Roma,
Teatro Ambra Garbatella (Piazza Giovanni da Triora 15). Dal 3 al 15
marzo 2015
Un
tuffo in un recentissimo passato, quello in scena dal 3 marzo
all’Ambra Garbatella ne “L’ultimo volo”, insolita pièce di
Gianni Clementi. Insolita perché l’autore di deliziose commedie
dal sapore agrodolce, stavolta inchioda alle poltrone con una storia
tragica. Argentina 1978, che per noi ragazzi era sinonimo di gioia,
calcio, tifo, per tanti il primo mondiale “a colori” da vedere
insieme agli amici davanti alla tv, fu invece l’apoteosi di un
regime militare crudele, sanguinario, che in troppi facevano finta di
non vedere. Calcio e gioventù, cosa c’è di più allegro? Sport e
amori, sogni, progetti, speranze di un futuro sereno, di lavoro, di
figli da crescere bene. Quella stessa gioventù a cui fu negato un
futuro, spazzata via dalla lucida follia del Generale Videla e i suoi
sicari, viene messa in scena per la bella regia di Claudio
Boccaccini, da un cast numeroso di giovani bravi attori (alcuni già
noti nel panorama teatrale), con la preziosa collaborazione di Paolo
Perinelli, filo conduttore della storia, dal proscenio, in un bel
gioco tra quel passato ed un presente vicino a noi-. Tra quei sogni
spezzati e la città italiana in cui lui, solo sopravvissuto di quel
gruppo di liceali amici, si è trasferito.
Nella drammaturgia di Clementi, soprattutto nella prima parte (quella della spensieratezza) affiora l’ironia, anche l’involontaria comicità tipica dei giovani studenti, di un gruppo di amici alla vigilia della finale della Coppa del Mondo, Argentina contro Olanda. Musica, canti, balli e costumi (bellissimi, di Antonella Balsamo) ci portano negli anni 70, colorati e ricchi di speranza. Ma nella seconda parte la goliardia precipita nell’incubo, quello efficacemente accennato nel prologo. La stessa scenografia, molto bella e significativa (Pasquale Cosentino), con l’aiuto di luci e fonica (Aurelio Rizzuto) trascina tutti nell’angoscia di una situazione il cui epilogo è già evidente. La scena diventa fosca, come i loschi aguzzini incaricati di quell’ultimo volo in elicottero. Un barlume di speranza è la presenza, nel commando di esecutori, di Jaime, nevrotico personaggio che scoprirà che quel carico umano è composto dai suoi ex compagni di scuola. Un accenno di umanità, fragile di fronte a tutto quell’orrore e a quel delirio di onnipotenza di un regime che ha paura anche delle ombre. O di una canzone di libertà cantata da un gruppo di ragazzi. Quell’ultimo volo prosegue, portando con sé i sogni di ogni singolo studente, così ben dipinti nella prima parte e, prima di giungere a destinazione, planerà sullo stadio in tempo per vedere il gol della nazionale argentina. Come un ultimo desiderio, dei condannati ma anche degli assassini. Quelli che…“quando fai certe scelte, è meglio sparire”.
Nella drammaturgia di Clementi, soprattutto nella prima parte (quella della spensieratezza) affiora l’ironia, anche l’involontaria comicità tipica dei giovani studenti, di un gruppo di amici alla vigilia della finale della Coppa del Mondo, Argentina contro Olanda. Musica, canti, balli e costumi (bellissimi, di Antonella Balsamo) ci portano negli anni 70, colorati e ricchi di speranza. Ma nella seconda parte la goliardia precipita nell’incubo, quello efficacemente accennato nel prologo. La stessa scenografia, molto bella e significativa (Pasquale Cosentino), con l’aiuto di luci e fonica (Aurelio Rizzuto) trascina tutti nell’angoscia di una situazione il cui epilogo è già evidente. La scena diventa fosca, come i loschi aguzzini incaricati di quell’ultimo volo in elicottero. Un barlume di speranza è la presenza, nel commando di esecutori, di Jaime, nevrotico personaggio che scoprirà che quel carico umano è composto dai suoi ex compagni di scuola. Un accenno di umanità, fragile di fronte a tutto quell’orrore e a quel delirio di onnipotenza di un regime che ha paura anche delle ombre. O di una canzone di libertà cantata da un gruppo di ragazzi. Quell’ultimo volo prosegue, portando con sé i sogni di ogni singolo studente, così ben dipinti nella prima parte e, prima di giungere a destinazione, planerà sullo stadio in tempo per vedere il gol della nazionale argentina. Come un ultimo desiderio, dei condannati ma anche degli assassini. Quelli che…“quando fai certe scelte, è meglio sparire”.
“L’ultimo
volo” arriva dritto al cuore e allo stomaco dello spettatore, in
apnea fino al termine. Solidissimo strutturalmente, pecca nella
seconda parte in qualche passaggio troppo lungo, dove qualche
sforbiciata sui tempi gioverebbe non poco e qualche dialogo durante
il viaggio scivola pericolosamente verso il melodrammatico.
Ma
rimane uno spettacolo forte, fortissimo. Per conoscere, per non
dimenticare quel che è stato. “Erano ragazzi. Come qualsiasi
ragazzo di qualsiasi città del mondo”. Ieri, oggi, domani.
Paolo
Leone
“L’ultimo
volo”, di Gianni Clementi. Regia di Claudio Boccaccini.
Con:
Filippo Carrozzo, Gabriele Carbotti, Federica Di Lodovico, Benedetta
Fasano, Gabriele Galli, Ramona Gargano, Filippo Laganà, Fabio
Orlandi, Luca Paniconi, Ariele Vincenti, Martina Zuccarello.
E
con la partecipazione di Paolo Perinelli.
Assistente
alla regia: Marzia Verdocchi; Aiuto alla regia: Massimo Cardinali;
Luci e fonica: Aurelio Rizzuto; Costumi: Antonella Balsamo;
Assistente costumista: Francesco Bureco; Scene: Pasquale Cosentino;
Foto: Francesco Nannarelli; Grafica: Marco Letteratis.
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