Roma, Teatro Cometa Off (Via
Luca della Robbia 47 – Testaccio). Fino al 29 novembre 2015
Foto Alessandro Rencricca |
Antonio ha subito una seria
operazione. Ha perso un pezzo di cervello, sta in un letto di ospedale,
circondato da amici e parenti. Quella perdita è il varco, la porta
spaziotemporale che lo catapulta, giocoforza, nella memoria che gli rimane.
Quella riguardante la sua giovinezza, gli anni settanta, le canzoni di
Battisti, tanto amate, colonna sonora della sua vita. Il suo personalissimo
mondo passato, il momento dei desideri e dei sogni che diviene il suo hic et
nunc e si scontra, drammaticamente, con quello attuale. Arido, cattivo, cinico,
fatto di piccole furberie truffaldine, culto dell’immagine e tecnologia ormai
padrona. Non si riconosce in quello che tutti gli indicano come la normalità,
la sua routine fino al momento prima di entrare in camera operatoria. Lui
ricorda altro da sé e di sé. Immagini, suoni, sensazioni, disordinati e
continui flashback lo proiettano indietro nel tempo, prima di diventare quel
che sembra diventato, al tempo in cui anche i gabbiani sembravano normali e
stavano solo al mare.
Foto Gabriele Gelsi |
Quando i suoi ardori giovanili si dividevano tra
l’impegno politico (un must), le ragazze e la Roma e tutto sembrava da
conquistare, tutto profumava di speranza. Come in un acquario, ora osserva la
triste realtà aldilà del vetro, incomprensibile, irriconoscibile. Ha ritrovato
il ragazzo che era ma non riconosce più nessuno, nemmeno la moglie che non
somiglia più a quella Francesca di cui si innamorò, nemmeno fisicamente, ora
cavia da chirurgia estetica. E da questo limbo in cui si ritrova, Antonio parte
alla ricerca del suo idolo giovanile, quel Lucio Battisti da Poggio Bustone. E
di un senso che travalichi lo squallore che ha tradito i suoi sogni di ragazzo.
Foto Alessandro Rencricca |
Il connubio artistico tra
Paolo Triestino e Gianni Clementi, anche stavolta, ha partorito qualcosa di più
di un brillante monologo. La capacità e l’esperienza di grande attore, quale è
il primo, ha permesso di far emergere il dolore di una generazione. Eppur
mi son scordato di me è un grido di doloroso allarme che, seppur tra risate
più o meno fragorose, e accompagnato dalle meravigliose musiche di Lucio
Battisti, lascia trapelare il profondo senso drammatico del testo di Clementi.
Un lavoro di grande difficoltà, una costruzione drammaturgica complessa, sviluppata sul palco giocando sul filo dei
centimetri di calibratissimi movimenti scenici e con una regia attenta, che si
giova di un disegno luci efficacissimo. Triestino,
da vero mattatore, riesce a divertire e commuovere. Tenero e ironico nel
ricordo, spietato nel mettere a fuoco l’insensatezza di un certo vivere odierno.
Poesia, senso di smarrimento, presa di coscienza di essere diventati ciò che
mai avremmo sognato di divenire. Inadeguatezza, una grande sensazione di vuoto.
Tutti (non solo i protagonisti della storia a cui, da solo, l’attore dà voce),
tutti sull’orlo del precipizio di un oblìo anestetizzante. Un monologo
emozionante, apprezzabile in pieno, forse, da chi proviene dal periodo storico
trattato e questo potrebbe essere un limite. Tutto da verificare. In scena al
Teatro Cometa off fino al 29 novembre.
Paolo
Leone
Eppur mi son scordato di me,
di Gianni Clementi – interpretato e diretto da Paolo Triestino.
Impianto scenico Max
Quaranta; Consulenza musicale Michele Ranieri; Luci Giuseppe Magagnini; Regia
di Paolo Triestino. Aiuto regia: Ariele Vincenti e Annalisa Borrelli.
Elaborazioni video Fabiana Dantinelli. Foto locandina Gabriele Gelsi. Grafica
Marco Animobono. Organizzazione Alessandra Cotogno. Produzione
Fiore&Germano. Ufficio Stampa: Maya Amenduni.
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