Roma,
Teatro Quirino (Via delle vergini). Dal 17 al 29 novembre 2015
C’è un momento, durante il secondo atto e
poco prima del tragico epilogo, in cui tutti i personaggi della novella
verghiana (in questo adattamento di Micaela Miano) ripetono quasi in coro, come
un mantra “bestie…peggio delle bestie”, riferendosi ai fatti che stanno
accadendo tra Gnà Pina la lupa (Lina Sastri), Nanni Lasca (Giuseppe Zeno) e
Mara (Eleonora Tiberia). Sicuramente un punto centrale e illuminante dello
spettacolo che ha debuttato il 17 novembre al Teatro Quirino di Roma. Una lupa
diversa da quella nell’immaginario collettivo, quasi malinconica. Sempre
seducente e provocante, ma divorata non tanto dalla sua bramosìa sessuale di
femmina demoniaca, come spesso è stata dipinta, quanto dal suo ardore di donna
innamorata del Nanni, lui sì calcolatore e opportunista, al punto da cedergli
tutto, beni materiali e figlia, pur di dimostrargli il suo sentimento e tenerlo
vicino, pagando il prezzo amarissimo dell’isolamento e del disprezzo. Le
bestie, dicevamo. Tutta la scena (magnifica, di Françoise Raybaud) vede il
ciclo naturale e ferino di tutti i protagonisti, pronti a sbranarsi l’un
l’altro.
Giorno, notte, sole, luna, un campo di grano. Vita ripetitiva per la sola sopravvivenza. Mangiare, bere, lavorare, riprodursi. Nient’altro che la lotta per assicurarsi una migliore posizione. Nanni ne è l’esempio: la roba, il matrimonio, la dote, punto. E il fastidio tentatore di una donna vedova che continua ad amarlo (scandalo..) pur avendogli concesso la propria figlia in moglie. Una donna che si dona totalmente, insensatamente. E un uomo che non riesce a gestire i propri desideri, ad accettarli, che perde la testa, che arriva ad uccidere pur di liberarsi di ciò che non riesce a controllare. Sembra cronaca attuale, in un testo scritto da Verga nel 1880!
Giorno, notte, sole, luna, un campo di grano. Vita ripetitiva per la sola sopravvivenza. Mangiare, bere, lavorare, riprodursi. Nient’altro che la lotta per assicurarsi una migliore posizione. Nanni ne è l’esempio: la roba, il matrimonio, la dote, punto. E il fastidio tentatore di una donna vedova che continua ad amarlo (scandalo..) pur avendogli concesso la propria figlia in moglie. Una donna che si dona totalmente, insensatamente. E un uomo che non riesce a gestire i propri desideri, ad accettarli, che perde la testa, che arriva ad uccidere pur di liberarsi di ciò che non riesce a controllare. Sembra cronaca attuale, in un testo scritto da Verga nel 1880!
Lo spettacolo, che mostra una scenografia
tanto bella quanto claustrofobica con quel campo di grano incombente su tutti
gli accadimenti, è stato, purtroppo, non molto convincente. E’ difficile
concentrarsi, per lo spettatore, quando più del sessanta per cento delle parole
non si capiscono a causa di una fonica disastrosa. Desolante, a questi livelli.
Un primo atto totalmente sottotono, nei ritmi e nelle stesse interpretazioni,
spesso incomprensibilmente bisbigliate, mentre nel secondo c’è stata una certa
ripresa, pur persistendo la sciagurata resa dei microfoni. Ma nel complesso
questa prima de La lupa non ha convinto. La stessa Sastri, che mi hanno riferito
essere convalescente, non era la solita incantatrice di platee. Troppo dimessa
nel suo ruolo, sicuramente non agevolata dalla sua condizione fisica. Ci si
aspettava molto di più da questa prima, piuttosto deludente.
Paolo
Leone
Compagnia
Molière ABC Produzioni presenta:
Lina
Sastri ne La lupa, di Giovanni Verga. Adattamento di Micaela Miano. Con
Giuseppe Zeno e con Clelia Piscitello, Enzo Gambino, Eleonora Tiberia, Simone
Vaio, Giorgio Musumeci, Valeria Panepinto, Giulia Fiume. Arrangiamenti musicali
di Franco Battiato; musiche di Massimiliano Pace. Scene e costumi di Françoise
Raybaud. Regia di Guglielmo Ferro.
Si
ringrazia l’ufficio stampa del Teatro Quirino, nella persona di Paola Rotunno.
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