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24 febbraio, 2015

IL CUORE DELL'HIMALAYA. Di Viola Banaj


Sabato 21 febbraio, il Teatro dei Filodrammatici, ha accolto lo spettacolo di Danza Sacra Tibetana reso possibile grazie all'Himalayan Cultural Center e l'organizzazione di Simona Bocchi.
La serata assomiglia ad invito a lume di candela al teatro dove, scendendo piano-piano le scale, sembra di essere avvolti in un'atmosfera etnica dal profumo di vaniglia. Mentre la gente sussura, un prete tibetano giunge in religioso silenzio alle nostre spalle e, ogni suo passo, comincia a sfuocare le luci della sala in cui è seduto il pubblico.

Un breve racconto dell'indicazione geografica, degli usi, dei costumi e della comunità musulmana della zona fanno da preludio. La narrazione dei legami di confraternita tra le varie comunità del grande Tibet virtuale fa da padrone per tutto il tempo, creando una particolare atmosfera di vicinanza tra le persone presenti. In questo clima di sobria fratellanza si continuano ad intrecciare poesie, canti e danze dell'Himalaya dal carattere curativo.

La danza sacra è chiamata Cham ed è rappresentata dai monaci che hanno raggiunto l'illuminazione attraverso costumi variopinti che in parte ricordano le gonne dei dervisci e dall'altra parte i classici abiti degli indios peruviani.

Sono le 20:40. I danzatori aprono le danze con un rullo di tamburi, piatti e maschere in pelle di agnello. I passi sono seguiti e sincronizzati da un canto lamentoso che sembra chiamare gli spiriti dall'aldilà e che plasma chi è seduto in platea. Al primo balletto succede una canzone classica nella quale le vibrazioni delle voci tra alti e bassi, sembrano volere descrivere e portare lo spettatore nella terra d'origine, passando per valli e catene montuose policromatiche. La sincronia perfetta che intercorre tra la voce, il battito delle mani e il movimento caratteristico dei piedi rende efficace l'intenzione dei monaci: quella di penetrare il pubblico con la loro lingua asiatica e di fondere completamente platea e scena.
Obiettivo raggiunto. Il pubblico inizia ad applaudire in anticipo senza sapere che da lì a poco verrà coinvolto in una preghiera per il ritorno di Dalai Lama dall'India al Tibet.
I primi canti "lamentosi" hanno ormai lasciato lo spazio a danze sempre più ritmate tra percussioni e tipici strumenti a fiato. I danzatori si lanciano in balli saltati e continui movimenti rotatori della testa con la Danza del Leone in cui il coraggio, l'illuminazione e la forza vengono rappresentati dalla presenza del monaco mascherato che sfida le leggi naturali muovendosi contemporaneamente tra due leoni bianchi e che accompagna tutti verso la chiusura della serata.


Viola Banaj

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