17 novembre e dal 19 al 27
novembre 2015 / La Cavallerizza / Teatro Litta, Milano, prima nazionale
Francesco Leschiera
prende il grande testo di Čechov e rispettosamente ma con personale ed elegante
creatività, lo intitola Beyond Vanja, decidendo di escludere dalla sua
messinscena alcuni personaggi: la vedova Marija, la balia Marina, e anche, e
soprattutto, il professor Serebrijakov, l’antagonista, l’uomo che scatena la
crisi nella quieta e monotona vita di Vanja. Perché è solo Vanja, che ha
dedicato la sua esistenza al lavoro nella tenuta del professore, producendo
instancabilmente e stimando Serebrijakov, ma in fin dei conti rinunciando a
vivere veramente la sua vita, l’eroe che Cechov ama e che vuole farci amare. E
che ora, arrivato a quarantasette anni, senza più speranze, esclama: “Mi
tormenta il pensiero che la mia vita è perduta senza rimedio”.
La sala La
Cavallerizza del Teatro Litta, come una calda e accogliente dacia russa, ci
accoglie avvolgendoci di profumo d’incenso, inebriante rimando alle funzioni
religiose, qui forse un presagio di morte, il funerale di ogni speranza, di
ogni cambiamento, di ogni decisione, di ogni amore. Perché dopo quest’autunno, in cui i personaggi
agiscono, camminando sulle foglie che ricoprono copiose e secche, morte, il
pavimento di mattoni, inevitabilmente verrà l’inverno, un ciclo di tempi sempre
uguali che Vanja risente in cuor suo ma che, messo di fronte alla possibilità
di stravolgere la sua vita, per mano dell’amato/odiato professore, ci rinuncia
definitivamente.
La regia è come quel
“mazzo di rose… rose d’autunno, delicate malinconiche rose” che Vanja offre a
Elena, la seconda giovane moglie del professore, di cui si è innamorato e che
vorrebbe spingere a lasciare l’anziano marito.
Ma Elena, donna bella, annoiata e pigra, non ha certo la forza, come
anche gli altri personaggi, di prendere decisioni che ribaltino il corso degli
eventi, nel male o nel bene e rifiuterà quelle “rose d'autunno, delicate,
malinconiche rose...”.
Zio Vanja è anche una
storia di amori non corrisposti, perché l’amore implica decisioni, scelte,
responsabilità, coraggio, e se Elena non ama Serebrijakov, o almeno non più, il
dottor Astrov è preso anch’egli dalla passione per la giovane sposa, non
accorgendosi che invece Sonja, figlia di primo letto del professore e nipote di
Vanja, è perdutamente innamorata di lui. Ma la ragazza, che sente di non essere
bella, e mentre lo dice la musica sembra prendere una nota stonata, dolorosa, è
consapevole che ogni speranza di coinvolgere il dottore sarà vana. E così tutte
le ali di quegli amori impossibili, che per poco si sono librate in volo,
cercando di uscire dalla gabbia, si spezzeranno, andando a sbattere contro le
porte finestre della casa, lasciandoci una scia di pianto inconsolabile. Come
tanti fragili uccelli, i personaggi di Cechov si ritrovano prigionieri nella
gabbia del destino da cui non sanno come uscire definitivamente, forse perché
il destino non si spezza senza farci male, senza sanguinamenti, senza coraggio,
senza fiducia.
A sprazzi sentono di
essere annoiati, impotenti, oziosi, come betulle al vento, forse dei “balordi”,
ma poi si rifugiano in quella lenta confortante malinconica monotonia che
avvolge le cose, e a poco a poco le soffoca.
Cechov fa di Vanja il suo eroe perché è in lui che ripone se non il
coraggio del cambiamento almeno la coscienza, il riconoscimento di essere
quello che è, delle proprie mancanze e fallimenti, ma anche di quello che
avrebbe potuto essere e non è stato, in contrapposizione a Serebrijakov, uomo
pomposo e inconcludente, pratico e cinico, il rappresentante di una classe
nuova, che si è allontanata dalla terra e di conseguenza dalle tradizioni,
dalle origini, dai valori più alti. E che vuole costringere Vanja a fare
altrettanto. Il destino dell’uomo nel dramma cecoviano in quattro atti del
1896, s’intreccia con quello della natura distrutta, violata, sterminata, come
espone con enfasi e rabbia il dottore alla svogliata e incurante Elena,
dispiegando cartine geografiche della sua terra.
E il tentativo di
Vanja di uccidere l’antagonista e poi di suicidarsi, sono gli ultimi atti di
una vita di quieta disperazione, cui la maggior parte degli uomini si adagia,
inconsapevole di essere già morto.
Leschiera adatta la
sua regia alla bella sala rettangolare della Cavallerizza, ci fa entrare
l’autunno, il tempo che passa lentamente, scandito da un video/orologio che a
volte cammina anche all’indietro, quell’altalena di giovanili speranze, un tentativo
fallito di innalzarsi in volo, le bevute di vodka, i silenzi, i pianti, la
condizione umana come solo i testi
classici sanno analizzare e raccontare, per cui è bene non snaturarli, non
violentarli, ma rispettarli e ascoltarli, attualizzandoli solo quando è
necessario.
Le ultime disperate
parole del dramma, Cechov le affida al piccolo uccellino Sonja, così fragile,
così forte, mentre spinge l’altalena dove è seduto lo zio Vanja:
SONJA
Che fare, bisogna
vivere! Noi vivremo, zio Vanja. Vivremo una lunga, lunga sequela di giorni e di
interminabili sere; affronteremo pazientemente prove che il destino ci manderà,
adesso e in vecchiaia, senza conoscere riposo. E quando verrà la nostra ora,moriremo
rassegnati e là, nell'oltretomba, diremo che abbiamo sofferto, che abbiamo
pianto, che abbiamo conosciuto l'amarezza, e Dio avrà pietà di noi e tu ed io,
zio, caro zio, vedremo una vita luminosa, meravigliosa, splendente; noi ci
rallegreremo e, commossi, ci volteremo a guardare le sciagure di oggi, con un
sorriso, e riposeremo. Io credo, zio, credo
ardentemente,
appassionatamente... Riposeremo!Riposeremo! Sentiremo gli angeli, vedremo il
cielo cosparso di diamanti, vedremo tutto il male della terra, tutte le nostre
sofferenze annegare nella misericordia che colmerà di sé il mondo, e la nostra
vita diverrà quieta, tenera, dolce,come una carezza. Io credo, credo... Povero,
povero zio Vanja, tu piangi. Non hai conosciuto gioia nella tua vita, ma aspetta,
zio Vanja, aspetta... Riposeremo... (Lo abbraccia).Riposeremo! Riposeremo!
Daria
D.
BEYOND VANJA
tratto da Zio Vanja di Anton
Čechov – Regia di Francesco Leschiera
elaborazione drammaturgica
Antonello Antinolfi
con Sonia Burgarello, Sonja
Ettore Di Stasio, Vanja
Matteo Ippolito, Astrov
Alessandro Macchi, Telegin
Giulia Pes , Elena
scene e costumi Francesco
Leschiera, Alice Manieri, Chiara Bartali
luci Luca Lombardi
elaborazione e scelte
musicali Antonello Antinolfi
assistente alla regia
Edoardo Visentin
scenografie digitali DORA
VISUAL ART
video Alice Francesca
Sabbatini /Mentezero
in collaborazione con Manifatture Teatrali
Milanesi
17 e dal 19 al 27 novembre
2015 / La Cavallerizza / Teatro Litta, Milano
Prima nazionale
produzione Teatro del
Simposio
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