12 agosto, 2015

Per il Ritorno della Commedia dell’Arte. Una Nuova Commedia, delle Nuove Maschere. Testo teorico di Stefano Duranti Poccetti


Peeter van Bredael, Commedia dell'Arte
Era l’agosto 2013 quando ipotizzavo l’avvento di una Nuova Commedia dell’Arte. Avevo scritto tutto: il manifesto, un piccolo saggio di presentazione e anche un testo teatrale dal titolo “Città comica, città tragica”. Questi documenti erano rimasti appartati in una cartella del computer e oggi decido di pubblicarli. A seguito il Manifesto, il saggio e un appunto su ipotetiche nuove maschere. Forse un giorno riuscirò a pubblicare, magari anche a rappresentare, la pièce di cui parlavo in precedenza.



Manifesto per il Ritorno della Commedia dell’Arte.
La Commedia dell’Arte non è mai morta, è lì che aspetta di essere rispolverata

Amici Teatranti e amici del Pubblico, da quanto tempo è che parliamo di “Commedia dell’Arte”? Da sempre praticamente; tutti nel nostro sangue abbiamo la Commedia dell’Arte. Il problema è che ultimamente noi non ne parliamo come una cosa viva, ma ne parliamo come se fosse un pezzo da Museo, messa in bacheca o rappresentata come se fosse una reliquia d’epoca. In realtà la Commedia dell’Arte è più viva che mai, pronta all’uso! Non aspetta altro che qualcuno la riporti nei Teatri. Insomma, amici, non avete voglia e desiderio di creare delle nuove maschere per la Commedia dell’Arte? Poi nuovi cliché e nuove situazioni… tutto questo perché finalmente la Commedia dell’Arte ritorni – non rinasca, perché in realtà non è mai morta!


Come vogliamo il Teatro per questo Ritorno?

Vogliamo che il Pubblico ricominci ad andare a Teatro e che non ne sia spaventato!

Vogliamo un Teatro che non tenga conto della televisione, ma che percorra la sua strada.

Vogliamo un Teatro che non dialoghi con se stesso o con pochi operatori dello Spettacolo, ma con il Pubblico.


E cosa vogliamo dal Ritorno della Commedia dell’Arte?

Vogliamo la stessa velocità e precisione ritmica di quella originaria; vogliamo la stessa caparbia interazione gestuale e vocale tra i personaggi.

Vogliamo la farsa, sì, ma una farsa diversa; una farsa che non divenga schiava della stessa farsa, ma che sia caricata di significati profondi. Al suo Ritorno infatti la Commedia dell’Arte avrà anche dei momenti tragici e mai e poi mai la commedia dovrà diventare un pretesto per dimenticare di parlare di alti significati sociali, concettuali, spirituali. Le drammaturgie della Commedia dell’Arte infatti non saranno solo delle farse, ma saranno in grado di raccontare tramite la comicità situazioni serie e importanti, caricandosi sovente di una certa intensità poetica e spirituale. In definitiva i copioni non saranno solo delle scritture farsesche, ma dei drammi completi e a tutto tondo, in grado e di far ridere e di far pensare e riflettere, ed è per questo motivo che a essere rappresentate non saranno soltanto maschere stereotipate; esse saranno affiancate in scena infatti da personaggi perfettamente umani e psicologici, ponderati e profondi, che con le loro riflessioni si scontreranno con le “ossessioni” e i limiti delle maschere.

Vogliamo Maschere nuove, personaggi nuovi, così da riformulare una “nuova mitologia” del Teatro e della Commedia dell’Arte; personaggi adatti ai nostri tempi, personaggi che non indosseranno più le ingombranti maschere dell’antica Commedia, ma saranno vestiti con semplicità e a volto scoperto.
Vogliamo che la Commedia dell’Arte sia rappresentata in Teatro a luci accese, dove il pubblico avrà il permesso di parlare durante la rappresentazione e il bar del teatro potrà distribuire vivande durante le rappresentazioni; rappresentazioni non troppo lunghe, perché il pubblico non si stanchi, e dove il costo del biglietto non sarà alto, perché tutti i cittadini dovranno avere la possibilità e lo stimolo di poter partecipare.

