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21 novembre, 2015

BEYOND VANJA. Tratto da Zio Vanja di Anton Čechov – Regia di Francesco Leschiera, elaborazione drammaturgica Antonello Antinolfi. Di Daria D.


17 novembre e dal 19 al 27 novembre 2015 / La Cavallerizza / Teatro Litta, Milano, prima nazionale

Francesco Leschiera prende il grande testo di Čechov e rispettosamente ma con personale ed elegante creatività, lo intitola Beyond Vanja, decidendo di escludere dalla sua messinscena alcuni personaggi: la vedova Marija, la balia Marina, e anche, e soprattutto, il professor Serebrijakov, l’antagonista, l’uomo che scatena la crisi nella quieta e monotona vita di Vanja. Perché è solo Vanja, che ha dedicato la sua esistenza al lavoro nella tenuta del professore, producendo instancabilmente e stimando Serebrijakov, ma in fin dei conti rinunciando a vivere veramente la sua vita, l’eroe che Cechov ama e che vuole farci amare. E che ora, arrivato a quarantasette anni, senza più speranze, esclama: “Mi tormenta il pensiero che la mia vita è perduta senza rimedio”.
La sala La Cavallerizza del Teatro Litta, come una calda e accogliente dacia russa, ci accoglie avvolgendoci di profumo d’incenso, inebriante rimando alle funzioni religiose, qui forse un presagio di morte, il funerale di ogni speranza, di ogni cambiamento, di ogni decisione, di ogni amore.  Perché dopo quest’autunno, in cui i personaggi agiscono, camminando sulle foglie che ricoprono copiose e secche, morte, il pavimento di mattoni, inevitabilmente verrà l’inverno, un ciclo di tempi sempre uguali che Vanja risente in cuor suo ma che, messo di fronte alla possibilità di stravolgere la sua vita, per mano dell’amato/odiato professore, ci rinuncia definitivamente.
La regia è come quel “mazzo di rose… rose d’autunno, delicate malinconiche rose” che Vanja offre a Elena, la seconda giovane moglie del professore, di cui si è innamorato e che vorrebbe spingere a lasciare l’anziano marito.  Ma Elena, donna bella, annoiata e pigra, non ha certo la forza, come anche gli altri personaggi, di prendere decisioni che ribaltino il corso degli eventi, nel male o nel bene e rifiuterà quelle “rose d'autunno, delicate, malinconiche rose...”.
Zio Vanja è anche una storia di amori non corrisposti, perché l’amore implica decisioni, scelte, responsabilità, coraggio, e se Elena non ama Serebrijakov, o almeno non più, il dottor Astrov è preso anch’egli dalla passione per la giovane sposa, non accorgendosi che invece Sonja, figlia di primo letto del professore e nipote di Vanja, è perdutamente innamorata di lui. Ma la ragazza, che sente di non essere bella, e mentre lo dice la musica sembra prendere una nota stonata, dolorosa, è consapevole che ogni speranza di coinvolgere il dottore sarà vana. E così tutte le ali di quegli amori impossibili, che per poco si sono librate in volo, cercando di uscire dalla gabbia, si spezzeranno, andando a sbattere contro le porte finestre della casa, lasciandoci una scia di pianto inconsolabile. Come tanti fragili uccelli, i personaggi di Cechov si ritrovano prigionieri nella gabbia del destino da cui non sanno come uscire definitivamente, forse perché il destino non si spezza senza farci male, senza sanguinamenti, senza coraggio, senza fiducia.
A sprazzi sentono di essere annoiati, impotenti, oziosi, come betulle al vento, forse dei “balordi”, ma poi si rifugiano in quella lenta confortante malinconica monotonia che avvolge le cose, e a poco a poco le soffoca.  Cechov fa di Vanja il suo eroe perché è in lui che ripone se non il coraggio del cambiamento almeno la coscienza, il riconoscimento di essere quello che è, delle proprie mancanze e fallimenti, ma anche di quello che avrebbe potuto essere e non è stato, in contrapposizione a Serebrijakov, uomo pomposo e inconcludente, pratico e cinico, il rappresentante di una classe nuova, che si è allontanata dalla terra e di conseguenza dalle tradizioni, dalle origini, dai valori più alti. E che vuole costringere Vanja a fare altrettanto. Il destino dell’uomo nel dramma cecoviano in quattro atti del 1896, s’intreccia con quello della natura distrutta, violata, sterminata, come espone con enfasi e rabbia il dottore alla svogliata e incurante Elena, dispiegando cartine geografiche della sua terra.

E il tentativo di Vanja di uccidere l’antagonista e poi di suicidarsi, sono gli ultimi atti di una vita di quieta disperazione, cui la maggior parte degli uomini si adagia, inconsapevole di essere già morto. 
Leschiera adatta la sua regia alla bella sala rettangolare della Cavallerizza, ci fa entrare l’autunno, il tempo che passa lentamente, scandito da un video/orologio che a volte cammina anche all’indietro, quell’altalena di giovanili speranze, un tentativo fallito di innalzarsi in volo, le bevute di vodka, i silenzi, i pianti, la condizione umana  come solo i testi classici sanno analizzare e raccontare, per cui è bene non snaturarli, non violentarli, ma rispettarli e ascoltarli, attualizzandoli solo quando è necessario. 
Le ultime disperate parole del dramma, Cechov le affida al piccolo uccellino Sonja, così fragile, così forte, mentre spinge l’altalena dove è seduto lo zio Vanja:

SONJA
Che fare, bisogna vivere! Noi vivremo, zio Vanja. Vivremo una lunga, lunga sequela di giorni e di interminabili sere; affronteremo pazientemente prove che il destino ci manderà, adesso e in vecchiaia, senza conoscere riposo. E quando verrà la nostra ora,moriremo rassegnati e là, nell'oltretomba, diremo che abbiamo sofferto, che abbiamo pianto, che abbiamo conosciuto l'amarezza, e Dio avrà pietà di noi e tu ed io, zio, caro zio, vedremo una vita luminosa, meravigliosa, splendente; noi ci rallegreremo e, commossi, ci volteremo a guardare le sciagure di oggi, con un sorriso, e riposeremo. Io credo, zio, credo
ardentemente, appassionatamente... Riposeremo!Riposeremo! Sentiremo gli angeli, vedremo il cielo cosparso di diamanti, vedremo tutto il male della terra, tutte le nostre sofferenze annegare nella misericordia che colmerà di sé il mondo, e la nostra vita diverrà quieta, tenera, dolce,come una carezza. Io credo, credo... Povero, povero zio Vanja, tu piangi. Non hai conosciuto gioia nella tua vita, ma aspetta, zio Vanja, aspetta... Riposeremo... (Lo abbraccia).Riposeremo! Riposeremo!

Daria D.


BEYOND VANJA
tratto da Zio Vanja di Anton Čechov – Regia di Francesco Leschiera
elaborazione drammaturgica Antonello Antinolfi

con Sonia Burgarello, Sonja
Ettore Di Stasio, Vanja
Matteo Ippolito, Astrov
Alessandro Macchi, Telegin
Giulia Pes , Elena
scene e costumi Francesco Leschiera, Alice Manieri, Chiara Bartali
luci Luca Lombardi
elaborazione e scelte musicali Antonello Antinolfi
assistente alla regia Edoardo Visentin
scenografie digitali DORA VISUAL ART
video Alice Francesca Sabbatini /Mentezero
 in collaborazione con Manifatture Teatrali Milanesi

17 e dal 19 al 27 novembre 2015 / La Cavallerizza / Teatro Litta, Milano
Prima nazionale
produzione Teatro del Simposio

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