalla bellissima e suggestiva regia di Filippo D’Alessio e con l’ausilio delle raffinate musiche di Eugenio Tassitano, Maddalena ci trasporta in un’epoca apparentemente definita, ma in realtà sospesa nel tempo, attualissima nella sua essenza. Qualche perplessità suscita il testo, che in alcuni momenti pecca di eccessivo nozionismo, perdendone in ritmo e in capacità di catalizzare l’attenzione del pubblico.
Geniale
la messa in scena, dove la scacchiera e le pedine altro non sono
che l’infinito, ciclico, perverso gioco del potere, che sfida
altezzosamente anche la morte e che, quando finisce, rinasce sempre.
Dal letame.
Paolo
Leone
Elisabetta
I – le donne e il potere, di David Norisco.
Con
Maddalena Rizzi.
Regia
di Filippo D’Alessio; Scene di Tiziano Fario; Costumi di Silvia
Gambardella; Musiche di Eugenio Tassitano.
Si
ringrazia l’ufficio stampa del Teatro dei Conciatori, nella persona
di Maya Amenduni
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