Roma,
Teatro Golden (via Taranto 36). Dal 29 settembre al 25 ottobre 2015
Bisogna essere seri per poter far
ridere, un compito di estrema difficoltà soprattutto di questi tempi. Cinzia
Leone, ora in scena al Teatro Golden fino al 25 ottobre, è uno di quegli
appuntamenti annuali che, da sempre, ci fa capire quanto ogni bravo umorista che si rispetti, attinga a
piene mani dalle contraddizioni del tempo presente per esorcizzarlo con una
risata. Non è un esercizio a vuoto, perché soprattutto nel suo caso in ogni
sorriso si nasconde un graffio, un motivo di riflessione.
Figurarsi in tempi convulsi come quelli che viviamo, privi di punti fermi di riferimento, perennemente “aggiornati” tramite un bombardamento ininterrotto di informazioni, post, tweet, App, smartphone, tablet e via dicendo. Tempi in cui l’illusione della condivisione diventa un paradosso dal momento in cui ci si rende conto che si condivide ciò che non si possiede, il virtuale, che può spaziare dal car-sharing alla pubblicità di prodotti da consumare dove i consumatori sono talmente consumati che se ne vedono solo le mani. “Ho provato a condividere il mutuo su Facebook, ma la rata me la sono dovuta pagare da sola”. Fintus..non è il nome storpiato di una marca di surgelati, ma lo status di questa società dove il lavoro è talmente precario che lo stage diventa “ostage” e chi lavora è appunto ostaggio di chi promette un compenso che non arriverà mai, ma nel frattempo “fa curriculum”. Si ha sempre di meno, ma si condivide tutto. Pensieri, opinioni, notizie, verità o presunte tali. Anche l’amore diventa mito, retorica, frase da biglietto di cioccolatino. Cinzia Leone, con il suo proverbiale sarcasmo, insieme al suo collaboratore e coautore Fabio Mureddu, affronta “disorientando” se stessa e il pubblico in una girandola di situazioni paradossali, costantemente modificate da sedicenti blogger che tentano di imporre la loro opinione su qualsiasi argomento. App per un cervello sempre più confuso e che forse solo nel silenzio potrebbe ritrovarsi. Magari su un’isola, ma non ci sono più le isole di una volta, isolate, ora sono infestate da strani personaggi più o meno “famosi”. E la televisione? Ridotta ormai all’esibizione perenne di un popolo di cantanti, anche di inquietanti bambini, di cuochi provetti e di stucchevoli fiction.
Figurarsi in tempi convulsi come quelli che viviamo, privi di punti fermi di riferimento, perennemente “aggiornati” tramite un bombardamento ininterrotto di informazioni, post, tweet, App, smartphone, tablet e via dicendo. Tempi in cui l’illusione della condivisione diventa un paradosso dal momento in cui ci si rende conto che si condivide ciò che non si possiede, il virtuale, che può spaziare dal car-sharing alla pubblicità di prodotti da consumare dove i consumatori sono talmente consumati che se ne vedono solo le mani. “Ho provato a condividere il mutuo su Facebook, ma la rata me la sono dovuta pagare da sola”. Fintus..non è il nome storpiato di una marca di surgelati, ma lo status di questa società dove il lavoro è talmente precario che lo stage diventa “ostage” e chi lavora è appunto ostaggio di chi promette un compenso che non arriverà mai, ma nel frattempo “fa curriculum”. Si ha sempre di meno, ma si condivide tutto. Pensieri, opinioni, notizie, verità o presunte tali. Anche l’amore diventa mito, retorica, frase da biglietto di cioccolatino. Cinzia Leone, con il suo proverbiale sarcasmo, insieme al suo collaboratore e coautore Fabio Mureddu, affronta “disorientando” se stessa e il pubblico in una girandola di situazioni paradossali, costantemente modificate da sedicenti blogger che tentano di imporre la loro opinione su qualsiasi argomento. App per un cervello sempre più confuso e che forse solo nel silenzio potrebbe ritrovarsi. Magari su un’isola, ma non ci sono più le isole di una volta, isolate, ora sono infestate da strani personaggi più o meno “famosi”. E la televisione? Ridotta ormai all’esibizione perenne di un popolo di cantanti, anche di inquietanti bambini, di cuochi provetti e di stucchevoli fiction.
Una tale confusione che lo stesso spettacolo, argutamente
costruito, e grazie anche alle doti di improvvisazione di Cinzia che ogni tanto
prorompono, sembra avvitarsi su se stesso, a ritmo vertiginoso, come un
computer a cui salta la connessione ed è costretto a ricominciare da capo quel
che stava elaborando. E’ il prezzo della democrazia, quella dal basso, in cui
tutti possono parlare di tutto e, soprattutto, essere ascoltati per un istante.
Forse non è una brutta cosa, bisogna stare attenti a saperla gestire con
intelligenza per non smarrirsi. Magari iniziando da una amara, ma sana risata.
Grazie Cinzia, meriti un “like”. Su Facebook, naturalmente.
Paolo
Leone
Disorient
Express, da un’idea di Cinzia Leone. Scritto e interpretato da Cinzia Leone e Fabio
Mureddu. Regia di Emilia Ricasoli.
Si
ringrazia l’ufficio stampa del Teatro Golden nella persona di Daria Delfino.
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