Roma,
Teatro Lo Spazio (Via Locri 42). Lunedì 2 febbraio 2015
Il
sodalizio artistico tra Melania Fiore ed Enrico Bernard, in questi
ultimi anni, ha prodotto spettacoli particolarmente interessanti, di
notevole livello. Testi di impegno civile, interpretazioni
appassionate, premi in diverse rassegne teatrali. Nell’unica serata
del 2 febbraio, il palco del Teatro Lo spazio di Roma ha ospitato la
loro ultima fatica, quel Mary Shelley e Frankenstein che tanto
successo aveva riscosso in prima nazionale, poche settimane fa, nel
Teatro Stanze Segrete.
Un’opera di grande, struggente poesia.
Un delicato equilibrio tra la lirica dei versi con cui è composto il
testo, le musiche scelte dalla stessa Melania ed una interpretazione
sorprendente, appassionata e appassionante come non mai. La
tormentata, sfortunata, controversa vita di Mary Shelley, la
scrittrice inglese vissuta tra la fine del 700 e la prima metà
dell’800, celebre per il romanzo Frankenstein, ovvero il moderno
Prometeo, è rappresentata in maniera mirabilmente sintetica nei
suoi tratti essenziali. Il dolore, i sensi di colpa per la morte
della madre al parto, l’amore appassionato e scandaloso per il suo
Percy, il lucido delirio di una mente provata da una serie
impressionante di disgrazie, avvolta nei fumi di un fato implacabile,
prendono corpo nella grande presenza scenica di una Melania Fiore
in stato di grazia, che interpreta con particolare passione ed
empatia Mary. La fa sua, si lascia trasportare dalla musicalità
del testo e lo arricchisce con veemenza, seguendone la lirica,
illuminandola con un “fuoco sacro” d’altri tempi, quasi in
trance, e curandone anche la regia, dinamica e suggestiva. Il suo
amore per la poesia, frutto degli insegnamenti del suo maestro,
l’indimenticato Mario Scaccia, si è materializzato
nell’interpretazione di un personaggio studiato nei minimi
particolari, ed ha permesso di esaltare l’intima essenzialità
della Shelley, donna di grande intelletto e sensibilità fuori dal
comune, anticipatrice dei tempi e quindi scomoda, generosa in amore
ai limiti dell’autodistruzione, che ha conosciuto e affrontato i
suoi mostri interiori, prima ancora di creare il suo, quel
Frankenstein grazie al quale ancora oggi è ricordata. Racconta, Mary
– Melania, travolgente nel suo eloquio appassionante, i viaggi, gli
stenti, gli affanni, la poesia, il lato oscuro, la fredda solitudine
di un’anima provata dalla vita sin da piccola, su cui sembra
inevitabile l’abbattersi di un destino tragicamente segnato, ma al
quale non si rassegnò mai. Con l’ausilio della bellissima voce
narrante di Aldo Emanuele Castellani, il monologo di Melania Fiore
è uno dei più appassionati e coinvolgenti visti in questa stagione.
Paolo
Leone
Mary
Shelley e Frankenstein, di Enrico Bernard.
Interpretato
e diretto da Melania Fiore.
Con
la partecipazione in voce di Aldo Emanuele Castellani; Tecnico audio
e luci: Alessio Pascale; Assistente alla regia: Riccardo Santini
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