Roma, Teatro Kopo (Via
Vestricio Spurinna 47/49 – Metro A Numidio Quadrato). Dal 30 ottobre all’1
novembre 2015
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Antonello Taurino con il suo bel teatro di narrazione, o civile, che dir si
voglia, e ancora una volta colpisce nel segno. La stagione passata aveva
convinto, divertito e commosso con la spinosa vicenda dei soldati italiani
morti per causa dell’uranio impoverito utilizzato nelle munizioni americane
durante le cosiddette missioni di pace degli anni 80 (Miles gloriosus, ovvero
morire di uranio impoverito). Stavolta racconta, a chi non c’era in quegli anni
e a chi, come il sottoscritto, ricorda il fatto ma confusamente, un evento
accaduto nell’estate dell’84 a Livorno che tenne banco su tutti i giornali per
un mese e a cui tutto il mondo si interessò: il ritrovamento di tre sculture
nei fossi medicei della città, attribuite ad Amedeo Modigliani dalla stragrande
maggioranza dei critici d’arte. Una beffa clamorosa, svelata dai tre ragazzi
dopo un mese di fibrillazioni di politici, professori, dotti e sapienti di ogni
dove, ma non priva di misteri. Ci racconta tutto Taurino, ma lo fa a suo modo.
Meticolosamente storico, ma senza noia, avvolgendo il pubblico nelle spire
della sua affabulazione che sembra non prendersi sul serio. Sembra, perché in
realtà è ricchissima di dati, nomi, prove, documenti. Nulla è lasciato al caso
e il racconto è puntualmente supportato da immagini proiettate alle sue spalle.
Lui sembra apparire sul palco quasi distrattamente, uscito da chissà dove, a
piedi nudi, con una sorta di abbigliamento da pittore del nostro immaginario.
Dopo pochi minuti ti prende e non ti lascia più. Raccontare una storia come
quella dello storico scherzo di Livorno, può essere noioso.
Con lui, diventa più
avvincente di un giallo. C’è sì la burla epocale, ma c’è anche la ricostruzione
magistrale, a ritmo frenetico, di una concatenazione di eventi incredibili,
quasi surreali, che portarono a quell’estate. C’è l’uomo, la sua fallacità, gli
interessi, il mistero (eccome), la farsa,
finanche il dramma di un artista o dell’artista in genere, la cui fama
dipende dai giudizi altrui. C’è anche l’ombra di qualcosa di più grande e
tragico di quei ragazzi che scolpirono una testa delle tre (!) ritrovate.
Insomma, Trovata una sega! è uno spettacolo di teatro cosiddetto civile, o di
narrazione, ma pirotecnico, grazie alla capacità di questo cantastorie
apparentemente stralunato che perpetua l’arte del racconto con le sue trovate,
le sue pause e i suoi silenzi, i suoi repentini cambi di registro, con gli sguardi,
le movenze e quella sana follia tipica di un menestrello d’altri tempi. Taurino
divaga per affondare il colpo, scherza per poi commuovere all’improvviso. Il
fascino di un’arte antica e nobile. Un modernissimo affabulatore, uno
spettacolo che è una continua sorpresa, se vogliamo anche struggente. Si
potrebbe scrivere tanto di questa serata, riempire la pagina di date, nomi,
fatti accaduti in quell’estate 84. Ve lo risparmio, ma vi invito a vedere
Trovata una sega, titolo ripreso da quello del ferocemente satirico Vernacoliere di Livorno. Perché si ha bisogno
di ricordare la nostra storia, anche quella recente, per capire chi siamo e
dove viviamo. L’unica, grande pecca di questo spettacolo è che rimane in scena pochi
giorni. Da non perdere.
Paolo
Leone
Roma, Teatro Kopo (Via
Vestricio Spurinna 47/49 – Metro A Numidio Quadrato) Dal 30 ottobre all’1
novembre 2015
Trovata una sega! Di e con
Antonello Taurino.
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