GAMeC, Bergamo. Fino al 21
giugno 2015
“… gran
stupor a chi vede ste piture. Ghe par de veder carne, vita e senso”
scrive nel 1674 Marco Boschini ne “La carta del navegar pitoresco”
Queste
sintetiche parole ci introducono alla magnifica mostra “Palma il
Vecchio, lo sguardo della bellezza” che si è aperta il 13 marzo e
che rimarrà allestita fino al 21 giugno alla GAMeC di Bergamo, in
occasione dell’EXPO, organizzata dal comune e dalla Fondazione
Credito Bergamasco, curata da Giovanni C.F. Villa e che ha preso in
prestito opere provenienti da il
Musée du Louvre di Parigi, dalla National Gallery di Londra, da il
Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, da l’Hermitage di San
Pietroburgo, il Kunsthistorisches Museum di Vienna, la Gemäldegalerie
di Dresda, il Philadelphia Museum of Art, lo Staatliche Museen di
Berlino, e da grandi musei italiani come gli Uffizi di Firenze, la
Galleria Borghese di Roma, le Gallerie dell’Accademia di Venezia,
solo per citarne alcuni.
Il
grande pittore rinascimentale, nasce nel 1480, con il nome di Jacopo
Negretti, a Serina, paese della Val Brembana da famiglia modestissima
e presto si trasferisce a Venezia, polo di attrazione artistico ed
economico dell’Italia settentrionale durante il florido periodo
storico.
È
il Vasari a dargli il soprannome di Palma
e il Borghini, nel 1584, quello di il Vecchio, per distinguerlo dal
pronipote, che era soprannominato il Giovane. A Venezia viene a
contatto con i maestri Vittore Carpaccio, Giovanni Bellini,
Giorgione, Tiziano, e qui, appresa la tecnica e raffinata l’arte,
comincia il suo percorso di pittore, che, grazie ai numerosi
committenti per cui dipinge fino alla morte avvenuta prematuramente
nel 1528, lo porterà ad innalzarsi alla tanto meritata fama.
Il
ritratto di donna detta “La Bella” campeggia nel manifesto della
mostra e lei, la dama bionda vestita di un sontuoso abito,
discretamente ma fermamente ci invita ad entrare, perché come
scrive il critico Paolo Lomazzo “nelle femmine va osservato con
esquisita diligenza la bellezza”. Tale bellezza la possiamo
ammirare nel “Ritratto di giovane donna in abito blu con
ventaglio”, o “ La suonatrice di liuto”, nella “Giuditta con
la testa di Oloferne”, e di tutte queste donne le forme sensuali e
caste insieme, riempiono la tela, e sembrano talvolta uscirne, tanto
quella carne è florida, vitale, pastosa e gli sguardi ammiccanti,
sognanti, misteriosi.
E
se le forme muliebri dei ritratti si scoprono e si offrono fra la
ricchezza tonale e formale dei costumi, a questo proposito si possono
ammirare due costumi ricreati da Mara Bertoli, ispirati alla “Donna
in blu” e al ritratto femminile incompiuto di Paola Priuli della
Fondazione Querini Stampalia di Venezia, i personaggi religiosi ci
stupiscono per la ricchezza dei colori. Colori accecanti, senza
pudore mischiati tra loro per vestire la Madonna con un manto blu e
rosso, il Battista di arancione bordato di grigio, vari altri santi
di verde squillante che si staglia sullo sfondo del paesaggio. Quanta
gioia e voglia di vivere c’è in quell’esplosione di colori, ne
siamo contagiati, e ci viene da fare il paragone con certa parte di
cosiddetta “arte moderna”, o delle creazioni di alcuni fashion
designer che più in là di un grigio fumo di Londra o di un
diafano beige non osano avventurarsi.
Ma
oltre al colore, così splendidamente usato, c’è energia, grazia,
movimento interiore, anche nei paesaggi dalla serena e struggente
natura, e ogni quadro diventa un nutrimento per gli occhi, per la
mente e per il cuore.
E
se poi, finita la visita a Palma, avete ancora fame di bellezza,
potete passare alla rinnovata Accademia Carrara di Belle Arti, al
lato opposto. Vi sazierete di Mantegna, Bellini, Longhi, Raffaello,
Tiziano, Caravaggio e molti altri, e ringrazierete collezionisti
privati come il conte Guglielmo Lochis, il senatore Giovanni Morelli,
Federico Zeri per le donazioni fatte alla straordinaria Pinacoteca di
Bergamo.
EXPO:
hic et nunc sed Arte est aeterna
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