“Pink Narcissus” è – per giusta causa – il titolo del film cult di James
Bidgood da cui prende il nome la mostra sullo stesso Bidgood e John Maybury
presso la Galleria Lorcan O’Neill di Roma dall’11 Settembre al 7 Novembre 2015.
Una mostra video-fotografica che posiziona lo sguardo sull’eroticità gay
attraverso una sorta di parallelo storico tra le foto simil-polaroid di Bidgood
e quelle tratte durante la realizzazione di un cortometraggio nel Tempio di Segesta
in Sicilia ad opera di John Maybury.
Il piacere di sé è celebrato nelle foto da drugstore di Bidgood attraverso
nudi maschili solidi, non efebici, allettati da luci soffuse e dalla lascivia
delle acque che traspaiono da un sottomarino. Siamo negli anni ’60 delle
riviste per soli uomini censurate e negli anni della presa di coscienza
sessuata in cui – da quanto emerge fra le righe di queste foto – in primo piano
si scelgono delle natiche, di una coppia maschile, a simboleggiare la voglia di
visione di un desiderio che non può essere solo introspezione…
Ancora, l’emotività viene ricercata nei volti, di modelli omo o
eterosessuali, che si sganciano da una certa plasticità pubblicitaria e tendono
verso la sfumatura della posa degli occhi e delle labbra. La serietà e la
compostezza non si sentono estranee da questi corpi possenti e accasciati. Le
luci e il contesto più generale di queste opere (cartapesta, luna, sottomarino)
sono funzionali alle necessità espressive di un “lavoratore della visione”,
quale definirei Bidgood, piuttosto che di un artista visivo o un intellettuale.
Se il narcisismo è centrale nell’omosessualità – come sostiene lo stesso
regista di “Pink Narcissus” – diviene molto interessante esplorare l’ottica di
un ex-vetrinista attraverso cui si nota lentezza, dolcezza e sesso di zucchero
sotto luci soffuse come storicamente è avvenuto agli albori della
rappresentazione visuale omoerotica.
La capacità di attrazione del corpo maschile si misura sul bianco/nero
delle rovine di un Tempio in Sicilia lungo le quali John Maybury ritrae il
performer Arthur Gillet.
Il maschio che vuole rinnegare la propria scultoreità e mettere in
discussione ogni stereotipata convergenza tra colonne edificanti e corpi
magniloquenti, da padroni della terra.
I luoghi sono protagonisti in queste immagini e racchiudono porzioni di
corpo inglobandole senza molte difficoltà nell’architettura generale, come
permette anche il bianco/nero.
“Segesta” (2015) viene proiettato in loop assieme a “Pink Narcissus” (1971)
ed evidente risulta il salto spazio-temporale nel concepire i confini fra
nudità, sessualità e ricerca di sé: forse “rosa” è la linea che fa combaciare
tutto questo con il desiderio di esposizione di fronte a tutt* noi, anche se
Narciso può non riconoscersi in nessun* di noi.
Rosa Traversa
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