La Commedia dell’Arte, come sappiamo, era improvvisata o comunque “nasceva all’improvviso”. Questo non sarà subito possibile da realizzare, perché all’inizio non saranno state collaudate né abbastanza maschere né abbastanza situazioni nuove; è per questo che le prime Commedie dovranno essere scritte interamente come veri e propri drammi teatrali e solo in un secondo momento si potrà giungere all’improvvisazione, quando il materiale sarà abbastanza denso e vasto.

Questo è il Manifesto che lancio a tutti coloro che crederanno in queste idee, a tutti coloro che vorranno fare parte al progetto per creare una “nuova mitologia teatrale”, a tutto quel Pubblico che vorrà tornare a Teatro senza sentirsi soffocato davanti a una rappresentazione autoreferenziale e a-teatrale, a tutti gli attori che vorranno sperimentare nuove maschere e nuove situazioni sceniche, a tutti i drammaturghi che vorranno ricominciare a scrivere per la Commedia, a tutti i registi e produttori che ricominceranno a credere sul potenziale della Commedia di Zanni.

Io la mia l’ho detta con questo Manifesto e chi vorrà seguirmi mi seguirà, ma, se non sarò io il promotore di tutto questo, di certo ne verrà un altro dopo di me, perché almeno una cosa è certa: La Commedia dell’Arte non è mai morta, è lì che aspetta di essere rispolverata.

Stefano Duranti Poccetti

Cortona, 17 agosto 2013



Per il Ritorno della Commedia dell’Arte

La Commedia dell’Arte è certamente uno dei nostri patrimoni teatrali più importanti, nonostante questo sembra essere stata in larga parte dimenticata o, se non proprio dimenticata, considerata come un pezzo da museo di cui si sono persi i suoi reali significati.
Come riproporre la Commedia dell’Arte ai giorni nostri? È questo quello che mi chiedo già da un po’ di tempo e alla fine credo di essere giunto alla risposta. Innanzitutto parto dal presupposto che in realtà la Commedia dell’Arte non è morta, ma è stata fatta morire, avendola fatta passare per qualcosa di antico e arrugginito, senza riflettere sull’emblematico significato che potrebbe avere ai nostri giorni come a quelli che furono. In verità, mi sembrano morti sul nascere altri modi di fare Teatro contemporanei rispetto alla Commedia dell’Arte, che mi sembra sempre così viva. Per Teatro morto intendo quel Teatro autoreferenziale che invece di condurre verso di sé lo Spettatore lo spaventa con tutte le sue forze. Ci chiediamo quindi spesso: “Perché la gente non va più a Teatro?”, da persona che il Teatro lo segue da un bel po’ di anni posso dire che spesso le persone hanno ragione a non andarci, se il Teatro non riesce a proporre un repertorio che riesca ad affascinare il Pubblico. Molto Teatro contemporaneo inciampa proprio su questo sasso: sull’autoreferenzialità, dove non si sente la volontà di dialogare con l’altro, ma solo di fargli provare emozioni unidirezionali, spesso con il risultato d’intimorire lo Spettatore. Con questo non voglio dire che il Teatro dovrebbe assecondare i gusti del Pubblico perdendo le sue qualità e i suoi contenuti, ma esistono metodi perché questi contenuti possano essere raccontati scenicamente in un modo divertente e leggero (nel senso calviniano).
Altra cosa che si sente dire spesso dagli uomini di Teatro, e che è riconducibile alla domanda poco fa scritta, è: “Con il Teatro non si guadagna e spesso non si vive!”. Allora, non vogliamo fare realmente qualcosa per riportare il Pubblico a Teatro, invece di crogiolarsi sempre sulle stesse lamentele? Vogliamo trovare finalmente una formula che piaccia al Pubblico e che allo stesso tempo non perda i suoi contenuti? Vogliamo trovare una formula veramente teatrale e che non tenga conto della televisione? Vogliamo dare al pubblico uno Spettacolo dove magari non costi neanche tanto il biglietto e dove gli Spettatori, anche giovani, siano realmente interessati ad andare?

