Teatro
Verga. Dall’11 al 26 aprile 2015
«Si
può morire per un principio?» è quanto domanda, in maniera
assillante, Santippe (Renata Zamengo) al marito Socrate (Pippo
Pattavina). Il padre della filosofia occidentale è reo ai suoi occhi
di aver giocato con le parole ma di fatto dopo che il
tribunale di Atene l’ha dichiarato colpevole, perché scomodo, sono
poche le speranze per la vita dell’uomo. Il suo destino è segnato:
una lenta morte per mezzo della cicuta. Il paradosso dell’eponimo
testo teatrale di Vincenzo Cerami, in scena al teatro Stabile di
Catania dal 12 al 26 aprile 2015, si sviluppa attorno alla
discrepanza tra una giustizia di facciata, basata su una finta
democrazia di cui si fanno portavoce gli accusatori e la necessità
del condannato di rispettare le Leggi e la Città, laddove i primi lo
vorrebbero rinunciatario davanti a tale destino. Lo spettacolo
strutturato in due atti si apre nel carcere e procede a ritroso, è
nel secondo atto che, dopo una breve parentesi in stile
avanspettacolo nella quale si mette in scena un passo tratto dalle
“Nuvole” di Aristofane, si affronta tutto il processo.
Cerami ha attinto per la stesura dell’opera, oltre che alla commedia aristofanesca, all’Apologia, al Fedone e al Critone di Platone e proprio uno dei momenti più intensi è raffigurato dall’incontro con il discepolo Critone (Riccardo Maria Tarci), il quale tenta come già prima di lui la guardia carceraria (Franz Cantalupo) di convincere il maestro a rinunciare all’idea di accettare la condanna a morte. Il fine ultimo del processo è di screditarlo davanti a tutti, di mostrare il vero volto di questo incantatore di menti, fatto ciò gli accusatori sembrano soddisfatti. E invece Socrate prima con il fedele Critone, poi con gli altri discepoli e infine con la moglie e il figlioletto (Alessandro Giorgianni) dimostra con piglio critico, come in qualità di cittadino della pòlis non può che sottostare al verdetto del tribunale e sacrificare la sua vita.
Cerami ha attinto per la stesura dell’opera, oltre che alla commedia aristofanesca, all’Apologia, al Fedone e al Critone di Platone e proprio uno dei momenti più intensi è raffigurato dall’incontro con il discepolo Critone (Riccardo Maria Tarci), il quale tenta come già prima di lui la guardia carceraria (Franz Cantalupo) di convincere il maestro a rinunciare all’idea di accettare la condanna a morte. Il fine ultimo del processo è di screditarlo davanti a tutti, di mostrare il vero volto di questo incantatore di menti, fatto ciò gli accusatori sembrano soddisfatti. E invece Socrate prima con il fedele Critone, poi con gli altri discepoli e infine con la moglie e il figlioletto (Alessandro Giorgianni) dimostra con piglio critico, come in qualità di cittadino della pòlis non può che sottostare al verdetto del tribunale e sacrificare la sua vita.
Il testo teatrale sebbene tratti
tematiche portanti per l’essere umano, come il concetto di
giustizia, di etica, di morale, di rispetto per la Città e le sue
Leggi, dimensione imprescindibile nel mondo greco e in teoria non
solo in quello, contrapposte alla corruzione e alla corruttibilità
di corpo e spirito, risulta snello in tutti i suoi passaggi e
facilmente fruibile. Nella regia di Ezio Donato non ci sono grandi
innovazioni ma nel complesso è gradevole, anzi il regista ha usato
alcuni escamotage utili per mantenere lineare il racconto,
come nel momento in si avvale di una controfigura di Socrate che
dorme, mentre questo affrontare un lungo discorso intorno al Corpo e
all’Anima. Il nutrito cast di attori è omogeneo, naturalmente
alcuni interpreti spiccano più di altri, in particolare Pippo
Pattavina, il quale si mostra in questo più che in altri spettacoli
come artista poliedrico, con una buona interpretazione nella parte
drammatica ed una esilarante negli sketch e nel canto, punto di forza
della sua lunga carriera. Degno contraltare è una sanguigna Renata
Zamengo, l’attrice sebbene sia entrata in corsa nel ruolo di
Santippe, è stata in grado di far risaltare appieno il forte
temperamento che contrassegna il suo personaggio, il tutto con grande
senso della misura e senza cadere negli eccessi. Vero portento è
Sebastiano Tringali nelle vesti di un superbo Anito, il più accesso
accusatore di Socrate, che come ogni antagonista che si rispetti ha
giocato con le tonalità più profonde della voce per alimentare le
venature più spietate e meschine della personalità del magistrato.
