Teatro
degli Arcimboldi, Milano. Fino domenica 25 ottobre 2015
Torna a Milano dopo le repliche del
2012, in occasione degli ultimi giorni di EXPO, al Teatro degli Arcimboldi I Promessi Sposi, il kolossal di Michele
Guardì con musica di Pippo Flora, tratto dal romanzo immortale di Alessandro
Manzoni, con un allestimento in gran parte rinnovato.
Una storia lombarda scritta da un
lombardo: è fondamentale tenere a mente le origini del Manzoni per arrivare
fino in fondo a cogliere quel capolavoro che è I Promessi Sposi. Testo ricchissimo di dettagli che, per ovvie
ragioni, è stato semplificato nella versione teatrale. Incubo di molti studenti
per la sua complessità e per la su lunghezza, viene generalmente apprezzato più
in età matura, ma è senza dubbio una pietra miliare della storia della nostra
letteratura, ancora oggetto di studio dopo quasi duecento anni (è del 1840-42).
Portare in teatro
l’amore contrastato di Renzo e Lucia sulle rive del lago di Como non è certo
impresa facile: nel giugno 2010, all’interno dello stadio di San Siro, spazi e
dimensioni hanno facilitato la macchina teatrale. In teatro, seppur grande
com’è quello degli Arcimboldi, è già un'altra impresa.
Per quanto riguarda
il cast, tutti confermati gli interpreti. Noemi Smorra (Lucia) non è cambiata
in cinque anni. Senz’altro azzeccata fisicamente, giovane, minuta, con il viso
innocente; bella voce, continua ad interpretare poco, non mutando mai
dall’inizio alla fine, mantenendo lo stesso atteggiamento nei momenti positivi
come in quelli drammatici. Lucia è un personaggio forte, molto razionale, non
una ragazzina sprovveduta e imbranata. E’ molto più forte lei del suo promesso
Renzo, ma tutto questo nella Smorra non è assolutamente visibile, anzi. Graziano
Galatone (Renzo), con la sua voce come sempre bella e piena, e questa volta più
in forma a livello canoro, ma forse un po’ troppo composto ed elegante,
rispetto al personaggio di Renzo, impulsivo, dallo scatto facile, spesso poco
razionale ed un po’ rozzo. Il feeling tra i due però è decisamente migliorato. Rosalia
Misseri (la Monaca di Monza) nonostante la bella voce e la bella presenza, continua
ad essere poco efficace sul palco, affiancata però da un bravissimo Enrico
D’Amore (Egidio).
Anche se è passato
qualche anno, la scena, lo spessore artistico, il carisma maggiore è senza
dubbio dei due “cattivi” principali. Giò Di Tonno, un Don Rodrigo terribile e
senza scrupoli, incanta con la sua voce particolarissima dalla potenza
inaudita. Durante la replica a cui abbiamo assistito ha avuto problemi con il suo
radiomicrofono che non stava in posizione proprio durante una delle sue canzoni
di punta, Che Cos’E’ Questo Fuoco:
per ovviare al problema, ha spinto talmente tanto la sua voce da far sembrare
tutto normale. Sarà anche che i suoi sono fra i brani più aggressivi dell’intero
spettacolo, se dobbiamo trovargli un difetto è che mette tantissima forza,
anche troppa, nel personaggio: Don Rodrigo è un essere vile, viscido, che usa
la prepotenza solo grazie al suo rango, ma in realtà è un pavido, senza
coraggio per le sue azioni, abituato ad ottenere quello che vuole solo perché è
un “signore”. Tant’è vero che per avere Lucia deve chiedere aiuto
all’Innominato. Di Tonno ne fa una vera forza del male (bellissima la scena con
la ragnatela che anima gli incubi di Don Abbondio) che non molla mai, nemmeno
negli ultimi attimi di vita quando, colpito dalla peste, si rende conto di
essere uguale agli altri e la cosa non gli fa per niente piacere.
Con lui, il vero
cattivo al 100% del romanzo manzoniano: Vittorio Matteucci è sempre un Innominato
convincente, completamente nel personaggio, spietato nella prima parte e
sorprendentemente tenero dopo la conversione. Come tutte le vere personalità,
quando è cattivo lo è, onestamente, fino in fondo, ma proprio per questo quando
cambia, cambia sinceramente e completamente, non conosce le mezze misure. Ormai
è una certezza sia a livello canoro che di interpretazione, anche se nella sua
carriera ha affrontato principalmente personaggi negativi: Frollo (Notre Dame de Paris), Spoletta (Tosca Amore Disperato), ed ora
l’Innominato.
Meritano un cenno
anche gli altri interpreti: Salvatore Salvaggio (Don Abbondi), ottimo basso;
Christian Gravina (Fra Cristoforo ed anche il Cardinale Borromeo), che sostiene
molte parti canore in maniera egregia; Brunella Platania (Agnese), Lorenzo
Praticò (il Griso), Vincenzo Caldirola (passato dall’interpretare il Griso ad
ora l’Azzeccagarbugli ed il Conte Attilio); e la splendida, commovente e dolcissima
Chiara Luppi, che non emerge tantissimo come Perpetua ma è unica come Madre di
Cecilia, una giovane mamma senza futuro che, come tante, che ha perso la
figlioletta, contagiata dalla peste che realmente colpì Milano nel 1629.
Le coreografie sono finalmente,
al terzo allestimento, degne di questo nome: Luciano Cannito, coreografo poliedrico,
ha messo mano da capo a quest’opera ed è riuscito ad integrare bene nella
storia i venti danzatori a sua disposizione, con movimenti azzeccati, in tema,
che lasciano i ballerini in scena molto tempo. Nelle versioni precedenti una
serie di movimenti buttati qua e là creavano due livelli, la storia ed una
massa che si muoveva sul fondo: ora la trama non è solo cucita dai cantanti, ma
anche dal corpo di ballo. Un buon livello, qualche incertezza di precisione nelle
parti corali, ma interpretativi. La cosa che stona è il loro cantare in
playback, soprattutto perché i volumi dei cori registrati sono molto diversi da
quelli dei protagonisti dal vivo: peccato, perché si è perso molto.
Sempre complicate ma
molto belle le scenografie di Luciano Ricceri; le luci di Marco Macrini e
costumi, bellissimi, di Alessandro Lai, completano un allestimento spettacolare,
sicuramente dispendioso dal punto di vista economico. Le musiche di Pippo Flora
alternano brani di rara bellezza, come quelli di Don Rodrigo, ad altri abbastanza
noiosi e ripetitivi.
Anche se per molti
rimarrà un titolo con brutti ricordi scolastici, è decisamente da non perdere.
Chiara Pedretti
Teatro Degli Arcimboldi
Viale dell’Innovazione 20, Milano
Fino al 25 ottobre; da martedì a venerdì ore
21.00; sabato ore 16.00 e 21.00; domenica ore 16.00
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