Roma,
Teatro dell’Angelo (Via Simone de Saint Bon 17). Dal 18 al 29 marzo
2015
“Petrolini è quella cosa
che ti burla in ton garbato,
poi ti dice: ti à piaciato?
se ti offendi se ne freg.”
Rivive
il grande Petrolini, in questi giorni, sul palco del Teatro
dell’Angelo. La pièce, nata nel 2009 dal testo di Giovanni
Antonucci, per la regia di Francesco Branchetti, si avvale
dell’interpretazione, tanto difficile quanto superlativa, di un
Antonello Avallone in grande spolvero. Uno spettacolo emozionante,
intriso di un velo di malinconia. Non pensate di trovare pantomime e
scenette a raffica, perché questo raffinato lavoro ci restituisce lo
spessore di uno dei più grandi autori ed attori italiani, capace di
influenzare in modo deciso la comicità del novecento.
E’ infatti un Petrolini chiuso nella sua casa, gravemente malato, quello che racconta la sua carriera dagli inizi, in strada, fino ai fasti della Comedie Francaise. Una persona semplice che, nel corso degli anni, si vide affibbiare etichette di ogni tipo, ma che non perse mai quell’umiltà, quel disincanto tipicamente romano che gli permise di guardare sempre il grande circo del mondo dello spettacolo quasi con distacco, quel tanto che gli consentiva di metterne in ridicolo i suoi clichè, i suoi falsi miti, le sue cialtronerie. Acuto osservatore, anticonformista all’avanguardia, osannato dai futuristi pur se tanti suoi testi furono scritti prima dell’omonimo movimento.
E’ infatti un Petrolini chiuso nella sua casa, gravemente malato, quello che racconta la sua carriera dagli inizi, in strada, fino ai fasti della Comedie Francaise. Una persona semplice che, nel corso degli anni, si vide affibbiare etichette di ogni tipo, ma che non perse mai quell’umiltà, quel disincanto tipicamente romano che gli permise di guardare sempre il grande circo del mondo dello spettacolo quasi con distacco, quel tanto che gli consentiva di metterne in ridicolo i suoi clichè, i suoi falsi miti, le sue cialtronerie. Acuto osservatore, anticonformista all’avanguardia, osannato dai futuristi pur se tanti suoi testi furono scritti prima dell’omonimo movimento.
Le sue parodie e i suoi personaggi più riusciti sono
restituiti al pubblico in un gioco di memoria e attualità (quella
degli ultimi suoi giorni), grazie ad una delle più intense
interpretazioni di Avallone che, aiutato da un suggestivo disegno
luci di Erika Barresi e dalle musiche di Pino Cangialosi, una
garanzia di giusta atmosfera, riesce a sostenere i ritmi serrati
della regia di Branchetti e a valorizzare un testo bellissimo e
difficile, ricco di parole e significato, con repentini cambi di
registro. Impressionante. Ma la cosa che più è piaciuta è
l’armonia d’insieme dello spettacolo. Sarebbe assurdo, oggi,
riproporre tout-court la comicità di Petrolini e allora ecco che
“Io, Ettore Petrolini” diventa un caleidoscopio di emozioni, di
ricordi, di epoche che sembrano lontane anni luce. Un lavoro con un
grande afflato poetico e romantico. Uno spettacolo che riesce ad
affrancare l’immagine dell’uomo da quella del comico, il sagace
osservatore dei costumi dai suoi personaggi surreali. Un’operazione
raffinata, come l’acume di Petrolini, ricercatore della banalità
umana nascosta sotto le maschere più affascinanti.
Paolo
Leone
“Io,
Ettore Petrolini” di Giovanni Antonucci.
Con
Antonello Avallone.
Musiche
originali di Pino Cangialosi; Scene e costumi di Red Bodò; Disegno
luci di Erika Barresi.
Regia
di Francesco Branchetti.
Penso che ci sia sempre bisogno (ma in questo periodo forse di più) di ricordarsi dei grandi comici del passato prossimo come Petrolini
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