Convincono altresì Alberto Bonavia, nei panni del comandante del
carcere e Giampaolo Romania, il quale nelle vesti di Strepsiade ha
saputo tenere banco per tutto il secondo atto, dimostrandosi ottima
spalla comica per Pattavina.
Le scene dello spettacolo firmate da
Giuseppe Andolfo sono state riprese da Dora Argento che cura anche i
costumi. La scenografia è d’impatto seppure basilare, nel primo
atto si apre in modo da creare una finestra sul carcere nel
quale Socrate è prigioniero, nel secondo atto lascia spazio a un
banco degli imputati con ai lati dei praticabili usati come gradinate
dove gli attori/spettatori possono prendere parte al processo. Molto
interessante la scelta dei costumi, gli abiti sono in stile
ottocentesco, comprese le uniformi verde militare delle guardie
carcerarie, l’unico ad indossare l’himation, il mantello
greco, è Socrate, probabilmente a simboleggiare la sua rettitudine
d’animo e la lealtà verso la giustizia. Nicola Piovani ha
realizzato le musiche, i brani sono pochi di fatto ma puntano,
attraverso gli archi, ad accrescere la drammaticità del testo, il
vero problema è che vengono usati per lo più senza un vero disegno
registico dietro risultando fastidiose duranti alcuni dialoghi. Lo
spettacolo è molto ricercato, grazie alla forza di un testo che con
grande vitalità e coraggio affronta tematiche universali per la
società e per quel teatro che non mira solo a mettere in scena
l’oggi ma piuttosto attinge a testi paradigmatici, validi in ogni
tempo e in ogni spazio.
Laura
Cavallaro
Socrate di Vincenzo Cerami regia Ezio Donato scene Giuseppe Andolfo riprese da Dora Argento
costumi Dora Argento musiche Nicola Piovani a cura di Pierluigi Pietroniro movimenti coreografici di Donatella Capraro luci Franco Buzzanca con Pippo Pattavina, Sebastiano Tringali, Renata Zamengo, Alberto Bonavia, Franz Cantalupo, Giampaolo Romania, Riccardo Maria Tarci, Vittorio Vaccaro gli allievi della scuola d'arte drammatica "Umberto Spadaro": Roberta Andronico, Michele Arcidiacono, Azzurra Drago, Federico Fiorenza, Vincenzo Laurella, Graziana Lo Brutto, Gaia Lo Vecchio, Luigi Nicotra
il piccolo Alessandro Giorgianni
e Pietro Cavalieri, Camillo Pavone, Giovanni Caruso
le musiche de “Le nuvole” di Aristofane sono di Pippo Pattavina
La metopa del “rapimento di Europa” è stata realizzata dagli scultori Alessandro Merlo e Luca Mirko Maugeri e dalla pittrice Carmen Roberta Mannino, allievi del corso TFA 2014-15 dell’Accademia di Belle Arti di Catania.
Le musiche di Piovani sono state registrate presso StudioTape, Cataniaed eseguite da Pierluigi Pietroniro primo violino, Caterina Coco secondo violino, Matteo Blundo viola, Bruno Crinò violoncello, Carmelo La Manna contrabbasso
produzione Teatro Stabile di Catania
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