Dopo avere parlato brevemente e in generale di queste “problematiche” sociali della nuova drammaturgia, comincio a parlare della Commedia dell’Arte e di come questa possa essere riproposta al pubblico moderno.
In primo luogo, a mio parere, essendo cambiati i tempi ed essendo cambiato così anche il sistema morale, non possiamo fare uso delle stesse maschere e degli stessi stilemi dei secoli passati. Abbiamo bisogno così di nuove maschere, di nuovi stereotipi, di nuovi costumi (moderni, leggeri e che lascino il volto scoperto), di nuove drammaturgie.
Se secoli fa la Commedia dell’Arte era improvvisata, o meglio, nasceva “all’improvviso”, questo ancora non è possibile da realizzare, perché ancora non sono state collaudate né abbastanza maschere né abbastanza situazioni nuove; è per questo che le prime Commedie dovranno essere scritte interamente come veri e propri drammi teatrali e solo in un secondo momento si potrà giungere all’improvvisazione, quando il materiale sarà abbastanza denso e vasto.
Della Commedia dell’Arte originale rimangono molti elementi: i ritmi scenici veloci e precisi, il modo comico delle volte farsesco, l’importanza data all’interazione gestuale e vocale tra i personaggi, personaggi sempre racchiusi all’interno dei loro luoghi stereotipati. Agli elementi originari se ne aggiungono dei nuovi: innanzitutto, la Commedia dell’Arte avrà anche dei momenti tragici e mai e poi mai la commedia dovrà essere sottomessa alla commedia e mai e poi mai la commedia dovrà diventare un pretesto per dimenticare di parlare di alti significati sociali, concettuali, spirituali. Le drammaturgie della Commedia dell’Arte infatti non saranno solo delle farse, ma saranno in grado di raccontare tramite la comicità situazioni serie e importanti, caricandosi sovente di una certa intensità poetica e spirituale. In definitiva i copioni non saranno solo delle scritture farsesche, ma dei drammi completi e a tutto tondo, in grado e di far ridere e di far pensare e riflettere, ed è per questo motivo che a essere rappresentate non saranno soltanto maschere stereotipate; esse saranno affiancate in scena infatti da personaggi perfettamente umani e psicologici, ponderati e profondi, che con le loro riflessioni si scontreranno con le “ossessioni” e i limiti delle maschere.
Altro punto fondamentale è che la Commedia dell’Arte, almeno inizialmente – poi si vedrà se la sperimentazione funzionerà – sarà rappresentata in Teatro a luci accese e il pubblico avrà il permesso di parlare durante la rappresentazione e il bar del teatro potrà distribuire vivande durante le rappresentazioni; rappresentazioni non troppo lunghe, perché il pubblico non si stanchi, e dove il costo del biglietto non sarà alto, perché tutti i cittadini dovranno avere la possibilità e lo stimolo di poter partecipare.
Tutto questo è riassunto in “Città comica, città tragica”, testo composto da me in quanto precursore di questa nuova teoria della Commedia dell’Arte e dove, alla fine, si vedrà anche l’entrata in scena di uno storico personaggio: Arlecchino!
Il Teatro italiano, e non, non può fare a meno di non valutare al meglio un patrimonio così elevato come quello della Commedia dell’Arte, che, oltre a essere elevato, può essere ancora estremamente attuale.

Non so se il mio progetto andrà avanti e se troverà i giusti sostenitori, ma sono sicuro che, se questo non avverrà adesso per mano mia, avverrà in futuro, perché non potrà essere altrimenti.


Propongo delle idee per la creazione di nuove maschere per una Nuova Commedia dell’Arte:

Il Signor Va Bene- Gli va sempre bene tutto.
Il Signor Va Male – Non gli sta mai bene niente!
Il Vecchio Spaccatutto – Rompe qualsiasi cosa, è sbadato in tutto, anche quando guida.
Lo Psicologo Spione – Non sa fare il suo mestiere e spiffera in giro i segreti dei suoi pazienti.
Il Collezionista di Tutto – Colleziona proprio di tutto, anche il cibo!
Delinquente – In realtà è un ragazzo onesto e giusto, ma viene sempre incriminato ingiustamente. Secondo la mitologia della Nuova Commedia dell’Arte sarà trasformato dal padre Arlecchino in Onesto – questo accade nell’opera “Città comica, città tragica”.
Il Politico Corrotto – Un classico della nostra società.
Il Mafioso Caduto in Fallimento – Ha perso il suo brio e il suo coraggio. Ha paura di qualsiasi cosa e la sua pistola spara una bandierina con scritto “Bang”.
Isabella – E’ una donna bellissima ambita da tutti e che difficilmente si concede.
Santo Maledetto – è un personaggio astratto che racchiude in sé tutte le caratteristiche del Bene e del Male.
Misantropo – Odia tutti, o quasi tutti, gli altri personaggi.


Stefano Duranti Poccetti

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