Teatro
Filodrammatici, Milano. Dal 3 all'8 febbraio 2015
Una
storia ruvida, dura, reale, dove la notte prevale sul giorno, il buio
sulla luce, scritta da Chloe Moss, giovane drammaturga di Liverpool
che ha vinto, con questo testo,rappresentato a Londra nel 2008, il
Susan Smith Balckburn Playwriting Prize e che ha come protagoniste
Loredana e Mary, interpretate dalle ottime Orietta Notari e Raffaella
Tagliabue e dirette da Laura Sicignano,
Le
due donne si ritrovano fuori dal carcere, dopo che lì hanno diviso
la stessa cella, diventando, per amore o per forza, amiche, o più
profondamente, incarnando la figura della madre e della figlia.
Una
notte, Loredana, appena uscita dal carcere, non sapendo dove andare,
bussa alla porta dell’angusto monolocale di Mary, probabilmente
poco più grande della cella dove erano confinate. Arriva con una
sacca da palestra, vestita in una tuta informe, la stessa che
indossava anche dentro, fa uso di antidepressivi, non ha nulla di
femminile, ormai cinquantenne, se non l’istinto materno che il
carcere non è riuscito a sopprimere. Fuori ha lasciato un figlio,
Danny, di cui conserva solo una lettera scritta quando era piccolo, e
ora, tutto quello che desidera, è rivederlo.
Mary,
più giovane, è femminile ma ordinaria, sciatta, bugiarda, fa
credere all’amica che lavora come cameriera in un bar, invece il
turno di cui parla lo fa sulle strade, a battere e a farsi battere. E
anche a Loredana farà credere che potrebbe avere la possibilità di
lavorare insieme a lei. Bugie necessarie, inevitabili, per mascherare
la mancanza di aspettative e di futuro, con lo scopo di fare
contenta l’amica, che, da una parte, vorrebbe rimanesse con lei,
dall’altra, teme che il suo spazio vitale, già stretto, rischi
di restringersi ancora di più. Entrambe si illudono, in questo
modo, di avere ancora delle chance, delle speranze, ma quando
una notte Mary torna a casa insanguinata e Loredana confessa che suo
figlio vuole interrompere ogni contatto con lei, il castello di
carte crolla, la vita appare per quello che è e loro per quello che
sono: due ex detenute, fragili, sole, disperate. Forzate a vivere
una vita che non riconoscono, che non sanno affrontare, si
mascherano dietro risate artefatte, sbronze, vestiti a buon mercato,
trucchi pesanti, dividendo uno spazio limitato, disordinato,
impersonale.
Lo
squallore si vede e si sente, la disperazione e la paura hanno il
sapore del vomito, del gin e del vuoto assoluto. Non si avverte mai
l’idea di libertà, forse nemmeno mai la parola viene pronunciata e
quella frase “è orribile fuori” è il sintomo della paura che
le attanaglia e del filo che ancora, e forse per sempre, le lega al
carcere.
Così
la regia evita il giorno e si concentra sulla notte, lunga, immensa,
fredda, o sulla pioggia che scivola sul vetro della finestra e su cui
Mary concentra i ricordi di bambina e che costringe Loredana, senza
ombrello, a rinunciare a vagare per la città e a tornare indietro. E
proprio in quel momento, la pioggia smetterà di cadere, lasciando
il posto a qualche raggio di sole.
La
Notari, nel ruolo di Loredana, è impacciata, ingoffita, ha perso la
stima di se stessa, il suo esser donna, eppure tutto quello che
chiede è di poter voler bene a qualcuno. Dall'altra parte la
Tagliabue, Mary, è cinica, insofferente, nervosa, ma quel “voglio
mia madre” che le esce dalle labbra tumefatte di sangue, ha un peso
enorme, e ci lascia un brivido addosso. Ecco perché le due donne,
disabituate alla libertà, all'indipendenza, agli affetti, si sono
ritrovate anche fuori, ma fuori da dove?
Daria
D.
Traduzione
di Laura Sicignano e Eliana Amadio
Regia
di Laura Sicignano
Con
Orietta Notari e Raffaella Tagliabue
scene
di Laura Benzi
costumi
Maria Grazia Bisio
produzione
Teatro Cargo
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