Napoli,
Teatro Il Primo (Via del Capricorno 4). Dal 6 all'8 marzo 2015. Di
Andrea Arionte
L'associazione
culturale Componium porta sul palcoscenico del Teatro il Primo di
Napoli uno spettacolo dedicato al genio
dell’ haute-couture
ed
inventore del prêt-à-porter
femminile Yves Saint Laurent, dal titolo L'amour
fou,
libero adattamento teatrale del romanzo epistolare Lettere
a Yves Saint Laurent scritto
da Pierre Bergé, compagno di vita del celebre stilista.
Dopo
cinquant'anni di “amore folle”, un amore pubblico e illeso, che
forte e passionale affrontò per decenni la società contemporanea
ancora poco incline a concepire l'omosessualità, Bergé scrisse la
sua prima lettera pochi giorni dopo la scomparsa dell'amato, in
quello stesso giugno del 2008.
La
pièce trae spunto dall'omonimo docu-film diretto da Pierre Thoretton
e dalla pellicola Yves
Saint Larent di
Jalil Lespert (2014), ed è il primo lavoro che Marco Sgamato,
giovane interprete e musicista puteolano, firma in qualità di
regista.
Insieme
a Roberta Di Maggio e Pina Paone, Sgamato si ispira ad una
drammaturgia semplice ma non scontata, costruisce una performace
interattiva e di grande effetto, che comprende oltre a buuone
soluzioni sceniche ed illuminotecniche anche proiezioni di filmati ed
immagini per illustrare ed al contempo osannare una vita dannata
fatta di gloria e successo, lusso ed arte ma corrosa nel tempo dal
dolore, dalla depressione, dall'alcool e dalla droga.
La
sinossi è incentrata su un lungo monologo di Bergé ─
interpretato con stile, eleganza e recitato con impeccabile dizione
da Giovanni Caputo ─
il quale narra o rilegge le proprie memorie al compianto Yves.
Quest'ultimo è un'ombra, una sagoma dalle fattezze ancora giovanili,
nascosta all'interno dei suoi pensieri più intimi, è una presenza
leggera ed aleatoria, evanescente, un'anima androgina e “danzante”,
come lo stesso regista suggerisce.
Proiettata
ed ingigantita in controluce su pannelli bianchi, essa è affiancata
in determinati momenti da altre due silhouette che di volta in volta
richiamano i celebri abiti delle sue collezioni e le sinuose modelle
delle passerelle.
Contemporaneamente
al racconto dell'attore si materializzano spazi menmonici ed
indefiniti, nei quali si snoda l'azione; luoghi dinamici, che di
continuo trasformano il palco del Primo.
Grazie
all'interazione con pochi oggetti in scena ─
in particolar modo quattro cubi bianchi simili a quello sul quale
Yves siede nella famosa foto di Jean Loup Sieff ─
si viene a creare un gioco di incastri e di forme, una specie di
puzzle labirintico che si chiude con i separè che fanno da fondale.
Ed
ecco che il pubblico si ritrova spettatore de funerale dello
stilista; sbircia dietro le quinte di una sfilata di moda o ancora,
insieme al Bergè narrante, siede nel lussuoso salone della villa
Majorelle di Marrakech; partecipa alla fortunata asta che si svolse
nel 2009 al Grand Palais di Parigi e che si concluse con la vendita
dell'intera collezione di dipinti, mobili ed oggetti appartenuta ai
due compagni.
Gli
scritti di Bergé recitati da Caputo ci riportano in pratica indietro
nel tempo, ripercorrendo le tappe principali del vissuto:
dall'incontro con lo stilista ancora ventunenne e già dotato di uno
strabiliante talento creativo (lo stesso che nel 1968 lo rese
direttore della maison
Dior)
alla fondazione della loro azienda, passando in vista alcuni tra i
capi più noti ed estrosi che Yves disegnò.
Ma
non fu purtroppo una vita fatta tutta di colori, stoffe pregiate e di
ricchezza. Bergè rivela tristi aneddoti: crisi all'interno del loro
rapporto, tradimenti e sesso gratuito, tentativi di suicidio e
momenti di isolamento.
Vani
furono gli sforzi di Pierre per alleviare quei tormenti. Anche se
difficile a crederlo, Yves Saint Laurent soffriva profondamente la
solitudine.
Eppure
l'affetto tra i due era sempre rimasto intatto forse perchè
infrangibile ed il legante di tanta complicità fu di certo l'
erotismo, l'amore per l'arte, il voler raggiungere uno stesso
obiettivo all'insegna della grandezza, credendo nelle proprie
capacità.
L'amour
fou
è insomma una performance completa che non manca di includere
perfino elementi di danza al suo interno e che offre momenti di
riflessione su argomenti estremamente delicati quali appunto
l'omosessualità, la tossicodipendenza, l'infelicità dell'uomo.
Spettacolo
interessante dal punto di vista biografico, coinvolgente ed
comunicativo, promette di certo un ottimo seguito.
Andrea
Arionte
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